Dopodomani partirà il campionato 2017/2018 dei nuovi cinesi, della prima del Benevento, del ritorno della Spal dopo 50 anni, del Var e delle novità sugli orari delle partite comunicati dopo la fine settembre quando i diritti tv 2018/21 dovranno dare una soluzione al calcio italiano.
Per la Juve in apnea parla la storia non solo recente; il Napoli ci prova non cambiando una pedina rispetto allo scorso campionato, e così anche il Milan e l’Inter cinesi, monitorate giorno dopo giorno dopo la rivoluzione di squadra e società dietro le scrivanie (per l’Inter anche dello staff tecnico, ndr). La Roma arrivata seconda non è riuscita a fare il salto estivo: ad oggi mancano due settimane alla fine del calciomercato e la borsa americana dovrà aprirsi perché del gioco di Di Francesco il nuovo tecnico ancora non ha fatto vedere quasi nulla. Sempre paragonato in passato a Zeman nelle uscite estive, l’ex tecnico del Sassuolo sembra aver dimenticato Zemalandia.
Lavori in corso per tutte le squadre, anche per le sopracitate che dovrebbero giocarsi lo scudetto. Figurarsi per quelle che resteranno fuori da questa lotta. Lavori in corso per un campionato che inizia falsato. Troppe due giornate di anticipo prima della chiusura del calciomercato: sei punti in palio sono troppi e troppo importanti e peseranno sul risultato finale della classifica da giocare tra squadre che potrebbero cambiare radicalmente, nel girone di andata, già alla terza giornata. Ci eravamo abituati allo stop del mercato dopo una giornata di campionato, due sono troppe.
Il calciomercato doveva finire domani alle 23 di domani, se non prima: magari ad inizio agosto. Gli allenatori dovevano lavorare con le rose definite. Le società che avevano operato bene si godevano i frutti del lavoro. Quelle che avevano sbagliato acquisti dopo tre mesi – falso l’inizio del 1 di luglio della Kermesse Samarcanda – avrebbero dovute cercare soluzioni di ripiego in campo. Tutto ciò avrebbe fatto vedere anche il talento di un allenatore nel raddrizzare un progetto tecnico imperfetto o nel reiventare un calciatore in un ruolo scoperto, senza passare dal calciomercato. Tutto ciò avrebbe ridato fascino e attendibilità al calcio italiano.
A questo puto invece tutto diventa difficile perché il calcio italiano è un Vecchio Scarpone. Siamo un paese vecchio, in politica così come nell’economia e nella professione: cariatidi alla TV. Col solo rock vecchio a salvarsi. Siamo un calcio vecchio che odia i giovani e poi ci stupiamo se un allenatore non li schiera. Nel calcio italiano l’inesperienza è una colpa atroce, l’unica mai derubricata prima dai Presidenti, ora dai Fondi. Tutti a primavera parlano di rivoluzione, programmazione, giovani, ma regolarmente al primo allenamento prevale anche per i tecnici la paura inconscia del futuro, il terrore della classifica e del risultato, l’ignoto e il crollo delle certezze.
Lo affermo e scrivo con dispiacere: tutto ciò sembra accadere anche al Genoa. Difficile capire ad oggi la campagna acquisti e vendite del Genoa. Il Vecchio Balordo, come tutte le altre società – tranne qualche eccezione, forse 10/12 in Europa – negli scorsi calcio mercato si mangiava il maiale prima di averlo partorito. Ossia si faceva anticipare dalle banche i diritti della Lega prima della stagione. Poi con le plusvalenze del calciomercato provava a compensare le perdite della stagione operativa in deficit.
Preziosi o chi verrà – e gli altri Presidenti in ambasce per i diritti TV in discussione per il triennio 2018/2021 – sono consapevoli che il merchandising e i biglietti allo stadio non coprono neanche il 50% delle spese correnti e non si capisce se quella di invecchiare per fare buoni risultati sia una strategia. Come potrà andare avanti il meccanismo delle plusvalenze? Inceppandosi, quale sarà il futuro?
Ritornando al calciomercato italiano, non solo al capitolo Neymar, non si vedevano cifre così alte da tempo malgrado la situazione finanziaria non sia migliorata in tutte le società, fatta eccezione per la Juventus e il Chievo, selezionate tra le formazioni che stazionano almeno da 10 anni in Serie A.
In molti si stupiscono perché un calciatore costa 30 milioni e un altro da uguali risultati – se non migliori – ne costa 15. Simeone docet. I 15 milioni arrivano tutti, i 30 di qualche altro difficilmente perché per compensare bilanci e plusvalenze vengono scambiati con un altro calciatore che ne costerebbe 5 ma schizza a 15 milioni.
Per quanto riguarda il Grifone, l’operazione Tonelli è naufragata. Arriva Rossettini: nulla da togliere all’ex Torino ma le caratteristiche sono diverse. Tonelli è la copia di Izzo: veloce sul breve e nelle letture preventive. Rossettini al contrario ha le caratteristiche di Gentiletti e Spolli, giganti in mezzo all’area che dovranno lavorare molto per far uscire il pallone velocemente dalla difesa e verticalizzare. Juric studierà qualcosa per non fare gestire spesso ai suoi difensori l’uno contro uno in velocità.
Preziosi, Juric e i procuratori che hanno alimentato il calciomercato genoano – e non lo dicono i bravi o Don Abbondio – dovranno trovare ora l’assaltatore, il cattivo nel cuore del gioco, il recuperatore di palloni, quel qualcuno che faccia legna e liberi la qualità di Veloso e Bertolacci. Nella rosa del Genoa due con queste caratteristiche ci sono. Cofie, come in tutti i campionati poco considerato ad inizio stagione, e Omeonga, per adesso troppo giovane, come già detto in precedenza. Il sogno è Sturaro, considerato che il sanremese con l’arrivo di Matuidi alla Vecchia Signora farebbe tanta panchina.
L’altra operazione calda per la prossima settimana è Laxalt, a meno che dopo aver incassato 100 milioni di plusvalenze Percassi e l’Atalanta non decidano di dare una lezione agli ammutinati del calcio italiano lasciando Spinazzola in panchina. Se uscirà Laxalt, Mastro Juric si sarà portato senz’altro avanti nel richiedere il sostituto e potrebbe cambiare senza le treccine uruguagie la difesa a tre con una a quattro.
In attesa delle nuove regole, del nuovo calciomercato, dell’insurrezione del pallone italiano gonfiato e senza euro, godiamoci queste due prime, strane giornate di campionato con la speranza, molto remota, di vedere in futuro Alì Babà e i 40 ladroni fuori dal calcio italiano.
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