Giovedì di pressing al Pio Signorini al cospetto di una ventina di tifosi, alcuni d’eccezione come Alessandro Turone, che abbiamo intervistato, e il papà di Salcedo. Al centro dell’attenzione pressing collettivo e non “pressione”, termine molto amato dal Professor Scoglio, che per “pressione” intendeva un’azione individuale di aggressione dell’avversario.
Invece quello di Juric era più un pressing collettivo, con tutti che aggredivano e circondavano l’avversario in possesso di pallone per non lascargli né tempo né spazio per poter agire. Per il gioco di Juric è di estrema importanza, affinché il pressing abbia successo, che oltre ad attaccare chi è in possesso di pallone vengano aggrediti anche i compagni che si trovano nelle vicinanze. Tutto funziona se la squadra è molto compatta e cioè se le distanze tra i vari reparti e gli uomini che li compongono risultano brevi. Il Genoa comunque c’è fisicamente: tanta intensità vista negli allenamenti dallo scorso martedì. L’impegno fisico è stato notevole e con esso la concentrazione. Solo con questo sforzo, spostandosi rapidamente e continuamente nella propria zona di competenza, posso “mandare al Diavolo” qualsiasi squadra. Gli esercizi di pressing erano strettamente collegati anche al fuorigioco.
L’allenamento iniziava alle 10,30 con la solita routine, con torello e riscaldamento a secco. Seguiva un primo esercizio di conduzione del pallone tra ostacoli a coppie, con scarico e appoggio in direzione del compagno. Poi i gruppi si dividevano: una parte lavorava proprio sul pressing nello stretto; un’altra parte (escluso Taarabt che avrebbe lavorato col retello e sarebbe tornato in gruppo solo successivamente) si allenerà in mini partitelle sui trenta metri: fondamentale qui, per i sei giocatori coinvolti (tra i quali Pandev, Palladino e Centurion, ndr) allenare le capacità nell’uno contro uno. Si passava poi a giocare con le porte sui sedici metri, su una lunghezza di un’ottantina di metri, dieci contro dieci. Sempre il pressing collettivo al centro dell’attenzione in questa partitella, che prevedeva il passaggio da un 3-5-2 in fase di possesso al 5-3-1-1 in fase di non possesso, l’affinamento dei movimenti di reparto per creare superiorità e impedire all’avversario di giocare. Un avversario che si disponeva col 3-5-2 che scimmiottava quello del Milan, con Ricci nel ruolo di Suso mezzala. Unici cambi di pettorine quello tra Lapadula e Galabinov e quello tra Rigoni e Omeonga.
Mentre era in corso la partitella, Palladino, Centurion, Salcedo e Rodriguez svolgevano lavoro atletico con Pilati e Barbero. Il direttore generale Perinetti, quello sportivo Donatelli e tutto il resto della dirigenza rossoblu sempre presenti a bordo campo e a colloquio coi calciatori durante lo stretching finale.