Chi sarà lo sceneggiatore, il regista che ogni giornata di campionato (27esima, ndr) s’inventa il ménage à trois tra Juventus, Roma e Napoli in testa alla classifica?
Nel sabato del villaggio fuori la Roma dalla corsa del titolo, “fuori dai giochi” anche per Spalletti. Il Napoli, dopo aver fatto fuori la Lupa a domicilio, spera nel secondo posto ma soprattutto nel ritorno con i blancos in Champions grazie al mini tridente ritrovato e ai giganti in panchina. Pavoletti, da Pavoloso a panchinaro fisso, è nel mirino dei social.
Tutti pensavano, durante i primi tempi della domenica, che potesse cambiare qualcosa visto la Juventus perdente ad Udine e il Palermo vincente contro il Torino, invece tutto si è confermato alla fine. La Juventus al primo pareggio stagionale ha aumentato il vantaggio sulla seconda e il Palermo del venditore di supermercati Zamparini, ormai alla frutta, ha perso per 3 a 1, con tripletta di Belotti: finalmente un italiano in testa alla classifica cannonieri.
Nulla di nuovo per quanto riguarda il mezzo ed il fondo della classifica. Solo l’Empoli trema dopo la sconfitta casalinga con il Genoa e per la corsa all’Europa trema un po’ anche l’Atalanta, malgrado il superbo torneo messo in piedi da mastroGaspe. Trema a 52 punti la Dea, non per il gioco e per i gol non incassati da 319 minuti o le reti da fare per l’inseguimento dell’Inter a 51 e del Milan a 50. Gasperini infatti non si fida di nessuno dopo l’esperienza in casa Genoa ai tempi dell’Europa.
Avrà l’occasione giusta per confermarsi nella prossima giornata di campionato quando scenderà a San Siro contro l’Inter.
Non c’è stato il Monday del calcio serale ma vi è stato quello mattutino e pomeridiano. A Roma si è infatti giocata una partita da 0 a 0, brutta e noiosa. Era quella disputata in Federazione Giuoco Calcio per l’elezione del Presidente della FIGC.
Per l’evento non si può parlare di registi o sceneggiatori ma di cuochi dopo aver sentito le dichiarazioni di voto non solo dei candidati ma anche degli altri aventi diritto, come irappresentanti di squadre, calciatori, arbitri. Triste che il calcio italiano continui ad essere non nelle mani, bensì manipolato, da questi “poltronisti” dell’immobilismo vòlto all’interesse di pochi.
I candidati erano due, Tavecchio e Abodi, ma le forchette o i forchettoni erano tanti, i soliti personaggi, senza nessun “aggiungi un posto a tavola”. Tavecchio è stato rieletto alla terza votazione, quando bastava il 50% dei voti, con il 54% dei consensi.
La speranza che dal vincitore venga messo in atto almeno un poco del suo programma elettorale nel quale la parola crisi, che dovrebbe essere il tratto di unione del Pallone con il Paese, sembra essere stata dimenticata.
Il carisma dei candidati è mancato e tutti gli elettori, dalle Leghe agli arbitri, hanno pensato solamente ai loro interessi dimenticandosi che il calcio, con un massimo di richiamo e attrazione, potrebbe cambiare non solo le sorti del pallone.
I cuochi non dovranno stappare un vino rosso imbottigliato da lungo tempo o un frizzantino già evaporato, subito appena stappato. Un consiglio a Tavecchio, a freddo: lui o chi per lui si trasferisca per qualche mese in Bundesliga per farsi spiegare la loro rivoluzione con il successo degli stadi, degli introiti e del pubblico. Tutto dovrebbe iniziare con una massiccia iniezione di capitali nel calcio giovanile e rendere più confortevoli gli stadi – anche senza costruirne nuovi – cercando di evitare la burocrazia e la politica, che non aspettano altro che il momento per essere protagonisti con divieti e cavilli, il tutto per non far dimenticare alle genti le magagne di tutti i giorni.
Basterebbe cedere per coprire i costi di ammodernamento i “naming rights”, i diritti di intitolazione degli stadi. Il Bayern ricava 6 milioni a stagione per 30 anni, il Borussia Dortmund ne ha incassati 68 in 17 anni. Tutti soldi anticipati per far tornare le persone e le famiglie a veder le gare dal vero.
Buon Lavoro Presidente. Sarà un lavoro difficile se non farà una rivoluzione e se resterà vicino alla dittatura con i suoi compagni di viaggio di lega, arbitri ed altri di voto. Che possa fare quel minimo che gli passa per la testa.
Capitolo Genoa. Nel segno di Mandorlini dopo 4 punti in 180’ più recuperi. Mandorlini non è un tipo da sgomitare o alzare la voce: ha accettato l’incarico di sostituire Juric attraverso l’aria della diffidenza e le inevitabili polemiche sul passato. Si è tirato su le maniche, che è l’unica cosa che conta nell’ambiente del Grifone, dopodiché è salito sul campo del Pio Signorini, si è messo a lavorare e i risultati sono davanti agli occhi di tutti.
Mandorlini è ancora alla ricerca di un Genoa che giochi da squadra e sarà risultato non scontato. Tutti devono correre, collaborare, ascoltare le indicazioni tattiche e metterle in pratica durante le partite. Un lavoro di gruppo da seguire con pazienza certosina dovendo cambiare tutto quello che era stato fatto dalla scorsa estate, anche non male.
Quando un tecnico inserisce Ntcham e quest’ultimo entra e spacca le partite non può che essere felice e dirsi soddisfatto, non tanto per la mossa azzeccata, quanto per ciò che può significare dentro uno spogliatoio: anche quelli che partono dalla panchina lo seguono.
Innanzitutto concretezza, nessuna presunzione: raggiunto il primo step non si dimenticherà anche di far divertire.
Adesso comunque la testa è per il Derby! Non sarà per l’ennesima volta per il Vecchio Balordo una città inglese o una corsa di cavalli che si corre a maggio a Epson. La prossima stracittadina non sarà nel segno di Marinho del ’57 con Abbadie regista, di Firotto-Corso-Leoni, i tre killer di razza Piave, e neppure nel segno di Nappi in Coppa Italia del 1996 oppure in quello di Eranio con musica di branco e regia di Bagnoli del 1990. Sarà un derby da grifoni, dentro e fuori dal terreno di gioco: bastava vedere, sentire la carica di Burdisso e compagni parlando di derby al termine di Empoli-Genoa. Ecco di seguito l’audio con le parole del capitano rossoblu:
Non ci si dimentichi mai che Benjamin Santos, allenatore argentino, dopo aver vinto la Coppa delle Alpi nel 1962 – se non sbaglio – disse:
“A Genova conta solo il derby. Se non lo vinci è come rapinare una banca ed accorgersi di aver portato via una valigia piena di stracci”