La redazione di Buon Calcio A Tutti arriva – forse un po’ in ritardo – ad intervistare il direttore generale Giorgio Perinetti per un semplice motivo: abbiamo voglia di sentire cosa sia successo in questi suoi primi 100 giorni al Genoa, 100 giorni che scadono ufficialmente venerdì prossimo.
Un consuntivo di questi 100 giorni?
“Sapevamo ci fossero dei problemi, probabilmente sono qui anche per questo ma sono contento. Sono contento dell’impatto, dell’accoglienza avuta e di quel che abbiamo potuto creare, dell’empatia con i colleghi, i dipendenti, la società, con i calciatori e spero anche con l’ambiente. È però un discorso da fare al futuro: faremo un consuntivo negli ultimi 100 giorni quando, si saprà se il mio lavoro è stato da apprezzare o meno”.
Interessa il futuro, ma c’è un passaggio del passato che vorrei chiedere a lei, in quanto uomo di calcio: perché le idee di Juric non sono andate in porto? Perché ne ha tante…
“Le idee di questo allenatore, che ha sicuramente grandi qualità propositive, non sono state suffragate dai risultati. Sappiamo che questo porta dei problemi di gestione, soprattutto sentimento di sfiducia nei giocatori, in quello che fanno, e mano a mano si perdono certezze. La società è costretta ad intervenire, per riportare serenità al gruppo e fiducia ai calciatori in quello che fanno. Sfortunato quindi Juric per la serie di risultati positivi che avrebbe potuto ottenere ma non ha trovato per un palo, per una situazione individuale o per altre circostanza. Non sono state bocciate le sue idee, ma c’è stata tanta sfortuna nel non ottenere i risultati sperati”.
Perinetti-Ballardini: osmosi perfetta e silenziosa? Dalla 12ª avete ribaltato il Genoa, qualcuno dice che sia per il centrocampo a tre. Lei cosa ne pensa?
“Le formule tattiche? Giochiamo sempre con i numerini, che sia 4 3 3, 4 4 1 o 4 4 7. La verità è che abbiamo puntato su Ballardini perché era l’allenatore che avrebbe potuto portare l’impatto più immediato e decisivo sulla squadra: conoscendo già anche l’ambiente e molti dei giocatori, non ha dovuto perdere tempo ad entrare nella logica ed aprire la chiave nel cervello di ognuno. Ha riportato equilibrio e direi che, come si sperava, ha avuto un impatto determinante premiato dai risultati. Ballardini l’artefice, tutti gli altri svolgono il loro compito all’interno del club”.
L’operazione Pereira: il mondo del calcio dice che sia stata fatta in simbiosi da lei, Preziosi e Fabrizio
“Quando si vede un giocatore al Genoa non c’è un singolo personaggio che abbia portato il proprio contributo da solo: a prenderlo è stato il Genoa, poi ci sono attori che rimangono dietro le quinte e che si danno da fare per questo. I risultati sono sempre sovrani e noi tecnici, gli allenatori, dobbiamo fare però analisi più profonde: il risultato non boccia tutto completamente, ti dà problemi da gestire e pertanto bravo Ballardini ad essere intervenuto, ma non c’è mai tutto da buttare per due o tre partite. Sapevamo di avere le qualità giuste, i giocatori andavano solamente riportati sui livelli di performance a cui potevano arrivare”.
Preziosi ha detto recentemente: “Qualcosa faremo, solo ciò che riterremo necessario”. Pereira servirà per ottimizzare la mole di lavoro quando si arriva sull’out di destra?
“Pedro è un giovane con prospettive, lo sappiamo e ci crediamo. Lavoreremo per far si che diventi un titolare del Genoa nel futuro più prossimo possibile, poi il presidente dice giustamente ‘vedremo cosa fare’. Non servono rivoluzioni ed ha ragione: con Ballardini i giocatori hanno una media da Europa League, quindi i valori ci sono ed è inutile pensare di dover azzerare tutto. C’è sempre l’opportunita di migliorare, per tutte le squadre, e se capiterà al Genoa la coglieremo. Altrimenti resteremo con questi ragazzi che stanno facendo davvero bene”.
L’operazione importante, ovvero il mediano di fisico, corsa e rottura, la teniamo per gli ultimi giorni di mercato? Operazione difficoltosa, bisogna spendere tanto
“Bisogna considerare che a Gennaio è complicato investire, spesso non c’è la disponibilità degli stessi calciatori a muoversi ed anche all’estero è complicato, non c’è molta volontà di cambiare squadra. Stiamo vivendo proprio ora la situazione Verdi, che ha rifiutato il Napoli, a dimostrazione di quanto non sia facile convincere e portare calciatori decisivi nel mercato di Gennaio. Ripeto, se troviamo un centrocampista di struttura con caratteristiche differenti da quelle che abbiamo ora in rosa ci pensiamo, altrimenti restiamo con questi ragazzi, che stanno supplendo alla mancanza di un calciatore così”.
Complicato anche il mercato in uscita?
“In entrata ed in uscita, abbiamo qualche ragazzo che vuole andare a giocare, qualcuno che era chiuso – Palladino è stato uno di questi, ed è andato allo Spezia – con qualche altro ragazzo che ha disponibilità in uscita. Centuriòn? Ha delle richieste e stiamo trattando, vediamo di trovare la formula adatta, su questo ragazzo abbiamo investito e non ha reso come speravamo, lui stesso lo sa. Ha richieste in Spagna ed Argentina. Vedremo quale sarà la destinazione più logica”.
Quando la vedo entrare con il cappellaccio nero verso la tribuna, mi chiedo: cosa le gira per la testa vedendo la gradinata?
“Ho deciso di andare in campo per due motivi: il primo è che voglio partecipare con la squadra a tutti i momenti della gara, perché altrimenti è troppo comodo stare in tribuna e fare osservazioni senza vivere la partita come fanno i giocatori, senza avere la stessa ottica di giudizio dell’allenatore. Troppo facile fare il saccente, io voglio capire quel che fa il mister direttamente dalla sua prospettiva, dal suo punto di vista. Il cappello invece è sempre stato un talismano, me lo porto dietro in ogni partita. Il pubblico del Genoa è uno dei motivi per cui sono qua”.
Ormai tutti scrivono libri sul metodo, io sono curioso di vedere il suo database. I calciatori si trovano sulla TV ma vanno visti anche di persona
“Sono due correnti di pensiero. Quando vado a Coverciano ribadisco sempre come la tecnologia sia un supporto fondamentale, un aiuto eccezionale ma non potrà mai sostituire la visione diretta di un calciatore sul campo, perché ogni partita ha più partite una dentro l’altra, partite che si possono vivere solamente stando sul al campo e non dietro un monitor”.
La forza di un direttore sportivo è quella di scoprire il talento all’estero?
“Durante il mio operato ho sempre cercato di guardare ai mercati alternativi, quelli dove si poteva andare a trovare un calciatore importante senza dover scendere a logiche di costo eccessive o speculazioni internazionali. Per esempio, ho portato il primo giocatore francese in Italia: si chiamava Laurent Blanc, l’ho portato dal Montpellier al Napoli ed è arrivato fino al Barcellona, è stato campione del Mondo. Ora, con il tempo, abbiamo visto come la Francia sia diventata una grande nazione produttrice di giocatori di talento. Oggi ci sono tante nazioni con giocatori interessanti, meno celebrati che in altri campionati ma acquistabili magari al prezzo giusto: in Polonia e in Svezia, per esempio”.
Il calciomercato della squadra media vive sulle soffiate: il Genoa ne sa qualcosa, con i vari Perotti, i vari Thiago che non andavano d’accordo con i propri allenatori o erano stati messi in disparte e sotto la Lanterna si sono rigenerati
“Credo che il Genoa sia sempre stato lungimirante, facendo anche trattative che hanno portato giocatori da recuperare come Perotti, dimenticato al Siviglia, molti dimenticati per infortunio. O come Giuseppe Rossi, tutte operazioni per la società, con la speranza di trovare calciatori dalle grandi potenzialità a prezzi diciamo sostenibili. Poi spesso tornano ad essere grandi giocatori e quindi si va avanti, ma credo sia un’intelligente logica di mercato”.
Quali sono i rischi ammissibili in una trattativa?
“Quando un giocatore arriva si può sempre rischiare, fa parte delle consultazioni che facciamo con i medici. Ci sono infortuni ed operazioni che danno margine di recupero importanti e altri che lasciano perplessi”.
Età ideale per ingaggiare un calciatore?
“Questo non è quantificabile. Si può prendere un giovane talento, sperando che possa diventare un grande giocatore assecondandolo nella propria crescita, tante volte invece si prende un calciatore di 33 anni che diventa fondamentale per il gruppo, per la squadra, per l’allenatore e così ha la stessa valenza rispetto al giovane. Sono tutte situazioni da analizzare sul momento”.
Acquistare per migliorare il marchio del club o per fare cassa futura, possono coesistere in vista di risultati positivi?
“Il calcio di oggi è dinamico, si cerca di portare calciatori che possano garantire entusiasmo, risultati e credibilità della squadra verso l’ambiente. Poi i calciatori possono andare in altri club più ricchi, più famosi…anche se di più famosi del Genoa non è tanto facile trovarne. Insomma, dove il calciatore ritiene di avere più soddisfazione. Sono logiche del calcio che vanno accettate, anche se siamo sempre stati più attaccati – me compreso – ai calciatori bandiera che restano per tanti anni nella stessa squadra. Oggi tuttavia è un fattore difficile da ottenere, oggi la forza di un club è trovare giocatori bravi, che diano tutto per il club e la capacità della società in causa sta nel farsi trovare pronta nel momento in cui dovrà lasciare, pronta a sostituirlo nel migliore dei modi. Sono logiche di mercato attuali, non le facciamo solamente noi ma anche la Juventus, il Milan e pertanto vanno accettate”.
Curiosità sul VAR: gli allenatori sono tutti d’accordo, lei dopo il girone di andata cosa ne pensa?
“Siamo stati i primi a portarlo ed utilizzarlo, credo che almeno da questo punto di vista in Italia siamo stati lungimiranti. Penso sia uno strumento necessario verso la tecnologia. Sono un amante e un nostalgico del calcio dell’errore e dell’errore che dà emozione, è chiaro però che oggi ci sono talmente tanti interessi in un calcio-business, calcio-impresa, che ridurre al minimo gli errori è fondamentale. Dunque benvenuto al VAR, anche se per i romantici abituarsi a questa idea è un po più difficile. Chiaramente migliorerà col tempo, quando tutto diventerà più automatico”.
La vendita sembra dietro l’angolo, come confermato dallo stesso Preziosi: cosa vede nel futuro del Genoa?
“Non dimentichiamoci che poco tempo fa sono stati venduti due club storici come Inter e Milan, quindi non deve sorprenderci che il calcio italiano stia attraversando momenti particolari e che si sia aperto anche alla possibilità di cessione di club illustri a imprenditori che vogliono investire, anche stranieri. L’importante è che Preziosi assicuri la quotidianità e la tranquillità al Genoa, guardando sempre ad investimenti a medio-breve termine pensando al bene della squadra, prendendo giocatori nuovi per il bene della squadra e della società. Il Genoa è garantito dall’attività di Preziosi, in più la porta resta aperta ad imprenditori che vogliano investire. Se verranno e se saranno di assoluta garanzia per il futuro della società, allora saremo pronti ad accoglierli”.