La scorsa settimana, in un piacevole pomeriggio di giugno, tra turisti e musica e qualche curioso in cerca di libri e vinili, siamo passati da Piazza Banchi per documentare quella che, a tutti gli effetti, sembra essere la rinascita di un sodalizio di tifosi del Genoa come fu quello della Rametta di De Ferrari. Un sodalizio aperto a tutti, a due passi dalla Chiesa di San Pietro in Banchi, unica nel suo genere per la presenza di botteghe al piano strada.

A fare da motore propulsivo per questa rinascita della Rametta è stato il Genoa Club Grifoni in Banchi, che nel luglio 2023 è stato fondato dal suo Presidente, Alberto Scotto, e rapidamente si è allargato, come una grande famiglia, grazie ad un turbinìo di iscritti che hanno già contribuito a staccare oltre 265 tessere. “Come nasce l’idea di questo club? Nasce perché da anni ci ritrovavamo qua a parlare di Genoa e di tantissime altre cose, io anche peer ragioni di lavoro. Erano moltissimi anni che parlavamo di fondare un club e la spinta è arrivata dal fatto che, finito il Covid, c’era di nuovo quel senso di uscire e stare in piazza – ci spiega il Presidente Scotto Questo punto è un luogo dove la gente si ferma, chiede di un sacco di cose, ma il Genoa è argomento che crea un senso di comunità”. 

Un dato inequivocabile che il Genoa crei un senso di comunità, ancor di più se ciò avviene non solo al Ferraris (dove sventola in Gradinata Zena la bandiera del club), ma anche nel pieno cuore del centro storico. Proprio nella piazza che prima di De Ferrari fu quella principale della città, a due passi dal mare e da quell’area che oggi è Sottoripa.

Lo testimoniano tante delle iniziative alle quali il Genoa Club Grifoni in Banchi si è dedicato in questo primo anno di vita: non solo i ritrovi e le discussioni tra tifosi, compresi quelli provenienti da altri club sparsi in Italia come nel caso degli “Zeneixi de Roma – Francesco Bruzzone”, ma anche i tanti incroci con persone che del Genoa stanno scrivendo le ultime pagine di storia.

In Piazza Banchi si è fermata incuriosita da libri e dal Genoa la mamma di Morten Frendrup (ufficialmente tesserata al club) assieme al resto della famiglia, così come tra i primi sottoscrittori delle tessere del club vi è il CEO rossoblù Blazquez. Alberto Scotto si è fatto anche promotore di una nutrita partecipazione di iscritti dei Grifoni in Banchi all’ultima tavolata da Presidente a Canneto, cena sociale e condivisa snodatasi per il centro storico.

Assieme ad Alberto, però, c’erano altre cinque persone. Oltre a Franco Venturelli, memoria storica del Genoa e della famosa Rametta di De Ferrari, vi erano anche Corrado, Bruno, Giovanni e Fulvio, storico volto del Little Club e del Coordinamento della tifoseria.

La parola “Genoa” mi emoziona e mi fa venire la pelle d’oca ogni volta che la nomino ci racconta Corrado – Quando partii per il viaggio di nozze, il Genoa giocava gli spareggi per non retrocedere in Serie C. Ero arrivato a Nizza, forse neanche, e girai indietro la macchina per venire a De Ferrari e sentire gli spareggi: c’era un omino su un camion che raccontava cosa stesse facendo il Genoa. Questo è il Genoa, è la storia della mia vita”. 

Io sono contento di quanto fino adesso è stato fatto, speriamo che si continui su questa linea, rinforzandosi il più possibile per toglierci qualche soddisfazione. Insomma, basta B” ci confida invece Bruno, che passa poi il testimone a Giovanni, che tifoso del Genoa non lo era mai stato, ma i suoi amici di Piazza Banchi lo hanno fatto diventare appassionato di questo sport e di questa fede rossoblù. “Io vivevo sempre marginalmente le chiacchierate e, quando si arrivava a parlare di calcio, per me era una cosa distante. Pian piano però, seguendo i discorsi, ho iniziato ad imparare cose sul calcio e a condividere una passione. Fa parte di quello che siamo e qui c’è una bella passione“.

Cosa possiamo dire di questi tre anni? Tre anni di estrema semplicità, che era quello che ci mancava – descrive Fulvio inquadrando il Genoa di oggi in una dimensione tanto semplice, quanto vera – Prima c’erano i proclami, ora c’è la semplicità, che è sempre stata il nostro cuore, sennò non saremmo Genoani. Con questa semplicità stiamo mettendo in piedi una cosa bella, poi anche tecnicamente valida, ma soprattutto bella. E ne è testimonianza che la gente abbia colto, partecipi, la senta sua. Non c’è più il padre padrone e non è una cosa da poco: è come essere figlio di un industriale o essere una cooperativa. C’è una bella differenza. Ricreando la socialità, si è ricreato un vero sentimento. Un conto è il sentimento digitale o sviluppato intorno ai giornali e alle tv, un conto è frequentarlo. Questo circolo è volutamente un circolo sociale che fa solo opere sociali (come la donazione all’Orfanotrofio di Colk, andato distrutto tra le fiamme in Congo, paese di origine del fresco vincitore dello scudetto Under 18, Gracien Deseri, ndr), è l’unica cosa che facciamo, e apposta non ha una sede. La differenza fondamentale è quella: non devi per forza tirare avanti la tua casa perché è più bella, qui è aperto, è per tutti, per chiunque. È fantastico”. 

“Attraverso tutta una serie di amicizie, perché sapevo ci fosse un Genoa Club, mi hanno indirizzato ad Alberto (Presidente del Genoa Club Grifoni in Banchi, ndr) ed è nato tutto – racconta Franco Venturelli, “L’Abbadie” dell’intervista video, nonché uno dei membri della storica Rametta – Frequento abitualmente questa zona ed è di grandissima importanza, non solo per tenere in vita il passato, ma anche per il presente. Qui, a Banchi, si può parlare di Genoa guardandosi in faccia, discutendo e magari litigando, come alla Rametta di Piazza De Ferrari. Lo facciamo di persona, che è molto importante perché nascono anche dei rapporti. Questa cosa ha riflessi pure nella vita quotidiana: qui c’è il senso del Genoa per come l’ho sempre vissuto io fino ad oggi. È una squadra di calcio, una passione, tutto quello che si vuole, ma anche un modo per stabilire rapporti con altre persone. È importante che qui vi sia questo nucleo, e invito anche i giovani a passare da qui, così ci conosciamo e manteniamo il rapporto tra le generazioni. La frase di padre in figlio non deve rimanere retorica, dev’essere una cosa reale che gli anziani condividano coi giovani“. 


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