Se fa il suo dovere, di lui non si accorge nessuno, ma tutti lo notano se sbaglia: il portiere c’è o non c’è. Il ruolo più controverso, attraente, contraddittorio del gioco del calcio.
Dopo aver parato il rigore a Candreva, le feste subite da Lamanna sono state tante quante quelle di un goleador e questo episodio mi ha fatto scrivere queste righe pensando che il numero uno sta dentro, ma osserva da fuori, e che se non fa miracoli chiunque non sia mai stato tra i pali di una porta lo giudica cercando di dire se poteva o non poteva parare.
Quando si giocava nel campetto della parrocchia o per strada, penso da tutte le parti e non solo al Lagaccio o Borgoratti dove sono cresciuto, i più scarsi andavano in porta e qualcuno faceva l’arbitro. Era semplice il ragionamento che facevano tutti: meno sei calciatore, più sei portiere.
In modo rispondente, mi pare di dover dire che meno forte è la squadra, più il portiere ha la possibilità di mostrare le sue doti. Vero che un portiere si esalta anche quando non prende gol grazie a una squadra che difende su tutti i palloni, che sente di dover tenere inviolata la sua porta: un portiere queste sensazioni le vive e accresce la sua autostima partita dopo partita.
Ma tornando sul punto precedente, sono dell’idea che la forza di un portiere venga esaltata anche dalle debolezze di una squadra. Se sei decisivo e indirizzi le partite, doppio plauso perché significa che sei capace di isolarti dai problemi che la squadra si porta con sé dalla cintola in su e di sopperire alle mancanze, fisiologiche, che una squadra può avere nel corso di una stagione.
Il pubblico, i tecnici e i compagni sono più propensi a lodare il portiere avversario per affermare la superiorità del proprio gioco, dei tiri, e invece il numero uno sta in alto quando i compagni stanno in basso.
Il portiere quando non fa un prodezza straordinaria, spunta solo se prende gol e se non para. In una partita normale si parla del portiere se è mancato alle attese l’8 in pagella, e per prendere questo “otto” deve fare tre miracoli, mentre per prendere 4 gli basta un semplice errore.
Il destino dei numero uno, diceva un ex rossoblu tra i pali come Girardi, “viene sempre messo nel mezzo e se ne parla solo se quest’ultimo manca o non para“. Dicono, per altro, che portieri si nasce e difficilmente si può cambiare il proprio destino. Portieri si diventa per colpa dei familiari, della scuola, degli amici. Essere portieri vuol dire essere un po’ pazzi, perché un po’ pazzi bisogna esserlo per giocare nel ruolo più pazzo del gioco del calcio.
Anche se non dimostrano al di fuori questa vena di follia, la devono avere dentro, perché se non la si ha non si può accettare di trascorrere un’intera vita agonistica tra i pali, sempre sotto una particolare tensione emozionale, e di essere messo in luce positivamente o negativamente per colpa di un solo gesto in 90’ di gioco.
Tra i pali il portiere sembra passivo. In realtà non è così che la si deve pensare dal momento che la sua interpretazione delle giocate avversarie, adeguandosi con massima rapidità ai cambiamenti avversari e progettando la mossa con un mix di riflessi, intuizione e anticipazione, modificando magari le proprie decisioni in corsa nella prospettiva di salvare la porta da un gol, è fondamentale. Peccato venga calcolata solo nel male, mai nel bene.
Sui portieri si fanno varie categorie, ma la principale distinzione è quella tra ultimi difensori “esibizionisti” ed “essenziali”. Lamanna in alcune partite è talmente ermetico che riduce la sua presenza a pura partecipazione. In alcuni momenti sembra che non voglia concedere nulla agli spettatori, e di riflesso anche a se stesso e a tutti coloro che pensano e vogliono giudicarlo. Sembra un martire e solo quando para i rigori tutti si accorgono di lui. Chissà se la patisce questa situazione.
I movimenti di Lamanna sono da scuola del calcio e giocare nel Genoa del 2017 non l’ha sicuramente aiutato a risolvere i conflitti dell’anima. Basta un’uscita sbagliata, un rimpallo, un errore di valutazione per essere giudicato male. Questa volta Eugenio, dopo la parate in Genoa-Inter, passerà alla storia rossoblu del campionato 2016/2017 per il rigore parato a Candreva.
Quando tornerà ogni volta tra i pali per caricarsi dovrà ricordare: con quella parata ho salvato il Vecchio Balordo dalla B.