Era partito con una citazione oraziana (“È in gioco il tuo interesse quando brucia il muro del vicino“) il comunicato della Federclubs blucerchiata diramato a metà settembre, quando in piena trattativa per la cessione del Genoa entrò nel vortice della discussione anche l’annosa tematica sullo stadio “Ferraris”. Nel comunicato prodotto dall’associazione dei club blucerchiati si leggeva che ad “Anselmi e Preziosi, che nei giorni scorsi hanno descritto con molta fantasia lo stadio di Marassi come “cosa loro”, si sarebbe voluta ricordare un po’ di storia”. E un po’ di storia l’ha raccontata oggi anche la Fondazione Genoa, con un lungo comunicato di cui sotto proponiamo i passaggi più importanti rimandando poi con un link allo stesso sito della Fondazione. Un comunicato teso a confutare le parole dell’associazione dei club doriani.
Si parte ancora con una citazione, questa volta di quel Rousseau che per primo cercò di dare una spiegazione al concetto di diversità all’interno di una società civile. Lo studioso francese disse a suo tempo che “il primo che dopo aver recintato un terreno disse: questo è mio!” e trovò altri tanto ingenui da credergli fu il primo vero fondatore della società civile“.
Nella sua lunga esposizione, la Fondazione mette peraltro in evidenza come lo stadio “Ferraris” sia da oltre un secolo la casa del Genoa e che non serva “la ben che minima fantasia per poterlo rivendicare con orgoglio […] essendo semmai sufficiente la consultazione – non partigiana – di qualche buon libro di Storia del Calcio Italiano, materia evidentemente ostica agli estensori del comunicato di replica alle parole del presidente del Genoa CFC, che affermava un semplice dato di fatto“. Dopodiché, fatte queste premesse, il comunicato continua spiegando le motivazioni di quanto scritto in precedenza, ponendo l’accento sui progetti presentati dalla Fondazione Genoa negli anni passati alle diverse Commissioni Consiliari, progetti “concreti, condivisibili, operativi e corredati di conto economico”. Una risposta che va di pari passo con la storia e che tiene comunque aperta una finestra amplissima sulla questione di uno stadio – che definire solamente “stadio” viene quasi difficile – che trattiene nelle sue pareti e sui propri spalti una storia ultracentenaria.
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