Sono passati sei giorni da un’altra giornata amara. Una giornata di vergogna, non solamente per il risultato contro gli elvetici, ma anche per come è maturato.

Gli svizzeri non erano sprovveduti di tecnica, ma ci hanno messo sotto anche per coraggio, corsa, slancio. Termini che nel calcio attuale si coniugano con la parola intensità, mettendo alla berlina i nostri milionari, esaltati da megalomani, dei quali purtroppo siamo stati complici dopo le partite con Spagna e, in particolare, Croazia.

Mancano le parole per esprimere il dispetto che ha preso non solamente i tifosi presenti a Berlino e davanti alla TV, ma anche quelli a domicilio di fronte all’indegno spettacolo cui abbiamo assistito e che abbiamo visto.

Il teatrino mediatico continuato con i processi non è nulla di nuovo, ma bisogna fare qualcosa per non tornare a commettere gli errori del passato dopo altre cocenti eliminazioni in manifestazioni mondiali e adesso anche europee.

Ha ragione Capello quando afferma che il più grande errore di Spalletti è aver pensato da allenatore e non da selezionatore cambiando le abitudini radicate, tecniche e tattiche, dei calciatori convocati: il flop del Napoli dopo la sua partenza gli ha insegnato poco. Le gambe azzurre non hanno girato in Germania, perciò sono chiacchiere da facciata le parole nei processi dopo l’eliminazione.

Il processo bisogna farlo alla preparazione, viste anche le altre nazionali non certo posizionate nelle prime posizioni dei ranking calcistici. Appellarsi al “ritmo”, come ha detto Spalletti, e appellarsi ai campionati appena finiti è un alibi che non regge. La maggior parte dei calciatori che giocano EURO 2024 sono reduci da campionati lunghi e logoranti, ma corrono.

La domanda è chi ha deciso la preparazione dopo il campionato difficoltoso, utilizzando i calciatori che hanno fatto straordinari fisici per accaparrarsi i cinque posti Champions. Chi ha avallato la preparazione? Per caso i sistemi come in tutte le squadre del mondo per valutare il fiato non hanno funzionato?

Prima di partire per la Germania sapevano che potevano essere pochi i campioni che potevano fare la differenza per qualità nella rosa a disposizione del CT Spalletti. Erano però mancati anche loro nelle prime tre gare di qualificazione e Spalletti, rivolgendosi sempre ai suoi preferiti, non ha capito che c’era solo la soluzione corsa, intensità, cattiveria per provare a superare gli ostacoli di tecnica e tattica e che avrebbe potuto utilizzato anche altri calciatori della rosa invece di lasciarli a riscaldare la panchina.

Spalletti affidandosi ai preferiti ha sbagliato. Altri calciatori in A e in B con caratteristiche delle altre squadre considerate “materasso”, pur essendo eliminate, potevano salvare la faccia calcistica italiana con una carica diversa e potevano salvare anche quella di Spalletti.

I centravanti della nazionale sono stati sbeffeggiati per non aver fatto gol: difficilmente hanno inciso, nessuno però è riuscito a liberarli a rete. L’ennesima Waterloo del calcio italiano farà forse (vale illudersi?) finire una situazione di fatto veramente insostenibile, imbarazzante e insopportabile?

La prima mossa sarebbe il Comitato dei saggi ad accompagnare Spalletti che ha manifestato di non volersi dimettere. In ogni caso, la Nazionale non dovrà essere eternamente condannata ad un atteggiamento filosofico del pallone che rotola. Abbiamo uomini di squadre che viaggiano con stranieri nel campionato italiano e con pochi italiani, anche in quelli dei settori giovanili. Si dovranno trovare avi, nonni per farli  diventare italiani.

Alla nazionale servono calciatori atleti e non gli smunti calciatori visti dopo la vincita dell’Europeo con Mancini, troppo esaltati in questi anni di desolante penuria di calciatori italiani di qualità. I calciatori portati da Spalletti in Germania, in particolare i titolari fissi, non hanno avuto né vigore né riserve psicofisiche.

Attualmente il calcio globale non va da nessuna parte senza consistenza tecnica e agonistica. Gli allenatori devono avere coraggio di buttare nella mischia la gioventù perché in questo Europeo l’esperienza, eccetto per qualche squadra, ha dimostrato di non essere decisiva per confezionare prestazioni e risultati.

Tutte le squadre incontrate dagli Azzurri hanno avuto vita facile per l’ospitalità docile degli uomini del ct azzurro, tutto inevitabilmente scontato con l’agonismo padrone sul terreno di gioco.

Gravina non si è dimesso. Dopo i processi post eliminazione, pur avendo a disposizione il semestre bianco per convocare l’Assemblea elettiva della FIGC, a sorpresa ha indetto le elezioni il 4 di novembre 2024.

Il primo incontro di Gravina per avere la possibilità di tornare in sella alla FIGC è stato quella di convocare Abete, il Presidente della Lega Dilettanti, che porta in dote il 34% dei voti dei mondo dei dilettanti, rimanendo anche male perché Abete ha fatto capire di volersi candidare alla Presidenza futura: il nuovo che non avanza.

Uscire da questa crisi del calcio italiano sarà più difficile del passato. Tutto viene preparato e confezionato dalla Lega di Serie A e dai proprietari dei club la cui maggioranza non appartiene più a Presidenti e famiglie, ma a Fondi e Holding i cui risultati si misurano in nome del business e non possono collimare con quelli della Nazionale, volendo fare plusvalenze: più che management per il calcio sono management rivolti agli affari.

La Lega Serie A si lamenta solamente, oltre i diritti televisivi del Decreto Crescita, ovvero i vantaggi fiscali per tesserare calciatori stranieri, anche quelli scarsi. Essa ha un altro obiettivo prima delle elezioni della prossima FIGC: staccarsi come in Premier dal cordone ombelicale che dovrebbe comandare il calcio italiano, sapendo che il proprio 12% del valore dei voti, come calciatori e allenatori, non incide come nel passato nelle decisioni della FIGC. Da quanti anni si parla delle riforme della Federazione gioco calcio? Tanti. Le  poltrone sono sempre occupate dagli stessi che hanno portato allo sbando il più bel gioco del mondo nella penisola italica.

Nella prossima tornata di elezioni altra protagonista sarà la politica che dovrebbe anche  interessarsi e investire in centri giovanili di calcio costruendo campi non solo a parole e riammodernare gli stadi fatiscenti dove si giocano i campionati di calcio.

Il Ministro dello Sport Abodi ha chiesto un’assunzione di responsabilità a Gravina per farlo dimettere. In Parlamento, il Governo punta le prossime elezioni della FIGC guidato da Lotito, il Presidente della Lazio, che è onorevole.

Chissà se l’ennesima brutta figura farà saltare la Federcalcio. Chissà se qualche candidato metterà nel suo progetto il fatto che bisogna finirla con gli stranieri, almeno  contingentarli, tornando all’autarchia…

In FIGC occorrono manager che abbiano autonomia decisionale e non trasferire nulla ai “politici” del governo di turno. La provincia sta scomparendo dal grande calcio. Ormai si sente solamente parlare e scrivere prima e dopo le gare solamente di 7 squadre.

Il calcio di oggi in Italia è una casualità opinabile,  iù o meno quella dei Dirigenti delle società di oggi che parlano di “progetto” senza sapere cosa possa davvero significare.