3-5-2: schema di grido. La tendenza ormai è inequivocabile in tutte le categorie del calcio italiano. La moda è stata lanciata inizialmente da Guidolin e Mazzarri, ma farne uno stile di calcio per tutti è stato Antonio Conte che nel 2011 in casa del Napoli, presentandolo come un 4-2-4 talebano, riuscì ad imbrigliare il Ciuccio. La forza del 3-5-2 è quella di proporre un mix qualitativo nel cuore del gioco. Un modulo che permette di dare malleabilità tecnica agli allenatori. Con Conte e il 3-5-2 è nato un nuovo modo di vincere per la Juventus.
Perché in Italia il 3-5-2 riscuote molto successo e in Europa incontra resistenze? La ragione alla base di questa alterazione – è inutile girarci intorno – è che nell’interpretazione più diffusa il 3-5-2 è un modulo principalmente difensivo: rassicurante per aspettare e colpire. E ciò determina un baricentro più basso della squadre italiane rispetto all’Europa. Il possesso alto, il tiki-taka o l’aggressività veloce non fanno tendenza in Italia: troppo distanti da un DNA tattico fatto innanzitutto di protezione del territorio difensivo.
In questo senso, il 3-5-2 ha un vantaggio evidente: presidiare con un uomo in più la zona centrale di retroguardia. Di fatto, rispetto al 4-4-2, si toglie un calciatore dal centrocampo e lo si mette davanti ai centrali di difesa. Il 3-5-2 in fase di non possesso diventa 5-3-2 con l’abbassamento sulla linea difensiva dei due esterni. A proposito di esterni, sono proprio loro la chiave interpretativa del 3-5-2. Dall’impostazione più o meno aggressiva dipende l’impronta della squadra. Agli uomini di fascia è delegato il compito tanto gravoso quanto decisivo di questo sistema di gioco: occuparsi interamente della corsia esterna, senza supporti. Ne nasce un ruolo logorante per il quale sono indispensabili buone qualità atletiche più che tattiche.
Non solo gli esterni sono determinanti nel 3-5-2: lo sono anche i centrali di difesa che devono essere corazzieri, bravi muscolarmente, abili sui palloni alti, nel tackle. In particolare determinate è il centrale, che deve essere tatticamente saggio e di personalità e dimostrarsi pronto a guidare il reparto difensivo. Ad ogni modo tutti nella difesa a tre devono essere bravi nell’anticipo lavorando spesso nei pressi della porta corpo a corpo con l’avversario. Uno dei tre difensori centrali deve essere veloce e esplosivo.
La difesa del 3-5-2 deve essere una sorta di imbuto: più la squadra è pressata, più i tre centrali devono chiudersi per chiudere gli spazi. In contemporanea gli esterni, oltre ad abbassarsi, devono essere bravi nei movimenti a scalare e diagonali. In questo modulo c’è anche l’opzione del vecchio libero in copertura che non deve essere necessariamente il centrale. Interpretazione molto rigida visti i tempi e i dettami del calcio moderno. Nella ripresentazione del 3-5-2 da Conte in avanti il reparto difensivo ha lavorato a zona dividendo lo spazio in tre settori e marcando l’avversario che transita nella propria zona di competenza. Punto delicato da imparare per i tre centrali quello dei punti di passaggio da uno spazio all’altro, perciò oltre la tattica serve tanta comunicazione tra i componenti del reparto. Obiettivo, insomma, lavorare di reparto: quello senza avversario da marcare nel suo spazio deve muoversi a copertura del compagno.
Per fare tutto ciò la difesa deve essere brava a non subire l’attacco avversario, nei limiti del possibile, portando una pressione sempre comandata dal centrale difensivo, pronto ad alzarsi quando gli avversari gestiscono un pallone difficile (pallone coperto) o temporeggiare se c’è pericolo di verticalizzazione immediata (pallone scoperto). Altro punto focale del 3-5-2 sui palloni esterni: negare profondità alla manovra avversaria cercando di impedire un cross o un passaggio filtrante semplice. Allora ecco che un altro apporto importante in fase di non possesso risulta essere quello degli interni di centrocampo: toccherà loro allargarsi per dare copertura agli esterni senza subire traumi di sovrapposizioni. Al play maker il compito di formare un triangolo con il vertice basso, quando il vertice alto si preferisce parlare di 3-4-1-2 .
Abbiamo scritto di difesa, esterni, centrocampisti ma tutto sarà possibile se l’idea sarà non solo quella di difendersi ma anche di fare gol. Oltre il centravanti di movimento pronto a lasciare spazio agli inserimenti da dietro e bravo nei 16 metri occorre un’altra punta di qualità in grado nelle ripartenze di far saltare le difese avversarie con un dribbling o una transizione inaspettata. Come già scritto altre volte, occorrono più del modulo le combinazioni, i collegamenti di gioco tra i reparti. In tutti i moduli è chiaro e fondamentale il gioco dei centrocampisti, dal cui comportamento dipenderà un carattere prevalentemente offensivo o difensivo.
R.I.P. Aldo Biscardi. Da ieri il Processo del Lunedì in cielo. Biscardi inventò il teatro del calcio. Peccato che nessuno nei teatrini nazionali e regionali sia stato in grado di copiarlo. Tutto era preparato alla perfezione. Chi partecipava doveva arrivare in studio prima delle 19: avere la sua parte, anche se non gli piaceva. Se qualcuno diceva rosso, l’altro doveva rispondere nero. Col suo mitico processo di prima ora segnò un’epoca, trasformando il pallone in un fenomeno di costume.
“Non parlate tutti insieme. Al massimo due o tre alla volta” o “Dobbiamo andare con il piede per terra” le sue frasi storiche. È morto nell’anno in cui nel campionato italiano è spuntato il VAR, un cavallo di battaglia del Moviolone in campo.