Lino Marmorato, da sempre, mi contesta come io, nel mio commento alle partite, evidenzi sempre gli errori commessi dai vari calciatori del Genoa, senza considerare la prestazione complessiva, e mi chiede ironicamente cosa debba fare un calciatore per meritare il mio “gradimento”.
Ed allora sembrerebbe che fosse più facile per un calciatore rossoblu passare attraverso la cruna di un ago piuttosto che ottenere il mio gradimento, manco fosse il paradiso cui il ricco difficilmente può aspirare secondo il Vangelo…
Ironia a parte, proseguendo sulla metafora relativa alla cruna dell’ago, la realtà di questi giorni ci ricorda o dovrebbe ricordarci che i margini per iscriversi al massimo campionato di Serie A sono sempre più stretti per le società calcistiche italiane.
E quando faccio riferimento alla “realtà di questi giorni” alludo espressamente alle strategie di calcio mercato delle società di Serie A e del Genoa in particolare.
C’è molto scoramento nella tifoseria rossoblù per le partenze dei due tenori Pavoletti e Rincon, soprattutto considerando i numeri degli attuali disponibili per il centrocampo, zona nevralgica nel rendimento di una squadra: c’è chi vede per i nostri avversari un buco nel mezzo che può diventare un’autostrada verso la nostra porta.
Molti contestano al Presidente di aver tradito le promesse della famosa riunione con i tifosi dell’estate scorsa, altri gli rinfacciano di aver recentemente affermato che non avrebbe mai ceduto Pavoletti nel mercato invernale, dichiarando apertamente di voler scongiurare una retrocessione possibile senza il centravanti livornese.
Per la verità, io avevo letto più volte le trascrizioni del monologo del Presidente alla presenza dei tifosi.
Il Presidente, a mio giudizio, da consumato imprenditore, aveva detto tutto ed il contrario di tutto.
Se ricordate, l’affermazione basilare era stata quella secondo cui “una, due cessioni potrebbero essere necessarie” (usò il condizionale). Tuttavia, nel corso della conferenza, aveva detto che poteva anche trattenere i pezzi pregiati, evitando di farsi prendere per la gola, per via del fatto che la situazione finanziaria era addirittura migliore di quella di tante altre società.
Su Rincon, il Presidente fu addirittura più esplicito. Disse che era l’unico giocatore che Juric gli aveva chiesto di togliere dal mercato. Tuttavia aggiunse: “noi siamo disposti ad aumentargli lo stipendio per farlo rimanere, ma deve essere convinto di rimanere alle nostre condizioni e non ad altre che per noi sono fuori budget”.
Quando Rincon rientrò dalle ferie, arrivò la risposta. Il venezuelano si dichiarò contento dell’accoglienza che gli avevano riservato i compagni di squadra. Tuttavia, alla domanda se fosse condizionato dalle voci di mercato rispose: “se arriverà un’offerta da una grande squadra, la valuteremo. Potrebbe essere un bene per il Genoa e un bene per la mia famiglia”.
In generale, secondo me, il Presidente non poteva dire nulla di diverso da quanto ha detto. Non avrebbe avuto senso mettere i manifesti affermando, senza se e senza ma, “ne devo vendere almeno due” o quant’altro.
Il mercato dei calciatori è caratterizzato da una guerra di notizie dove “i qui lo dico e qui lo nego” non possono che essere all’ordine del giorno.
Chi presta troppa attenzione alle dichiarazioni di facciata, a mio umilissimo avviso, non coglie il vero senso delle cose.
Sarebbe come se un comandante vedesse assottigliarsi gli effettivi all’interno ed al riparo della trincea e pubblicasse il bollettino degli abili, dei feriti e dei deceduti, a beneficio dei nemici…
Poi, per carità, c’è la realtà, ci sono i bilanci che devono essere inviati in Lega e, soprattutto, ci sono i nuovi indici stabiliti dalla FIGC.
Pertanto, se la situazione finanziaria di una società potesse o dovesse mai essere un segreto, diventerebbe comunque il segreto di Pulcinella.
Tuttavia, a beneficio del Presidente, si potrebbe sostenere che il bilancio del Genoa è al 31 dicembre e che, pertanto, nell’estate 2016, ancora non era nota la situazione definitiva.
A ben vedere, la presente tornata di calciomercato è figlia della nuova normativa federale sull’iscrizione al campionato, a partire dalla primavera 2015. A riguardo, segnalo alcuni comunicati della FIGC che sono e saranno la Bibbia per la sopravvivenza nel calcio professionistico di Serie A:
1) il Comunicato Ufficiale FIGC n. 188/A del 26 marzo 2015, Titolo I), paragrafo IV) (norme programmatiche sul fair play finanziario), che aveva introdotto, nell’ambito della concessione delle Licenze Nazionali per le società di Serie A, ulteriori indicatori di controllo dell’equilibrio finanziario ed economico, quali l’indicatore di liquidità, l’indicatore di indebitamento e l’indicatore del costo del lavoro allargato.
2) il Comunicato Ufficiale FIGC n° 246/A del 27 aprile 2015 che aveva fissato i valori numerici di tali indicatori per le stagioni dal 2015-2016 fino al 2017-2018.
3) il Comunicato Ufficiale FIGC n° 263/A del 27 gennaio 2016, che contiene in allegato il Manuale delle regole applicative del “pareggio di bilancio”, ulteriore requisito preso in considerazione per l’ottenimento della licenza a partire dalla stagione 2018-2019 (tra due stagioni).
4) il Comunicato Ufficiale n° 366/A del 26 aprile 2016, che aveva fissato le condizioni per l’ottenimento della licenza per la stagione 2016-2017, richiamando espressamente alla sezione IV le “norme programmatiche sul Fair Play finanziario” di cui al Comunicato 188/A del 26 marzo 2015.
Entrando più nello specifico, i primi due comunicati furono emessi nell’imminenza successiva alla deflagrazione del caso Parma. Si trattava dell’anno che avrebbe portato alla qualificazione all’Europa, poi sfumata proprio per la (per certi aspetti provvidenziale) mancata concessione della Licenza Europea.
Molti ricorderanno che proprio la partita del Genoa con il Parma fu rinviata per la disastrata situazione finanziaria della compagine ducale.
Le autorità federali si preoccuparono immediatamente di fissare nuovi parametri per evitare, in futuro, altri casi analoghi di insolvenza finanziaria che mettessero in pericolo il normale svolgimento del campionato.
Ebbene, proprio dalla prossima stagione 2017-2018, entreranno in vigore nuovi requisiti per ottenere la licenza.
In realtà, i parametri per i nuovi requisiti sono stati emessi anche per le stagioni precedenti alla prossima, ma venivano valutati ai fini del solo rilascio della Licenza Europea e non di quella Nazionale (cioè, non per l’iscrizione al campionato).
La normativa FIGC, in pratica, ha progressivamente uniformato le condizioni per l’ottenimento delle licenze sia per le competizioni internazionali che per il campionato nazionale.
Andando a vedere i parametri, si evince che il valore più importante è quello relativo all’indicatore di liquidità che, per l’iscrizione al campionato 2017-2018, sarà di 0,6.
Tale indicatore esprime il rapporto fra le Attività Correnti e le Passività Correnti, che dovrà “misurare il grado di equilibrio finanziario di breve termine, cioè la capacità dei Club di far fronte agli impegni finanziari con scadenza entro 12 mesi”.
Il mancato rispetto della soglia minima, in questo caso di 0,6, comporterà l’obbligo a carico del Club di intervenire per riequilibrare la situazione (tirando fuori i soldi che mancano).
La dicitura utilizzata poteva far pensare che si prendessero in considerazione solo attività e passività nel giro di 12 mesi. In realtà, è stato precisato come “le partite derivanti dal calciomercato (quindi crediti e debiti per le attività di acquisto e vendita di calciatori) siano sempre incluse nel calcolo, anche se con scadenze superiori ai 12 mesi”.
Tutto questo che cosa significa in termini comprensibili a tutti? Se non ho capito male, ciò significa che, se nell’anno in corso devi spendere un euro, devi avere in cassa una liquidità di almeno sessanta centesimi (il 60%).
Gli altri parametri sono stati fissati “in positivo”, cioè al dichiarato scopo di attenuare le conseguenze del difetto di liquidità. Se una società non centra il parametro della “liquidità”, ma rientra in uno degli altri parametri, può diminuire l’importo dell’intervento atto a riequilibrare i parametri. In particolare, il suddetto importo sarà diminuito di 1/3 per ognuna della altre due categorie in cui, eventualmente, la società rientrasse, pur non rispettando il parametro primario della liquidità. Ad esempio, se una Società dovesse intervenire immettendo nove milioni per riequilibrare il bilancio nei parametri, il rispetto degli altri due indicatori correttivi potrebbe limitare il ripianamento a tre milioni.
Tanto per dare un’idea sulla situazione del Genoa, l’indicatore di indebitamento (cioè il rapporto tra debiti e valore della produzione medio degli ultimi tre esercizi) al 31 dicembre 2015 per il Genoa era pari a 2,08, superiore alla soglia massima del 2015-2016 stabilita dalla FIGC per la Serie A che era di 2. Tale soglia nel 2017/18 sarà ridotta da 2 a 1,5.
L’indicatore del costo del lavoro allargato (rapporto tra il valore del Costo del Lavoro Allargato risultante dall’ultimo bilancio d’esercizio approvato ed i Ricavi costituiti dai valori medi degli ultimi tre bilanci d’esercizio approvati al 31 dicembre 2015) per il Genoa era pari a 0,78 nel 2015. Considerando che i valori limite per le stagioni sportive 2015/16-2016/17-2017/18 erano rispettivamente di 0,9, 0,85 e 0,8, il valore di 0,78 sarebbe stato e sarebbe entro il limite richiesto dalla FIGC.
A questo complesso sistema normativo introdotto, che, come dicevo all’inizio, assomiglia sempre di più alla metaforica cruna dell’ago, si è aggiunto verosimilmente un ulteriore fatto: la proposta di rottamazione delle cartelle Equitalia, definitivamente approvata nel novembre 2016 con i correttivi di fine d’anno.
Spulciando nel bilancio al 31 dicembre 2015, senza nessuna pretesa di conoscenza specifica e al solo fine di dare un ordine di grandezza, mi sembra di desumere debiti del Genoa con l’Erario per oltre sessanta milioni di euro, di cui oltre sedici milioni da pagare entro breve termine.
Io posso pensare che ci siano già in corso delle rateizzazioni con scadenze prossime che, sicuramente, incidono sul decisivo parametro dell’indicatore di liquidità, senza scordare che, dalla stagione 2018-2019, entrerà comunque in vigore l’ulteriore parametro della parità di bilancio (non esce nulla che non rientri nei limiti di ciò che è già entrato), seppur temperato da una tolleranza della FIGC di una deviazione pari al 25% della media del fatturato dei tre esercizi.
Dentro alle maglie di una normativa di accesso al campionato sempre più restrittiva, si inserisce a proposito il Decreto Legge 22 ottobre 2016 n° 193, già convertito in legge nel novembre 2016, volgarmente noto anche come “rottamazione Cartelle Equitalia”.
Sintetizzando molto, ai fini di ciò che interessa, il decreto legge consente di pagare solo il capitale delle varie imposte, senza interessi e sanzioni.
Questo meccanismo, si calcola, comporterebbe un risparmio di circa il 20% sul residuo dovuto.
Supponendo che il Genoa abbia già pagato i sedici milioni circa che risultavano da pagare a breve termine dal bilancio al 31 dicembre 2015 (immagino quindi nel 2016), il residuo potrebbe aggirarsi intorno a quarantacinque milioni circa. Non so se a questo importo debbano essere aggiunte le imposte 2016 che invece assumo pagate tempestivamente (se così non fosse, l’impegno finanziario sarebbe maggiore).
Il decreto prevede che, entro il 31 marzo 2017, il contribuente (se vorrà, perché occorre sottolineare che ciò non è obbligatorio) dovrà presentare la domanda di accesso agli sconti su sanzioni e interessi sulle imposte comprensive di eventuali titoli che ancora non gli siano state notificate e per cui Equitalia ha l’obbligo di informare entro il 28 febbraio 2017.
Entro venerdì 15 dicembre 2017 dovrà essere versato almeno il 70% del debito e pagata la terza rata. Entro il 30 settembre 2018 dovrà essere concluso il pagamento rateale secondo un piano di rientro in cinque rate al massimo (comprese le prime tre del 2017).
Il mancato pagamento anche di una sola rata comporta la decadenza dalle agevolazioni, con conseguente obbligo di estinguere il debito originario composto da imposte, interessi e sanzioni.
Scendendo nello specifico, a occhi e croce, sui quarantacinque milioni circa ancora dovuti all’erario, il Genoa potrebbe risparmiarne almeno più di nove, con un debito residuo di circa trentasei milioni. E nove milioni in più nelle casse societarie potrebbero corrispondere all’acquisto di due-tre giocatori da valorizzare.
Da qui a dicembre 2017, il Genoa dovrebbe pagare circa venticinque milioni che, evidentemente, peserebbero sull’indicatore di liquidità: infatti, una volta pattuita la rateizzazione, nel giugno prossimo bisognerebbe dimostrare di avere in cassa la liquidità necessaria per onorare il debito, nei limiti del parametro indicato. Tuttavia, visto lo spauracchio della decadenza dal benefico del termine in caso di mancato pagamento di una rata, si rischierebbe anche di aver fatto sacrifici quasi inutili. E bisogna anche considerare che, dal 2018-2019, c’è comunque l’obbligo della parità di bilancio (niente più debiti).
Il peso specifico di tutte queste premesse normative è difficile da valutare in termini assai precisi, però contribuisce a dare un’idea delle diverse difficoltà che le società di calcio (ed il Genoa in particolare) devono e dovranno affrontare nel programmare le varie stagioni.
E tra due anni, dietro al mancato rispetto della parità di bilancio e in assenza di iniezioni dirette a riequilibrare il bilancio, c’è lo spauracchio della mancata iscrizione, seppur temperata da alcuni parametri che cominciano con l’incidere sulla campagna acquisti da limitarsi alle sole uscite, senza arrivare alle estreme conseguenze della cancellazione.
Tuttavia, all’alba di questa serie di Forche Caudine, che devono indurre le società a programmare la liquidità di cassa ancor prima che la permanenza nella categoria o il raggiungimento di obiettivi sportivi, è evidente che le politiche societarie ed il calcio mercato cambieranno a 180°.
Se il parametro fondamentale diventerà la liquidità, nel player-trading verrà privilegiata la squadra che paga prima e che potrebbe per questo anche pagare meno (pochi, maledetti e subito). Tanto per tradurre in termini comprensibili, se l’Inter o la Roma pagano Rincon con il solito sistema del prestito con riscatto (e soprattutto pagamento) a lungo termine “mezzo mai e mezzo mai più”, condizionato dal raggiungimento di vari obiettivi, è preferibile venderlo alla Juventus che magari versa qualcosa di meno nell’immediato, ma paga subito.
E non basterà più vendere il Pavoletti di turno a 12 milioni più bonus, dimostrando di aver fatto una plusvalenza di almeno 8 milioni, perché ciò che interesserà ai fini dell’iscrizione non sarà più solo la plusvalenza, ma la copertura (anche con il player trading) del disavanzo di bilancio. In quest’ottica, io non capisco proprio coloro che continuano a lanciare gli anatemi sulle plusvalenze.
Il calcio è già radicalmente cambiato e sta per cambiare ancora di più.
Pavoletti, in questo girone di andata, ha giocato pochissimo per via di frequenti infortuni, che non sono proprio una novità. È stato venduto al Napoli che ne aveva bisogno adesso e che aveva a disposizione parte della liquidità derivante dalla cessione di Higuain. Chi poteva assumersi il rischio di un girone di ritorno sullo stesso refrain che avrebbe potuto portare ad una drastica riduzione del valore del giocatore se non ad un tendenziale azzeramento della plusvalenza? Chi non avrebbe crocifisso la Società se avesse ceduto Pavoletti l’ultimo giorno di mercato estivo per più di venti milioni quando il Napoli aveva l’acqua alla gola?
Chi poteva correre il rischio di perdere Rincon a parametro zero, come già era successo all’Amburgo?
Con i venti che tirano, tutte le società stanno correndo a realizzare liquidità.
Sicuramente, noi, tifosi da bar, tendiamo a ipervalutare i nostri giocatori.
Tuttavia, gli infortuni di Pavoletti sono noti a tutti (assieme alle nostre scadenze di pagamento), così come è nota l’età di Rincon e la sua volontà di non rinnovare…
Se mai, la società può essere criticabile per il fatto che, nonostante sapesse da tempo della volontà di Rincon di andare via, lo ha ceduto ancora prima di trovare un sostituto, con conseguente esposizione ai ricatti dei venditori dei potenziali sostituti. Tuttavia, io non credo che, anche nascondendo la volontà di Rincon di non rinnovare, sarebbe cambiato molto, in termini economici. E siamo sicuri che, vendendolo più tardi a gennaio o addirittura nel prossimo mercato estivo, avremmo ottenuto le stesse condizioni economiche?
Questo sistema normativo federale finirà per aumentare a dismisura il potere delle società forti, che hanno fonti di entrate anche assai diverse da quelle delle squadre medio-piccole (es. merchandising in estremo oriente oltre i diritti televisivi).
Le squadre medio-piccole dovranno investire sempre di più sui settori giovanili e saranno costrette a scommettere su giocatori da comprare a poco e rivendere a molto. E se ogni anno non esploderanno almeno un paio di giocatori, sarà difficile conservare la cosiddetta “intelaiatura” senza stravolgere.
Sarà verosimile anche che le società medio-piccole si giochino qualche relativo azzardo, come ad esempio vendere a gennaio Pavoletti, facendo affidamento sul fatto che l’emergente Simeone ed il veterano Pinilla (ed il sostituto auspicabile di Rincon) siano sufficienti a contenere l’eventuale ritorno delle candidate alla retrocessione, senza erodere l’attuale vantaggio in classifica sulla zona calda.
E questo perché, in questo vortice di norme a carattere finanziario, poco comprensibili anche a me che scrivo, c’è e ci sarà naturalmente anche il problema del risultato sportivo, il cui mancato raggiungimento, evidentemente, potrebbe influire anche sulla situazione finanziaria.
Al momento attuale, l’unico progetto possibile è il mantenimento della categoria con miglioramento e risanamento del bilancio (che già non sarebbe cosa da poco, visto l’attuale pregresso debitorio), in attesa di guardarsi attorno quando e se avremo passato indenni le prossime scadenze epocali, parità di bilancio in primis.
Perché non saremo gli unici a dover fare qualche salto mortale e sarà interessante vedere anche quello che riusciranno a fare le altre società. Probabilmente, il futuro positivo per ogni società dipenderà da chi sbaglierà di meno. A chiusura di quanto sopra, vorrei fare alcune considerazioni.
Premesso che hanno ragione quelli che sostengono che l’aver salvato una nave, che nel 2003 era destinata al naufragio, non dava sicuramente il diritto di riportarla a rischio di altro naufragio, a me non sembra opportuno o realistico gettare anatemi sulla politica societaria attuale.
E, ben inteso, l’aver portato quella nave nuovamente sull’orlo di un naufragio (come è stato più volte affermato dal massimo dirigente) non assomiglia esattamente ad un merito, anzi.
Tuttavia, in questo momento, noi stiamo pagando una gestione passata che è stata definita eufemisticamente “un po’ allegra”. Ma non è ora che si sta sbagliando.
Vorrei anche sottolineare che stiamo affrontando degli anni nodali nella storia del calcio italiano (e della congiuntura economica mondiale) con dei ricavi (che non sono utili) di circa quaranta milioni annui e con dei costi del personale che, da soli, ammontano a poco meno di cinquanta milioni…
Se nell’immediato siamo vicini a perseguire la parità di bilancio nel dare-avere annuale, come pensiamo di poter centrare le prossime scadenze relative all’iscrizione, con il pregresso debitorio che ancora abbiamo, senza vendere nel frattempo dei giocatori e senza rischiare di azzerarne il valore per infortuni o scadenze di contratto?
Se c’è qualcuno che ha un’idea diversa dal solito emiro che voglia passare alla storia per aver vinto la stella in Italia con il Genoa, si faccia avanti.
Per quanto mi riguarda, io, pur avendo dato almeno un contributo economico peraltro risibile alla Società con l’abbonamento, sono capace solo a criticare, ma di soluzioni per risolvere i problemi finanziari e di campo non ne ho.
Antonio Buelli, avvocato e opinionista di Radio Nostalgia.