La settimana che sta per terminare con la 27esima di campionato non è stata di preparazione solamente per le squadre di Serie A. Non lo è stata esclusivamente per loro perché il 6 marzo, ovvero lunedì prossimo, si giocherà una partita molto importante per il futuro del calcio italiano: l’elezione del nuovo presidente della FIGC.

In settimana si sono scaldati i motori e i due contendenti, Abodi e Tavecchio, si sono scontrati in un faccia a faccia giornalistico sulle pagine de La Gazzetta dello Sport dove hanno esposto in estrema sintesi i loro programmi. Riformare i campionati e restituire credibilità al calcio italiano con investimenti su stadi, settori giovanili e centri federali sono state le tematiche principali attorno alle quali incentrare le due campagne. Due campagne elettorali a tutti gli effetti che dividono il mondo del calcio in tutte le sue componenti: i calciatori e l’AIC stanno dalla parte di Abodi, gli allenatori e l’AIA (Associazione Italiana Allenatori, ndr) con Tavecchio. I presidenti di Serie A, a loro volta, saranno l’ago della bilancia in grado di determinare l’indirizzo delle votazioni.

Come redazione proiettata nel mondo del calcio e, inevitabilmente, anche nell’analisi di ciò che va e di ciò che invece non va, abbiamo stilato un decalogo di quelle che dovrebbero essere le priorità da perseguire per il neo eletto il nuovo presidente della Federazione. Perché i programmi sono, per eccellenza, qualcosa di aleatorio e passeggero, mentre il calcio – almeno quello italiano – non ha più molto tempo per attendere dei cambiamenti e una svolta verso trasparenza ed equiparazione delle mutualità: ne trarrebbe giovamento tutto il sistema calcistico nostrano.

1 – Se la legge è uguale per tutti, allora anche il calcio italiano e la Giustizia Sportiva dovranno prendere posizione per rifarsi il look: necessario rivedere tempi e diritti della difesa e accelerare i processi attraverso un rinnovamento tecnologico e tecnico che velocizzi indagini e processi e renda più snello il metro di giudizio dei giudici;

2 – Una giustizia extracalcistica severa e corretta meritava sicuramente il primo posto, ma al secondo troveremo la giustizia “in campo”. Un’ipotesi è l’opzione di fornire ai direttori di gara uno strumento come la VAR (Video Assistance Referee) senza limitarli al solo orologio che identifica i gol/no gol;

3 – Correttezza dentro e fuori dal campo sono incentivi per lavorare a un calcio vissuto da vicino da parte dei tifosi, nel rispetto di regole, strutture e vivibilità degli impianti sportivi: anche in questo caso ci vorrà chiarezza sul come lavorare per riportare la gente allo stadio, magari con agevolazioni per le famiglie equiparate e imposte dalla stessa FIGC;

4 – Creazione di un mondo del calcio che vada oltre i social network portando calciatori, tifosi e giovani a stretto contatto: in Premier League, ad esempio, è difficile non poter incontrare fuori dallo stadio i propri beniamini nel dirigersi ai pullman. Anche in Italia riforme degli stadi e una forte volontà di fare dello sport un mezzo educativo anche oltre il rettangolo verde potrebbero risollevare un intero movimento in evidente decadenza e staticità;

5 – I punti 3 e 4 non possono prescindere da una riforma degli stadi: la FIGC dovrà infatti fornire incentivi, direttive e indicazioni che consentano e vincolino le società nella creazione di strutture di proprietà. Ne potrebbero conseguire innovative e proficue operazioni di marketing e di auto-sponsorizzazione dei singoli club;

6 – Gli stadi di proprietà, sul modello di quelli inglesi o dello Juventus Stadium, potrebbero fornire introiti extra alle società, malgrado non si possa esulare dalla ripartizione dei diritti televisivi: venissero tolti quelli sarebbe un gran problema per il sistema calcistico italiano. Necessario quindi rivedere la ripartizione dei diritti televisivi per cercare di riprodurre un sistema simile ed equilibrato come quello britannico, dove gli sponsor stanno da una parte, gli introiti spartiti dalla federazione dall’altra. Per capire meglio, una squadra retrocessa in Inghilterra l’anno scorso ha incassato 67 milioni di sterline, la vincitrice del campionato 100: il rapporto tra i due incassi è estremamente basso e condizionato in larga parte dal cosiddetto merit payment, una tassa che premia le società in base al loro piazzamento e che risulta a sua volta estremamente equa;

7 – L’entrata di denaro dalla Federazione per incentivare i settori giovanili dovrà essere un’altra prerogativa essenziale per migliorare il lavoro sui calciatori del futuro: sia Tavecchio che Abodi hanno le idee molto chiare, ma il presidente uscente parte leggermente avvantaggiato avendo già promosso per i prossimi anni la creazione di centri federali territoriali, di diretta gestione FIGC, su tutto il territorio nazionale;

8 – Introdurre un numero minimo di giovani italiani in squadra è già obbligatorio, ma si potrà ancora migliorare ponendo un tetto alle rose e un numero minimo di calciatori italiani nelle liste da consegnare alla Lega Calcio: ne conseguirebbe un potenziamento della Nazionale di calcio.

9 – Inevitabile impartire regole ferree anche per l’applicazione del fair play finanziario e del pareggio di bilancio, che risultino valide non solo per medie e piccole società;

10 – Riduzione e riforma dei campionati rappresentano uno dei temi più discussi degli ultimi anni: Abodi punterebbe a una Serie A con 18 formazioni, Tavecchio preferirebbe ridurre il numero di retrocesse a due mantenendo la Serie A a venti squadre e uniformando su questi numeri anche le altre leghe. In parallelo il presidente uscente auspicherebbe anche la creazione delle squadre “B”.

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