Cercando e ricercando su siti di statistica e non, nella traballante stagione del Vecchio Balordo una costante vi è stata e vi è tuttora: l’aggressività in campo da parte dei rossoblu. Ora, il termine “aggressività”, se trasportato sul rettangolo di gioco, può avere decine di declinazioni ed essere frainteso. Di certo – ed è sotto gli occhi di tutti – la formazione rossoblu ha disputato partite più gagliarde, altre meno, e sicuramente il Genoa di inizio stagione non è stato il Genoa di metà stagione e, in parte, non è neppure il Genoa di adesso.
Nonostante il percorso tortuoso, il fatto che la squadra di Juric e della breve parentesi Mandorlini abbia mantenuto estrema costanza in materia di aggressività, cartellini sventolati e falli commessi la dice lunga sull’input che i calciatori avevano ricevuto a inizio stagione, fin dalle prime sedute sul campo di Neustift. Non a caso nel gioco di Juric risultano fondamentali il recupero del pallone e il pressing al punto che, inevitabilmente, ci si espone a “rischi”, come quello di risultare la squadra più fallosa del campionato. In casa peraltro il Genoa non ha eguali: con 41 cartellini gialli e 5 rossi (per un totale di 46 sanzioni, ndr) è la migliore formazione di Serie A a far valere la propria aggressività sul proprio campo di casa.
Anche in questo caso, sulla natura e sull’origine di tutte queste 46 sanzioni arbitrali si potrebbe molto dibattere e senza ombra di dubbio, in mezzo, troveremmo falli tattici, interventi sanzionati con troppa leggerezza, sviste arbitrali o errori dei singoli, come ad esempio la protesta di Pinilla contro l’Atalanta (poi sanzionata col pugno duro dal Giudice Sportivo). Il dato rimarrebbe comunque e segnalerebbe il Genoa come una squadra sulla carta propensa al duello fisico, alla battaglia, alla lotta.
Da segnalare anche come il Genoa, in Europa, sia la seconda squadra per falli commessi a partita in casa (16,6), seconda solamente agli spagnoli del Leganes. Estendendo il dato sia alle partite casalinghe che a quelle in trasferta, il Grifone è invece terzo (16,5) dopo Leganes e Amburgo. Sicuramente siamo a parlare di un mix di dati e numeri, di statistiche che compendiano l’era dei 24 punti conquistati e quella degli altri sei che non permettono al Vecchio Balordo una classifica migliore di quella attuale.
A detta di tutti, la prima parte di stagione aveva saputo regalare un buon binomio tra aggressione alta dell’avversario e lunghi tratti di partita dominati in fase di possesso e di gestione del gioco: era un Genoa che piaceva, che faceva sentire di essere comunque sempre in partita. Poi il capitombolo col Palermo – che per restare in tema è la squadra più fallosa dell’intera Serie A con 94 sanzioni (85 gialli e 9 rossi, ndr) – e le buone prestazioni in trasferta con Inter e Torino perse sotto le sferzate degli episodi. E poi ancora l’epopea dei calci piazzati, quella dell’esonero e dell’avvicendamento Mandorlini e, infine, il ritorno in medias res del Pirata. Più storie in una storia sola chiamata “Serie A 2016/17”.
Tra un capitolo e l’altro, come si è detto, qualunque genoano troverebbe la matrice dell’aggressività, talvolta efficace e frutto di un’idea di gioco ben chiara e delineata, talvolta conseguenza del nervosismo e dell’agonismo e per questo stesso motivo poco proficua per tutta la squadra. Contro il Chievo urgerà quindi ritrovare la parte più sana e funzionale di questa peculiarità del Genoa made in Juric e sarà utile farlo perché l’avversaria, il Chievo, non è squadra che si tiri indietro facilmente. Già all’andata fecero di tutto per blindare Rigoni con Castro: volarono calci e marcature ad uomo e al ritorno non dovrebbe cambiare lo spartito.
E se lo spartito resterà lo stesso, al “Bentegodi” si vide pure una mezz’ora di grande Genoa, nel finale di partita: baricentro alto, linee di passaggio clivensi chiuse e recupero palla sugli esterni dove imperversavano Lazovic e Ninkovic (quella di andata fu l’unica partita che Laxalt avrebbe saltato in questa stagione e la più che probabile presenza dell’uruguaiano potrebbe rivelarsi una chiave tattica non da sottovalutare al ritorno, ndr). Il Vecchio Balordo trovò in almeno due occasioni un grande Sorrentino e sbattè contro la traversa tornando da Verona con qualche recriminazione, pur sapendo che Birsa aveva sbagliato un rigore sparandolo in curva. Il Genoa tornava in Liguria a quota 20 punti in classifica: in un girone, di lì in avanti, ne avrebbe fatti solamente altri dieci.
Insomma, nel momento più importante della storia recente del Genoa è doveroso ripartire da quei tratti caratteristici che devono rappresentare la squadra rossoblu. L’aggressività è forse uno di questi, ma se ne dovrà fare buon uso.