Esperienza da giocatore prima e da allenatore poi, Aldo Agroppi era il profilo migliore da intervistare per continuare la raccolta di opinioni e riflessioni su Nazionale e campionato italiano, con un occhio di riguardo anche alle sorti del Genoa. Vincitore di un Torneo di Viareggio con le giovanili del Genoa nel 1965, vanta due presenze con la prima squadra rossoblu (e una rete contro il Monza in Coppa Italia, ndr) e non prosegue in rossoblu soprattutto per l’avvento di Amaral sulla panchina del Genoa, importatore del calcio a zona. “Non aveva i calciatori per farlo, noi giocatori di calcio avevamo caratteristiche da marcare a uomo” ci racconta Agroppi, che rispolvera anche l’incidente mortale che colse l’attuale tecnico Beniamino Santos (l’anno prima al Torino, ndr) e la retrocessione, maturata comunque con un buon gioco da parte della formazione rossoblu. La sua carriera partì ad ogni modo da Torino, lì dove presto fece ritorno giocando oltre 210 partite con la maglia granata e divenendo uno dei simboli della rinascita del Toro nei primi anni Sessanta. Ecco di seguito la nostra intervista all’ex centrocampista e allenatore.
In un suo libro dal titolo “A gamba tesa – Frustate e qualche carezza” si parla nella prefazione di lei come di una persona che fa uso di “democratica imparzialità”. Dovesse farne uso anche adesso, che giudizio darebbe alle due prestazioni della Nazionale italiana contro Spagna e Israele?
La partita contro Israele non ho avuto modo di vederla. Ho visto però quella con la Spagna perché era uno scontro diretto importante, e che sarebbe stato un suicidio giocare con quella squadra fuori casa, nello stadio del Real Madrid, contro una formazione più forte, questo lo hanno detto in molti, ma dopo. Io l’avevo detto già la mattina al bar. Così è stato. Si è giocata una partita e se ne è avuto un quadro: dopo è facile giudicare. Ma si dicano prima le cose: io sono abituato a dirle prima e l’esperienza mi diceva che quella formazione allestita da Ventura era un po’ così sprovveduta, a rischio. Di fatti è andata come abbiamo visto tutti.
A tal proposito, magari lei lo sa: ma Criscito è morto? No, perché se sta bene continuano a far giocare a sinistra terzini adattati, mentre lui è terzino sinistro vero, che ha soli 31 anni, ed è l’unico giocatore vero capace di giocare sulla fascia sinistra. Noi dobbiamo guardare di mandare in campo una squadra migliore e ogni volta bisogna adattare un terzino destro a sinistra, che sia De Sciglio o Darmian, quando si ha un mancino naturale? Ma cosa si cerca? Siamo l’Italia, la scelta c’è. Ma gli allenatori, si sa, prendono le cotte come gli innamorati: ricordo che Lippi non convocò Panucci, miglior terzino italiano, e chiamò Zaccardo per il Mondiale. Ed è tutto dire: ognuno vede il calcio a modo suo perché ormai è diventato di tutti, non costa niente ed è una dimensione in cui tutti possono dire la loro.
Come vede l’Italia agli spareggi? Questa Nazionale merita, ad oggi, l’accesso alla Coppa del Mondo?
Intanto qualifichiamoci. Poi per tutti i tecnici è sempre la stessa minestra. Da Prandelli a Ventura, gira che ti rigira, i giocatori sono quelli e fuoriclasse non ne abbiamo. Andiamo ai Mondiali e vedremo cosa verrà fuori: non dimentichiamoci di non sopravvalutare questa Nazionale. Si tratta di un gruppo giovane, che dovrà giocare al massimo per ottenere un buon piazzamento. Se si considerano le squadre che hanno vinto in Germania (2006, ndr) o in altri anni, chiaro che erano tutta un’altra cosa. Oggi fuoriclasse non ce ne sono.
Da osservatore, secondo lei cosa ci dirà questa Serie A? C’è qualcosa che l’ha colpita in particolare di questo campionato, nel bene e nel male?
Se mi chiede un pronostico, le dico che i pronostici sono fatti per essere smentiti. Non si può sapere chi vincerà. Sono attrazione teoriche. Chiaro che quattro o cinque si presume siano quelle più indiziate per vincere lo scudetto, ma oggi come si fa a dire se lo vincerà una o lo vincerà un’altra? Ci saranno infortuni, rigori dati o non dati. Non si può dire al momento, o quantomeno io non lo so.
Del Genoa che idea si è fatto?
Il Genoa avrà da lottare per salvarsi, come l’anno scorso, perché giocatori forti non ne vedo. Ha calciatori di buona levatura, che dovranno essere tutti uniti nello sforzo e nel sacrificio. Se si aspettano risultati per le giocate di un fuoriclasse, questo non accadrà. Mi auguro che Juric, un ragazzo bravo e umile, che è riuscito l’anno scorso a salvare la squadra, possa rifarlo anche quest’anno. Visto il mio passato e partendo dal fatto di aver vestito quella maglia, spero si salvi: a mio avviso sarà una lotta. I traguardi di questa società sono ben chiari: non si può, ad oggi, andare oltre la salvezza.
Anche alla luce del tanto criticato 4-2-4 adottato dal c.t Ventura contro la Spagna, resta dell’idea che gli allenatori incidano sulla prestazione di una squadra per un 25/30% oppure questa percentuale, negli anni, è andata ad aumentare?
Gli allenatori vi hanno rimbecillito coi numeri, coi moduli: sembra che giochino a tombola. I moduli non vincono. Vincono i calciatori bravi. Sono loro che esaltano i moduli, che li inventano in campo, sul momento. Non si può pensare: “quel modulo poi in campo avrà rispondenza totale”. A volte vedo delle grandi ammucchiate e mi domando: “ma quello lì che modulo è?”. Magari parliamo di una squadra che è in vantaggio e si chiude perché magari è più piccola, gioca in trasferta ed è in vantaggio, motivo per cui si chiude davanti al portiere, al limite dell’area di rigore mentre gli altri vanno all’arrembaggio. Che sembra quasi di essere tornati ai tempi di John Wayne. Questo per arrivare a dire che i moduli non servono.
Per l’ennesima volta vi racconto che Trapattoni, quando lo incontrai molti anni fa, mi disse che i moduli li inventava Platini quando aveva la palla tra i piedi. Più difficile quando il pallone era tra i piedi di Bonini. Aveva detto una sacrosanta verità. Ma questo perché bisognerebbe domandarsi che cosa voglia dire modulo. Anche quando giocavo io c’erano, ma non si dava loro tutta questa importanza. Non c’era il giornalista che non faceva l’articolo perché non sapeva con che modulo si giocava.
Un giorno mi telefonò un giornalista e mi chiese: “cosa ne pensa del fatto che Ancelotti domani giocherà con l’albero di Natale?”. Risposi che ero nettamente contrario e che di solito giocavo con l’uovo di Pasqua. Tanto per dire una cazzata. I moduli li inventano Cristiano Ronaldo, Messi, Ibrahimovic, li inventavano Van Basten, Del Piero, Totti. Sulla lavagna i moduli ritornano sempre, ma se sul campo non hai i giocatori bravi non servono a niente.
Anch’io davanti alla lavagna non perdevo mai: poi andavo in campo e perdevo spesso. Diamo importanza ai calciatori bravi, capaci di esaltare con le loro giocate. Ma perché, Ronaldo in che modulo è inserito? Ma perché, il Cagliari di Scopinho con che modulo giocava? Giocava su Gigi Riva e vinceva i campionati. E allora ribadisco: sono i calciatori bravi che vincono le partite. I moduli lasciamoli per denunciare i redditi.