C’è una scatola piena di ossigeno in questa seconda settimana di Ottobre per il Vecchio Balordo. Tre punti vitali alla Sardegna Arena per ripartire in questo campionato.

Dopo 7 giornate di campionato anche il Genoa ha dimostrato che c’è. A dimostrazione che il Vecchio Balordo è molto più vivo di quanto si sia visto finora in campo, come aveva annunciato Juric le scorse settimane quando affermava di avere la formazione ideale in testa. In Sardegna il Pirata ha schierato una squadra con più logica e coraggio: è sbagliato dire che i meriti non sono del tecnico, subito riconosciuti dal Direttore Generale Perinetti in tutte le interviste, ma di altri. Il Genoa nel civettuolo stadio sardo che tanto deve fare per organizzarsi al fine di non far fare maratone agli spettatori e ai media per raggiungere i loro posti, ha dimostrato di saper giocare e soffrire. Tra i fantasmi di un cambio di allenatore che aleggiavano ieri mattina, nel pomeriggio il Grifone ha sfoderato una prestazione di intensità, sacrificio e coraggio. Una partita con tante occasioni dove i giovanotti di Juric hanno perso e purtroppo non trovato l’occasione per fare una goleada.

Il Genoa ha comandato il gioco, eppure i sardi sono andati in gol due volte con azioni non da gioco:  un pallone inattivo che ha permesso a Pavoletti, dimenticato una sola volta nei 16 metri, di ritornare al gol dopo un digiuno che si prolungava dall’ottobre 2017 (gol con il Genoa, ndr) e un altro rigore del VAR da fantamanicomio del regolamento del gioco del calcio.

I due gol sardi sul punteggio di 2 a 0 – uno ad inizio ripresa e l’altro sul 3 a 1 – non hanno generato neanche troppa ansia, non solo in campo ma pure per i cento rossoblu arrivati  sull’isola via mare e aerea: troppa era la differenza tecnico tattica e di qualità tra le due compagini.

I numeri dei moduli faranno molto parlare e discutere. L’impressione che il 5-3-1-1 di Cagliari possa essere efficace ed efficiente se ci saranno sempre tanta corsa, respiro e soprattutto movimento senza pallone da parte di coloro che saranno schierati. La differenza rispetto al Genoa dello scorso anno è che Rigoni non ha fatto l’esterno nel tridente di attacco andando a marcare il play avversario in fase di non possesso. Rigoni, così come Veloso e Bertolacci, si è preso cura dei mediani avversari.

Possiamo parlare di numeri tattici a volontà ma arriverebbe in ogni caso la conferma che la differenza in qualsiasi tattica la fanno i giocatori: la superba prova di Taarabt ne è testimone. Messo al posto giusto, il marocchino è stato l’hombre del partido. Altro protagonista Galabinov col suo fisico: non si è portato a casa il pallone pur avendone avute le occasioni, ma ha fatto risalire e rifiatare la squadra giocando e sradicando nei corpo a corpo almeno 22/23 palloni, la maggior parte sfruttati dalle giocate di Taarabt, Bertolacci, Laxalt e Rigoni.

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Izzo ancora senza il ritmo gara nelle gambe ha fatto vedere i suoi numeri, le sue giocate, trasmettendo tranquillità ai compagni e specialmente ai tifosi sulle punizioni dirette a favore o sui corner vista la protezione di Laxalt alla porta di Perin, anche da lontano.

Il Cagliari e Rastelli ci hanno messo del loro. Una per tutte non capita la marcatura di Romagna su Galabinov, un corazziere contro un carrista vista la differenza di peso e misura. Romagna, scuola Juventus, è stato mandato in giro per diventare il nuovo Bonucci, ma farlo giocare in una difesa a quattro vuol dire perderlo.

Lo scorso anno quando Rastelli e il Cagliari fecero la quaterna furono magnificate la profondità e li gioco in verticale mentre gli errori genoani non incisero sul giudizio della gara. Non è giusto che la vittoria del Genoa di ieri debba essere inficiata dalla non buona prestazione dei sardi. Non sta in piedi il teorema che se il Genoa vince è demerito degli altri e se perde al contrario.

Lo scorso anno a gennaio la sconfitta contro il  Cagliari, con le partenze di Rincon, Pavoletti e gli infortuni di Veloso e Perin incominciò a creare tanti grattacapi nel resto del campionato, e strascici anche in queste prime sette giornate.  La speranza invece è che la vittoria di ieri con i rientri di Izzo, Lapadula in panchina, Rigoni possa fare il cammino inverso e portare la squadra nella classifica che gli compete: salvezza tranquilla e anticipata.

Il Genoa ha vinto la sua prima di campionato perché ha dimostrato di avere entusiasmo e voglia di vincere. Il Genoa può continuare a fare risultato se crederà nelle sue certezze e nel mister che avrà assimilato quale sia la strada da percorrere.

Ha ragione Rossettini quando dichiara: “questa vittoria per il Genoa vale doppio: la paura deve tenerci vivi“.

Rossettini: “Questa vittoria vale doppio per il Genoa, la paura deve tenerci vivi”

E a tenerci vivi c’è stato anche il viaggio di ritorno, mascherato da tratta aerea ma con le stesse tempistiche di uno spostamento in traghetto. La nebbia ci avrebbe infatti impedito – a noi e a tanti altri Genoani rinfrancati dalla vittoria ma giustamente indispettiti dal disagio di uno scalo a 300 chilometri di distanza – di scendere a Pisa: ecco che ne sarebbe nata un’Odissea da Bergamo a Pisa. Il traffico cittadino, tra scuole e lavoro, ci avrebbe ricordato infine che eravamo tornati a Genova. Col sorriso e con il bagaglio di ironia che solamente il tifo genoano riesce a creare anche intorno ai contrattempi, sportivi e non sportivi. L’aereo non partiva, il pullman non arrivava e tra chi lo attendeva in pantaloncini corti colto dal freddo e dall’umido della nebbia, chi sperando di riuscire ad aprire la bancale sei del mattino nel Basso Piemonte e chi raccontando di aver visto la gara tra i tifosi cagliaritani in un bar e di aver esultato in silenzio ai tre gol rossoblu, ecco che sorgeva spontaneo un moto dell’animo e della mente: stanchi sì, arrabbiati sì, ma per il Genoa questo ed altro. E soprattutto adesso che anche il Grifone sembra aver ingranato la marcia, il miglio dei #buonviaggioatutti