Intorno alle 10,30 di questa mattina è cominciata a circolare la notizia della condanna in primo grado per Armando Izzo, costretto a subire una squalifica di un anno e mezzo. L’attesa, come ci aveva già confermato anche il legale del difensore rossoblu, Antonio De Rensis, era solo quella delle comunicazioni ufficiali da parte del Tribunale Federale, arrivate intorno alle 12,30 e leggibili al link seguente (clicca qui).
Dal testo diffuso mediante il sito della FIGC, si apprende quanto segue, oltre alla condanna a 18 mesi di squalifica e al pagamento di un’ammenda di 50mila euro:
“Con riferimento al deferito Armando Izzo, il Collegio ritiene che la sua posizione sia difforme da quella prospettata dalla Procura Federale nel proprio atto di differimento. Ció, in quanto, le risultanze investigative fanno emergere una posizione alquanto ambigua, a metá fra colui che non é in grado di divincolarsi dai legami e dalle frequentazioni legate al luogo di nascita ed ai vincoli di parentela/amicizia, ma che, nello stesso tempo non é pronto ad assecondare pedissequamente le richieste del clan Vinella Grassi.
In altri termini, partendo, in astratto, dal presupposto che l’Accurso ha dichiarato in atti che l’Izzo é un loro parente e che il clan poteva contare sul suo aiuto, appare non verosimile la circostanza che tutta l’organizzazione materiale della combine venga gestita dal Pini, ivi compresa la dazione materiale delle somme di denaro, la loro distribuzione, e che sia il Pini a fare da tramite fra l’organizzazione camorristica e lo stesso Izzo.
Dagli atti emerge, poi, che i primi contatti avvengono esclusivamente fra il Pini, il Millesi e gli esponenti del clan, al fine di provare ad alterare la partita Avellino – Trapani. L’accordo sembra non realizzarsi, ma non si comprende per quale motivo l’Izzo non sia stato contattato anche per quella partita, dal momento che lo stesso, secondo quanto dichiarato dall’Accurso, non avrebbe avuto problemi a partecipare all’accordo e, quindi, anche alla trattativa.
Sotto altro profilo, poi, non sembra verosimile la circostanza che l’Izzo non fosse in grado di convincere il Millesi in quanto persona troppo giovane all’interno dello spogliatoio; non si comprende, infatti, per quale motivo ció che ha posto in essere il Pini, soggetto apparentemente estraneo, legato da un mero vincolo di amicizia al Russo, non avrebbe potuto essere realizzato dall’Izzo – che avrebbe potuto anche utilizzare il metus derivante dalla parentela con soggetti appartenenti al clan – che si era giá reso ampiamente disponibile (in tale ottica rientrerebbe anche il presunto approccio avvenuto con Pisacane).
Dagli atti emerge, invero, che il Pini, nelle sue intercettazioni, non fa mai indiretto riferimento ad Izzo, ma sempre e soltanto al Millesi; il coinvolgimento di Izzo lo si rinviene, oltre che nelle dichiarazioni di Accurso e (successivamente) di Pini, per la prima volta a seguito del suo intervento alla cena del 14 maggio 2014.
Dalla disamina degli atti si evince che Izzo interviene alla cena del 14 Maggio presso il ristorante “La Casereccia” solo a serata inoltrata, invitato, a quanto pare, dall’Accurso, e, secondo quanto emerge dagli atti, rimane anche sorpreso della presenza del Millesi. Orbene, tali circostanze si inseriscono in un quadro illecito giá delineato, che vede protagonisti il Pini ed il Millesi e non si rinvengono ulteriori elementi utili su come l’Izzo abbia potuto influire o partecipare all’accordo illecito. Non emerge, neanche ricorrendo a presunzioni ovvero indizi gravi, precisi e concordanti, alcuna significativa attivitá di convincimento posta in essere nei confronti di altri giocatori, ovvero attivitá concrete volte ad alterare il normale andamento della gara attribuibili all’Izzo, neanche dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia e del Pini.
Né, dagli atti emergono contatti, prima della disputa delle gare fra l’Accurso e l’Izzo ovvero fra il Russo e l’Izzo, cosa che, invece sarebbe stata altamente probabile, tenuto anche conto dei rapporti in essere fra i predetti soggetti così come descritti dall’Accurso.
Con riferimento, poi, alla partita Avellino – Reggina, dal contenuto delle intercettazioni sembra emergere che l’Izzo che, come ha avuto modo di sottolineare il Pini – viene definito “l’ignorante” – non avrebbe dovuto sapere nulla della raggiunta combine perché, citando testualmente il contenuto dell’intercettazione, “mi ha detto il mio amico perché è solo una cosa loro sei senatori, dei grandi senza ragazzini hanno fatto”.
Tale circostanza, essendo stata manifestata in tempo reale, sembra escluderlo dall’accordo posto in essere.
Tuttavia le sue conviviali partecipazioni ai due incontri che precedono Avellino – Modena ed Avellino – Reggina, anche in ragione del rapporto in essere fra l’Izzo e gli altri componenti delle cene, inducono logicamente a ritenere che lo stesso fosse ben informato dei motivi degli incontri e delle finalitá ad esso correlati, non potendo essere verosimile la circostanza che, in presenza di Izzo, gli stessi si siano astenuti dal parlare del principale oggetto dei loro incontri. Infatti qualora gli stessi avessero voluto tenere l’Izzo all’oscuro delle trame illecite, di certo avrebbero evitato di invitarlo agli incontri.
La reticenza mostrata dall’Izzo, poi, nel negare fatti e circostanze che, invece, si sono rivelati quali realmente accaduti (vedasi documentazione integrativa depositata dalla Procura Federale in data 27 febbraio 2017), inducono a ritenere raggiunta quantomeno la prova della sua effettiva conoscenza dei tentativi in atto volti ad alterare il normale andamento della partite in questione e, pertanto, si ritiene che la sua condotta illecita debba essere individuata nella fattispecie prevista dall’art. 7, comma 7 del CGS, non risultando, allo stato degli atti – sufficientemente provata la piú grave responsabilitá contestata dalla Procura Federale (sulla possibilitá di riqualificare i fatti contestati dalla Procura Federale vedasi, per tutte, Trib. Fed. Naz. – Com. Uff. n. 17 del 20 agosto 2015)”.