Genoa Atalanta 0 a 5. Altra giornata amara e di vergogna per i colori rossoblu, e questa volta dentro il Tempio. Giornata amara non solo sul terreno di gioco ma anche sugli spalti. Dispiace rifugiarsi in frasi fatte: mancano le parole per fare la cronaca dentro e fuori dal rettangolo verde e persino per fare un’analisi che non risulti da psichiatra piuttosto che da addetto ai lavori. “Anche la sfortuna si può meritare“.
“Abbiamo raccolto per quanto abbiamo seminato”. Non possiamo aggiungere “Genoa a casa” perché mancano 8 giornate al termine della stagione: sicuramente dopo il botta e risposta tra ultrà centrali della Nord e Preziosi chi vuole bene al Vecchio Balordo dovrà cercare e trovare una soluzione. Il vecchio slogan degli anni ’70 utilizzato per le giuste campagne delle femministe (“l’utero è mio e lo gestisco io“), non è applicabile nel calcio, né da una parte né dall’altra delle barricate. Sul campo tutto cambierà: è arrivata l’ora da parte di tutti coloro che sono piatti e senza sangue di fare i conti con la famiglia Preziosi.
Notiziario: terreno in cattive condizioni considerate le innumerevoli scivolate dei calciatori per negligenza degli stessi: dopo mezz’ora di riscaldamento, la colpa è di non aver azzeccato i tacchetti o dello stato del terreno di gioco? Preziosi solo seduto centralmente in tribuna d’onore. Imposto a Fabrizio di non andare in panchina.
Da solo contro tutti, con molte foto sull’accaduto scattate dal Joker. Presente Oscar Damiani. Spettatori paganti 1.860 di cui 929 bergamaschi. Striscioni capovolti per protesta. Nella nord ricoperta tutta la balaustra con uno striscione: “Il Genoa non ha padroni, il Genoa è dei genoani”. Sempre nella Nord: “Gianni siamo tutti con te”, “Ciao Matte Vecchio Cuore rossoblu”, “Ciao Lucia”, “I carruggi”. Nei distinti “Benvenute Rachele e Matilde FdG”. Gasperini, ad inizio gara, confuso dagli applausi, ha sbagliato panchina ed è stato richiamato da Gritti.
Dopo le parole pre-partita di Mandorlini e i primi 20’ di gioco si è pensato che anche il Vangelo della 5° domenica di Quaresima “Lazzaro alzati e cammina” si potesse accostare, non cucire sul petto, al Vecchio Balordo. Due tiri di Rigoni e Simeone a fare barba e capelli ai pali di Berisha rincuoravano chi era venuto a vedere la partita e non la contestazione.
Al 24’ il gol di Conti in rovesciata da Copacabana, neanche contrastato da dietro da Gentiletti con uno di quegli anticipi da scuola calcio, spegnava la luce e improvvisamente tutti i calciatori rossoblu avevano la paura di togliere la ragnatela dal soffitto per paura che cadesse.
Le novità annunciate e studiate da Mandorlini (“cambierò qualcosa rispetto al solito”, “abbiamo provato diverse soluzioni”) sono andate subito in soffitta. L’unica funzionante, non per colpa di Lamanna accantonato per scelta tecnica (con qualche consiglio di qualche senatore in rosa?), è stata quella di Rubinho. Rubinho aveva giocato due gare negli ultimi quattro anni a maggio del 2013 e del 2014 sostituendo Buffon, e si è subito presentato bene dopo 22’ di gioco, prendendo il solito palo con la testa, salvando il risultato dal punteggio tennistico.
Quisquilie di cronaca dal momento che la tentazione sarebbe di fare un copia incolla delle due precedenti gare perse dell’era Mandorlini. Dopo il gol della Dea riflessi spenti, nervosismo, insofferenza, fiato corto per qualcuno, intelligenza svanita e naturalmente scarsa qualità. Tutto condito con errori che in difesa neanche fanno nelle scuole calcio (si vedano Munoz, Burdisso e Gentiletti), con corse a vuoto nel cuore del gioco, poca intensità, nessun di cambio passo e frequenza .
Sul piano tattico, eccetto i primi 20’ minuti, lo schema di gioco è stato quasi indecifrabile e come le altre due sconfitte non ha prodotti risultati. A seguire dopo il gol della Dea, errori collettivi di posizione e interpretazione, movimenti sbagliati nella fase di non possesso. Gasperini, conoscendo i suoi polli e non i grifoni rossoblu, ha sferrato il KO tecnico facendo muovere la squadra senza pallone, senza dare punti di riferimento, condendo tutto con la mossa di Gomez a destra.
Le insufficienze difensive, della corsia di sinistra senza incontristi come a Milano, facevano arretrare coloro che dovevano produrre gioco e l’unica arma era il pallone lungo, difficile da chiamare “ricerca della profondità”. Catenaccio e contropiede non sono vocaboli spregiativi se si usano in modo corretto. Ma tutto non può ridursi al non prenderle e al far cadere il castello di pongo dopo il gol avversario.
Detto del primo gol regalato per mancanza di marcatura ferrea e del rigore dubbio di Burdisso saltato come un birillo da Petagna, Mandorlini all’inizio del secondo tempo ha capito di doversi sottrarre alle lusinghe – sempre sconsigliabili anche se comprensibili – della fama e ha cominciato a cambiare immettendo Hiljemark per Gentiletti, sempre a disagio a giostrarsi nella difesa a tre, spostando Izzo in difesa. A seguire ha osato, impiegando Morosini e Beghetto, giovani specializzati in determinati ruoli per cercare di rimettere in piedi una squadra squilibrata e monca in attacco, dove Simeone e Pinilla non trovano l’accordo. Entrambi non hanno cambiato la musica, ma si sono visti due cross pennellati di Beghetto e la grinta e la voglia di Morosini nel cercare soluzioni anche con palloni inattivi
La speranza di un gol, anche fortunoso, poteva farsi strada e rianimare la gara, invece ci pensava Pinilla a rovinare tutto con un fallo da ammonizione su Berisha e relativa mandata a quel paese. A quel punto l’espulsione da parte dell’arbitro per completare l’opera di spegnimento di qualche timida velleità rossoblu di ripresa. Genoa in difficoltà già 11 contro 11, figurarsi in inferiorità numerica. E a tutti i difetti elencati bisogna aggiungere gli errori su palloni inattivi dove manca il senso di posizione e la capacità di contrasto.
A questo punto show e monologo dell’Atalanta di Gasperini. Bello il G&G fatto di triangoli e rombi con uno spartito visto nei tempi migliori del tecnico di Grugliasco al “Ferraris”. Tra Rubinho, altre due parate e i remi tirati in barca dalla Dea non si è assistito ad un altro record di gol incassati del Vecchio Balordo nel Tempio da tumulare nella sua storia. Bravo il Gasp a sfruttare tutti gli errori del Grifone conosciuti in qualche protagonista da tempo.
I quasi trenta punti di differenza tra l’Atalanta e Genoa si sono visti tutti, ma nei primi venti minuti quando il Genoa ha giocato con coraggio non si sono notati. Il guaio che dopo il gol avversario, con il morale in disordine, non difendendo più nulla, l’autostima si affloscia.
Le lezioni precedenti non hanno contato nulla, non sono state messe a frutto e allora non possiamo altro che temere il peggio. Vero che non sarebbe né onesto né ammissibile se qualcuno riuscisse nell’impresa di far giocare al Grifone la retrocessione.
Alla fine vi è stato il terzo tempo, altra pagina nera del Genoa, che non vogliamo commentare perché documentato già ieri (clicca qui). Non lo facciamo per paura, perché ognuno deve tirare le proprie conclusioni anche senza voler fare l’esame di coscienza. Proviamo piuttosto a raccontare i fatti, che dovrebbero essere le verità dei giornalisti. Non sono i tempi giusti per innestare sulla cronaca le storie, le analisi, le opinioni. È il momento dei fatti, da parte di tutti, e senza i fatti non verrà a mancare soltanto il giornalismo.
Gli ultras hanno aperto gli striscioni e le ugole contro il Presidente, il Joker a sua volta ha replicato ma anche detto a chiare lettere quello che pensa su alcune fake news che circolano intorno al mondo finanziario del Vecchio Balordo, sull’impiego di Simeone e Pinilla contemporaneamente, sulla vendita della società.
Mandorlini graziato ancora per una settimana? In un’ora di colloquio con il Presidente avrà capito che deve cambiare modulo, uomini, affidarsi ai giovani sgombri di testa e che bisogna sfruttare l’unica qualità sulla trequarti che ha attualmente la rosa a sua disposizione?
Se lo farà “il possibile è stato fatto, l’impossibile (quasi), per i miracoli bisognerà organizzarsi”. Operazione che non faranno tutti quelli che erano imbarcati sul Titanic di ieri al “Ferraris”, tutti con il sorriso sulla bocca per la contestazione al Presidente, per gli errori dei calciatori e neanche goduriosi al gol di Borriello a Palermo, che potrebbe valere un altro anno di serie A.