Il 20 marzo 1760 a Boston il più grande incendio della storia, nel 1800 Volta inventa la pila, nel 1916 Einstein pubblica la relatività.

Tre astrazioni, coincidenze, compleanni che potrebbero vestire bene il 20 marzo del Vecchio Balordo in occasione della sosta per gli impegni delle nazionali. Incendio per quello che accade intorno alla Società; pila per caricare non il fisico ma l’equilibrio tattico; relatività perché con il Genoa di mezzo tutto è relativo e persino più comodo.

20 marzo 2017. Cosa è successo al Vecchio Balordo? È una domanda che ormai circola tra i tifosi rossoblu. Nel bene e nel male è una domanda che non è più retorica, specialmente per coloro che non lo fanno per menaggio ma perché praticano il calcio anche a livello amatoriale o lo vedono praticare in ogni momento del giorno e della notte davanti alla Tv o allo Stadio.

La risposta è difficile: per qualcuno è questione di testa, ma è faticoso da credere, considerato che dopo il 15 dicembre (vittoria con la Fiorentina, ndr) il Genoa ha inanellato su 14 gare 10 sconfitte, una vittoria e 3 pareggi.

D’accordo che tra genio e follia c’è un solo passo, ma il manicomio del Genoa è sempre più grande dal momento che i pazzi lo allargano con le loro teorie di cui qualcuna incomincia a non stare più in piedi, come l’uscita di Rincon, la sconfitta casalinga con il Palermo e la scarsa condizione fisica, ormai strana da credere in un mondo che è cambiato essendo tutti monitorati ogni giorno con elementi tecnici. Difficile che qualcuno non in forma possa giocare.

Il calcio, quello del Vecchio Balordo specialmente dentro il Tempio, è sempre stato sintetizzato, anche nei momenti bui, da istinti primordiali con la Nord a spingere, difesa accanita della propria porta, conquista violenta o astuta di quella avversaria. Il fascino del pallone al Ferraris era sempre stato dato dall’agonismo virile, anche se mancavano senso tattico o eleganza dei temi tecnici sviluppati dal singolo calciatore e da tutta la squadra.

Tutto ciò non succede e non si visto nel 2017 . Perché? È la domanda alla quale bisognerebbe rispondere. Da domani o nei prossimi giorni si potrebbe avere la risposta se dovesse rientrare in gruppo Veloso.

Troppe responsabilità sul portoghese? Probabilmente sì, ma l’unica volta che si è visto giocare il Genoa nel 2017, anche se solo per 30 minuti, è stato il 10 febbraio al San Paolo contro il Napoli. Veloso c’era.

Un modulo tattico e tecnico si realizza attraverso schemi il più puntuali e precisi. Al Genoa non si vedono dal mese di dicembre per mancanza di equilibrio tattico. I calciatori del Genoa in partite ufficiali non fissano più quei modelli, combinazioni di gioco con mosse o spostamenti fulminei.

Da cronisti diventa difficile giudicare l’interpretazione tattica del Genoa da parte di Juric e poi di Mandorlini.

Il Pirata ha perso 8 partite su dieci pareggiandone altre due con la sconfitta di Pescara che è stata una Waterloo nella testa di tutti, compresi i calciatori, ma in qualche partita – pur perdendo – si è vista anche un po’ di prestazione. Con Mandorlini, bravo e pronto a recuperare la fiducia con qualche punto, la prestazione ha latitato.

Se vogliano rimanere nel campo della psicologia o pazzia entrambi i tecnici hanno un comun denominatore, ovvero sia l’errore singolo provocato dal collettivo per mancanza di quell’istinto primordiale di cui abbiamo parlato prima.

Il Genoa in ogni partita ha commesso un errore importante, anche solamente uno, che ha inficiato il risultato e la prestazione. L’ultimo è quello di “San Siro” di sabato sera.

Non si può credere che sia colpa dell’allenatore se il grifone, subito il gol, è rimasto ancorato dentro la sua metà campo. Dopo il cucchiaio di Mati Fernandez il 4-3-3 non è più pervenuto e dal 3-5-2 che aveva fatto risultati si è passati ad un 4-5-1. Per difendere senza rendersi conto dell’uno a zero?

Partite né ho viste tante, anche in mezzo al campo vestito di nero, e la convinzione è sempre stata una in qualsiasi categoria: se non hai grandi calciatori che decidono le gare da soli è il centrocampo il vero triangolo delle “bermuda” dove devono affogare gli avversari. Il Vecchio Balordo giochi con due, tre, 5 sulla linea mediana: boccheggia solamente lui.

Chi vi ha giocato, compreso Rincon senza un play di ruolo, non è mai stato un inventore di gioco: nel migliore dei casi è un’aggiunta alla difesa della quale anticipa le mosse opponendosi ad un avversario designato.

Tutto questo si è visto dopo il 15 dicembre. Con Mandorlini si sono visti i miglioramenti difensivi però non si scorge la fase di possesso e offensiva.

Contro il Milan non si è visto quasi per nulla l’intercettamento, in particolare sulla corsia sinistra, sull’anticipo e sul tackle anche cattivo.

L’ attuale centrocampo rossoblu fa fatica perché Ntcham, un talento dalle enormi potenzialità, risulta non efficace nel ruolo di mediano. Cataldi o Cofie, playmaker con differenti caratteristiche, fanno qualche buona rottura ma quando provano a far ripartire la squadra non sono mai precisi. Hiljemark è bravo ad inserirsi con i tempi giusti ma in fase di copertura è sempre a discutere con i compagni per il suo posizionamento, vedi il gol del Diavolo senza corna.

Nel calcio non esistono gli elettroshock sia singoli che di gruppo. Per questo la terapia dal prossimo allenamento dovrà essere sempre elettrica ma dimenticando che pur non vincendo la sorte è sempre amica visti i risultati di chi dovrebbe inseguire.

Guai cullarsi e condurre i tifosi a un rabbioso disincanto, anche se il parafulmine per adesso è un altro. Il Genoa arrendevole, molle, privo di passione intontisce anche i tifosi più amanti della maglia.

Ai genoani non piacciono i robot senz’anima: piacciono piuttosto gli “scarponi” che sudano, che escono con la maglia sporca ma cercano anche di fare e farli fare, i gol.