Il Genoa continua il suo viaggio dallo scorso campionato tra paura, confusione e filosofia. Viaggio che sembrava finito dopo le partite estive che hanno confermato come la squadra rosso blu senza assilli o preoccupazioni gira, alle prese con difficoltà si arena per mancanza di personalità. La paura di togliere una ragnatela dal soffitto perché cada è evidente in ogni gara del Grifone.
Confusione nelle parole di Juric in conferenza stampa, Veloso alla vigilia e Palladino che hanno visto buone prestazioni, eccetto il primo tempo di Udine. Il vecchio Balordo, come prima dello sprint finale dello scorso anno, rispetto a Benevento, Crotone, e qualche altra squadra non è consapevole del ruolo in questo campionato, non capendo che bisogna salvarsi.
Confusione non solo tattica e tecnica, rischiando di perdere con Pellissier che sbaglia un gol fatto al 91’ davanti a Perin, segnalato il fuorigioco. Se l’avesse fatto il V.A.R. avrebbe spennato il Grifone. Dopo due minuti prima del gong finale il fallo di Rosi al limite dell’area che ha fatto chiudere gli occhi a molti dei 17.000 e oltre dentro lo stadio.
Confusione, perché la squadra è scollegata, con giocatori fuori ruolo: Bertolacci e Brlek su tutti. Bertolacci ancora nelle nebbie milanesi dello scorso anno, Brlek conferma che non può giocare a due nel cuore del gioco: sempre sopra la linea del pallone, opzione non da mediano ma da mezzala e nel pallone in fase difensiva. L’esperienza di Bertolacci non si è vista in occasione del gol dei clivensi, andare sull’uomo (Castro) o sul pallone interrompendo la linea di passaggio in profondità su Hetemaj lanciato da solo nello spazio, da solo davanti a Perin.
Lazovic è il capro espiatorio per tutti, non solo per il tecnico che lo cambia ad inizio ripresa. Il serbo sbaglierà cross dopo lunghe sgroppate, gli errori di Lazovic ci sono ma il compagno su cui scaricare il pallone non solo in occasione del cross, che rimane negli occhi di tutti, è sempre lontano e dalla sua parte ondeggiavano Brlek e Bertolacci. Unica opzione scaricare il pallone dietro a Biraschi.
Pellegri sacrificata la sua gioventù, si è battuto con i marpioni della difesa (Dainelli, Gamberini, Tomovic) e ha ricevuto solamente due palloni da poter scaricare verso Sorrentino (nessuna parata): il primo di Bertolacci male interpretato, il secondo di Taarabt sprecato da egoista del gol come i veri bomber.
Contro il Chievo si sono visti più ritmo e aggressività, ci mancherebbe altro dopo il mazzo che si fanno negli allenamenti, ma lo scollegamento tra i reparti rosso blu e la confusione sulla panchina preoccupano. Juric ha messo in campo due formazioni nelle ultime due gare dichiarando di fare esperimenti di crescita ma cambiando subito idea dopo 30’ e 45’. Cambi azzeccati, ci mancherebbe, perché non prevedibili in preparazione dell’incontro? La domanda che si ponevano tutti in tribuna stampa, desolatamente vuota come la tribuna d’onore anche con la presenza della Giochi Preziosi al femminile e della presunta nuova proprietà.
In molti uscendo dal Ferraris, pur avendo fischiato avevano mandato un messaggio alla squadra in italiano: “vi saremo sempre vicini”. Si creavano delle malinconiche chimere e vedevano tutto nero, facendo delle carceri in aria e vedendo come unica via di uscita il cambio in panchina. Pessimista è un uomo che quando può scegliere fra due mali li prende tutti e due: Juric e i calciatori tutti non possono essere pessimisti e sempre con l’ammoniaca sotto il naso quando entrano in campo confezionando corone funebri per il calcio. Juric e i calciatori tutti devono prendere spunto dal Chievo “dei nonni, uomini con personalità” capendo quello che sta succedendo.
Chievo che porta via risultati giocando con idee di gioco precise, organizzazione con ognuno che sa quello che deve fare. La discrepanza tra il Genoa e il Chievo è solamente una: differenza tra passaggi certi cercando di sbagliare meno, conoscendo i propri limiti mettendo in campo praticità e non filosofia anche a fine gara (non solo di spogliatoio ma anche fra gli addetti ai lavori) che serve a consolaci della sua inutilità. A San Siro, avendo poco da perdere rispetto agli avversari secondi in classifica ma senza gioco, senza tormenti come in estate: tutto può succedere e cambiare la stagione.