In tanti si saranno domandati cosa possa essere cambiato, nei numeri, dal Genoa di Juric a quello di Mandorlini. Prima di andare a vedere alcune curiosità, si metta in evidenza come non possa bastare una partita a determinare un discrimine netto tra un’idea di gioco e l’altra. Sicuramente il modulo di Juric, col doppio impiego dei mediani, non è stata premiato sino in fondo da Genoa-Palermo in poi: Mandorlini in tal senso ha preso atto di non avere a disposizione calciatori con la particolare propensione a tenere il pallone tra i piedi e dettare i tempi di gioco e ha scelto, da un mazzo di possibili scelte, Danilo Cataldi come unico mediano in un 3-5-2 (che diventava in fase difensiva un 5-3-2).
Portare la palla in avanti è del resto una delle idee cardine del gioco di Mandorlini: ragionare sì, ma non tergiversare troppo col pallone tra i piedi e tenere la sfera lontana dalla propria area di rigore. Ieri qualcosa ancora si è rischiato, specialmente nella prima frazione di gioco, con passaggi in orizzontale che hanno ricordato le indicazioni di Juric ma che i nuovi tempi di gioco hanno spesso messo alla berlina: fortuna che il Bologna non ne ha approfittato in nessuna occasione.
Il modulo iniziale al fischio d’inizio è stata cartina al tornasole del momento del Genoa, poi confermato anche da Mandorlini: paura dell’avversario e di subire reti nei primi minuti di partita. Dopo un quarto d’ora si è suonata una timida carica con l’uscita dalle trincee (che comunque non erano state assediate da un Bologna a trazione anteriore) con una intraprendente iniziativa di Lazovic sulla destra. Si è capito lì che gli esterni del Genoa, quando non si trovavano a difendere e chiudere, avrebbero potuto creare problemi all’avversario.
Ad inizio partita e per tutto il primo tempo, come testimonia la foto a sinistra (dati forniti dalla Lega Serie A, ndr), la disposizione dei rossoblu in fase di non possesso era chiaramente un 5-3-2: Laxalt a prendersi Verdi, Lazovic a disturbare le iniziative di Krejci. Izzo e Munoz a prendersi rispettivamente Dzemaili e Viviani, con Cataldi su Taider e Burdisso sulla punta centrale Petkovic. Mandorlini, con marcature a uomo che si palesavano in tutte le zone del campo a differenziare un gioco offensivo “alla Juric” da uno più difensivo e cauto “alla Mandorlini”, ha tenuto però botta al collega Donadoni la cui volontà era chiaramente una: impegnare gli esterni del Genoa in fase difensiva e non permettere loro di salire e creare problemi alla sua retroguardia. Genoa bravo a non cadere nella trappola per tutti i 45 minuti.
Cosa è invece venuto a “mancare” al Genoa, che aveva abituato sotto la guida di Ivan Juric ad imporre il proprio ritmo alla partita attraverso il possesso del pallone, è stata la superiorità nella gestione della sfera rispetto all’avversario. Come si vede dalla tabella a destra, il possesso palla dei felsinei è maggiore rispetto a quello del Genoa di quasi sette minuti e mezzo. Andando ancora più a fondo, il tempo effettivo di possesso palla ci racconta però anche altro, ovvero sia che i rossoblu di Mandorlini hanno saputo mantenere il pallone per più tempo nella metà campo avversaria, specialmente nel secondo tempo. Questo dato mette in evidenza altre differenze, forse impercettibili ma interessanti, tra il Genoa precedente e quello che vorrebbe Mandorlini: più cinismo, meno riflessioni col pallone tra i piedi e minore gestione della sfera a ridosso della propria difesa. Con Juric non era mai stato così e inizialmente si vedeva in campo una formazione capace di imporre il suo ritmo anche a formazioni di altissimo livello: si pensi soltanto a Juventus e Milan, arrivate al “Ferraris” convinte di fare punti e uscite con le ossa rotte e gli “olè” del pubblico rossoblu chiamato a godersi lo spettacolo di passaggi comodi e tranquilli tra Munoz, Izzo e Burdisso.
Juric amava il giro palla, il recupero del pallone nella più rapida maniera possibile grazie al lavoro dei mediani e la precisione nell’andare dentro al momento giusto facendo male agli avversari. Mandorlini, dal canto suo, ha sempre preferito una retroguardia più nutrita, marcature a uomo e una ricerca del gioco che passasse dalle zone centrali, specialmente dalle incursioni delle mezze ali: non a caso a Verona, in maglia gialloblu, diventarono mine vaganti i vari Hallfredsson e Ionita, Viviani e Greco (ex Genoa, ndr). Guardare i numeri per capire meglio quanto appena detto: sono infatti state 11 (46%) le azioni portate a termine e passate dal cerchio di centrocampo, molte meno quelle passate dalle fasce dalle quali sono arrivati pochi cross, ma sempre pericolosi. Lazovic non a caso è stato per tutti i novanta minuti una spina nel fianco per la difesa del Bologna.
La volontà di attaccare per vie centrali e nello stesso tempo non scoprirsi, difendere con attenzione e garantire più copertura ha visto Hiljemark, Cataldi e Rigoni lavorare molto vicini cercando di fare densità e verticalizzare al momento per Simeone o Pinilla. In caso contrario, allargare sulle fasce è stata la soluzione più gettonata.
Sugli esterni del Genoa bisognerà sottolineare anche come, supportati da Izzo e Munoz, abbiano neutralizzato del tutto il Bologna sugli esterni d’attacco. I numeri della grafica proposta poco sopra lo testimoniano: ottimo lavoro di Lazovic per arginare Krejci (0% di attacchi sull’out di sinistra), buona prestazione anche di Laxalt con un cliente pericoloso anche dalla distanza come Verdi (13%).
Tirando le somme di quanto detto, bisognerà dire che se il fare punti salvezza passa anche dal sacrificio di chi dovrebbe spingere e trascinare la squadra, allora ieri il Genoa ha dimostrato di avere gli uomini per poterci provare. Rimane da lavorare – e molto – su calci da fermo e attenzione difensiva perché non sarà soltanto la perla di Ntcham ad allontanare tutti i fantasmi, ma lo scacciapensieri rossoblu tintinnerà ancora più forte con l’acquisizione di autostima e di un gioco corale che integri tutti nel minore tempo possibile. Quello di ieri, nel rispetto dovuto per ciò che è stato prima (e non ci si dimentichi che in tanti si erano strappati le mani per elogiare il gioco di Juric, gioco che diversi spunti concreti aveva fornito), è stato un Genoa ibrido. Un Genoa gambe e cuore con la testa e il morale ancora da riassestare: il punto col Bologna e i numeri che ne maturano non possono che fare ben sperare.
Di seguito proponiamo ai nostri lettori le statistiche generali della partita (che vedrete comunque riproposte e analizzate anche martedì sera, ore 23, su Antenna Blu durante la trasmissione “Genoa Inside”):