Dopo tre partite dell’era Mancini alla guida della nazionale non si possono e non si devono fare consuntivi.

Perin salva Mancini e l’Italia contro l’Olanda. Contro una nazionale fuori dal mondiale e in precedenza fuori anche dall’Europeo 2016, in cerca di una nuova identità come noi anche se con molti giocatori che militano in importanti campionati europei, doveva e poteva essere la partita più intrigante delle tre gare giocate in pochi giorni. 

Meglio ripetere che è grazie a Perin se il pareggio o passo falso per adesso non riposiziona giudizi: guai a perdere l’entusiasmo, anche se Jorginho unico titolare nella gestione Mancini non fa abbassare lo spread dell’Italia calcistica alla ricerca del play.

Tutti i giudizi devono essere messi in attesa ma lo saranno per poco. Sarà  l’autunno ad emettere i primi verdetti. Mancini vuol giocare con squadre forti per far crescere la personalità della squadra e il calendario è pronto a dargli un mano con Polonia e Portogallo, gare di andata e ritorno dove conteranno i punti per la nuova Nations League. E poi alle gare da punti bisogna aggiungere le amichevoli con Ucraina e Stati Uniti, un menù non male.

Mancini ripete sempre che l’entusiasmo dipende dai risultati e chiede di aiutare la nazionale per crearlo con pazienza. Certo a questa Nazionale serve entusiasmo per crescere, giusto, ma probabilmente non basterà per i soliti motivi già elencati.  

Chiesa Jr al centro del Villaggio dopo la gara con la Francia gioca con la Fiorentina e solo ogni tanto incontrerà in campionato avversari adeguati per crescere. Chiesa e qualche altro appaiono talenti ma gli altri mandati in campo da Mancini alla scoperta in particolare del centrocampo giocano in squadre di seconda fascia o sono rimpiazzi nelle squadre di vertice in A. Fra l’altro si contano neanche sulle punte di mano quelli che giocano in campionati esteri che contano.

Le partite giocate, al di là dello score negativo contro la Francia che è stato meno imbarazzante del previsto contro una Nazionale che ambisce a giocarsi il primo posto al Mondiale russo, hanno detto questo. Quello che ha dato più fastidio è stato che i Bleus in ogni ruolo mettono in campo atleti che sono poco più vecchi di Chiesa e hanno, oltre il fisico, il talento e più esperienza.

Mancini in questo momento è il vero e unico leader di questa prossima avventura azzurra. Bravo ad acquisire credito dentro il gruppo. Il problema è che il coro azzurro deve farsi coro avendo pochi tenori e Mancini avrà un compito non facile: ad oggi da CT è stato uno stratega più fuori dal campo che sul prato verde. 

Conosceva le difficoltà che i risultati gli avrebbero potuto creare anche nelle tre amichevoli “estive” giocate e perciò ha lanciato nella mischia degli “scoop” Balotelli e Criscito. Il Mimmo rossoblu in questo momento è l’unico non improvvisato a giocare sulla corsia di sinistra, travolto contro gli orange e costretto al fallo da ultimo uomo per il cattivo piazzamento della fase difensiva azzurra: dove erano i due centrali?

Con Balotelli in campo si è parlato solo di lui e i grandi problemi della nazionale, non solo sul campo, sono stati nascosti abilmente. Balotelli vice capitano della Nazionale. E quando si insediava il Governo della terza Repubblica come annunciato dai suoi promotori vincitori e Salvini parlava manifestando basta coloured in Italia, Balotelli rispondeva dicendo “Italia, finiamola con il razzismo. Io capitano degli azzurri? Sono qui per fare gol non per la fascia, ma sarebbe un bel messaggio”.

Mancini è alla ricerca della via giusta: unico neo – non solo del tecnico – quello di non aver fermato in queste gare il mercato di  Raiola a cena con Balotelli nel ritiro degli azzurri dopo che aveva sputato fortemente sulla nazionale quando Balo non veniva convocato. Perché Costacurta e compagnia porgono sempre l’altra guancia? I ritiri della Nazionale non devono diventare un mercato come nel passato.

La strada è stata tracciata alla ricerca di una squadra non povera di identità: sarà difficile trovare le radici se quelli seduti nelle poltrone della FIGC non andranno indietro nel tempo a quando è iniziato il declino del calcio azzurro. Un declino iniziato non solamente con l’eliminazione dai mondiali russi, ma già con Lippi e Prandelli. L’avranno capito gli ex grandi calciatori al comando nella stanza dei bottoni che gli allenatori per la Nazionale ci sono sempre stati e adesso devono dare risposte al calcio italiano più fuori che dentro il terreno verde?

Il lavoro che spetta a Mancini sulla panchina azzurra sarà davvero epocale se le riforme promesse solo  annunciate non arriveranno, anche se lui non ha fatto promesse e ha la convinzione che si potrà in futuro ridurre il gap con le squadre più forti.

C’è da auspicare che abbia ragione malgrado oggi sia difficile illudersi: tutto sta a capire quanto è lontano quel futuro.