MediaPro e la Spagna, dove siamo andati per raggiungere direttamente la fonte, invadono l’Italia e il mondo del pallone italico, anche se indirettamente all’orizzonte potrebbe esserci ancora la Cina degli investitori: è infatti in previsione entro la fine di marzo il via libera del Governo cinese (arriverà?) all’acquisizione del 54% di Imagina (gruppo di cui MediaPro è partecipata, ndr) da parte di Orient Hontai Capital. Questo aspetto in Spagna non lo mettono particolarmente in risalto, anche se è voce che aleggia da ottobre 2017, mentre fanno notare con falsa modestia, fra un editoriale e un altro, che l’unica concessione che accorderanno al calcio italiano sarà di chiamarlo ancora con la “C” maiuscola, laddove MediaPro metta le mani sul pacchetto per i diritti televisivi non esclusivi. A meno di colpi di scena, quindi, il calcio italiano dovrà prepararsi se non altro a un cambio di prospettive: qualcosa, rispetto agli ultimi quindici anni, inevitabilmente cambierà. Ma andiamo con ordine.
CHI È MEDIAPRO – Anzitutto, nulla di più sbagliato che pensare a MediaPro come a un’entità esclusivamente radicata in Spagna. La società di servizi e comunicazione nata nel 1994 per mano di Jaume Roures, imprenditore nonché produttore cinematografico con una buona fetta di azioni di MediaPro (12%, ndr), ha ampliato moltissimo la sua dimensione entrando a far parte del già citato gruppo Imagina, a sua volta impegnato nel mercato della produzione di prodotti audiovisivi. Così facendo, MediaPro ha potuto aprire i propri tentacoli arrivando un po’ ovunque nel mondo permettendo ai tre soci fondatori Jaume Roures, Taxto Benet e Gerard Romy di mantenere il 36% del pacchetto azionario, lasciandone il 45% equamente diviso fra WPP e Torreal e il restante 19% ai messicani di Televisa. Con questo assetto è partito l’assalto finale al calcio spagnolo.
COSA FA MEDIAPRO E QUALI SCENARI PROSPETTA – Commercializza i diritti televisivi della Liga Spagnola in tutto il mondo, mentre in Spagna trasmette le partite di campionato attraverso due piattaforme online, la più nota beIN Sport e la più “decadente” Gol TV. E già questo dovrebbe far riflettere su cosa potrebbe trovarsi davanti l’utenza del calcio italiano nel prossimo triennio: non più una piattaforma – o al massimo due – che al costo di un abbonamento offrono un intero pacchetto sportivo, ma più provider (fornitori di servizi, ndr) ai quali viene venduto da un soggetto terzo lo stesso prodotto, a sua volta rivendibile nel più classico dei metodi pay tv. E magari, contemporaneamente, chi vende questi pacchetti ha anche un proprio canale televisivo, come accade in Spagna.
Andando ancora più a fondo, si aggiunga che MediaPro si caratterizza per essere titolare, (sul solo territorio spagnolo, ndr) dei diritti per la diffusione di UEFA Champions League e UEFA Europa League nonché dei diritti di campionati e competizioni estere quali Serie A, Ligue1, Coppa tedesca e Coppa Libertadores. Non certo una dimensione da sottovalutare. Ancor meno se si tratta di una dimensione che dalla Spagna vorrebbe ampliarsi in Italia facendo un altro colpo di teatro: nel giorno di San Valentino, il prossimo 14 febbraio, l’ordine del giorno in Lega parla non solo dell’elezione del Presidente (che sarà Malagò, ndr), ma anche dell’amministratore delegato.
Ci proverà anche Javier Tebas (foto sopra a sinistra, ndr) ad insidiare quella poltrona e lo farà nelle vesti di attuale presidente della Federcalcio spagnola. Sarebbe un colpo doppio della Spagna, per quanto porterebbe con sé le polemiche di un passato politico ed istituzionale “scomodo” per Tebas e una vera e propria invasione spagnola all’interno di istituzioni calcistiche, quelle italiane, appena commissariate. Si creerebbe probabilmente un’instabilità, il preludio a un Big Ben calcistico che potrebbe rilanciare il calcio italiano. Sarebbe il colmo che la Spagna, oggi indiscutibilmente un passo avanti, rappresentasse un decisivo aiuto per il rilancio del mondo del pallone italiano. Almeno in chiave economica.
IL MONDO DELLO STREAMING E AMAZON PRIME – Ma tornando a MediaPro, l’offerta che proponeva al calcio italiano era di quelle che, a detta di tutti, non si potevano rifiutare. Si avvicinava infatti – per i soli diritti della Serie A – ad oltre un miliardo e 50mila euro. Partendo da questa base d’asta in eccedenza di soli mille euro, la società di servizi iberica attenderà il via libera per progettare il nuovo calcio italiano fra commercializzazione dei diritti televisivi e produzione di canali innovativi. E se per la prima questione restano affacciate alla finestra Sky e Mediaset, per la seconda restano aperte più porte. E più “misteriose”. Se è dato quasi per assodato, viste le mosse di natura legale fatte da Murdoch, che la Reconquista spagnola del calcio italiano debba fare a meno del canale tematico della Lega, è altrettanto vero che MediaPro potrà cercare una soluzione per creare un più strutturato circuito di distribuzione che permetta di rientrare della cifra record investita per diffondere la Serie A in maniera non esclusiva. E forse proprio intorno al “non esclusiva” si colloca la vera battaglia. Ecco che la contesa finisce per “iniziare” il calcio a piattaforme che da anni erano rimaste fuori dai giochi.
Qui sta la vera questione, almeno apparentemente. Il calcio infatti non può aver sottovalutato la potenza di Internet e dello streaming, che peraltro è riscontrabile senza particolari problemi anche via social network, in particolare da quando Facebook appare sempre più vicino ad essere un motore di ricerca in stile Google. Per non rischiare una deriva fuori controllo dei contenuti e una perdita in termini economici, a MediaPro spetterà il difficile compito di studiare qualcosa di innovativo basandolo sul modello spagnolo. Magari proverà a farlo disponendo di appoggi come quello di Amazon Prime: pagare per avere accesso alla visione di film o serie TV oppure all’ascolto di musica non offre la possibilità di immaginare pure un accesso a pagamento per vedere un’intera giornata di Serie A? In teoria sì, esiste anche questa possibilità. Ma le novità sono dietro l’angolo e potrebbero inficiare anche gli orari delle partite: in Spagna, ormai da anni, uno degli anticipi del sabato si gioca, ad esempio, alle 16,15; quello domenicale invece all’una, mezz’ora dopo l’orario cui ci si è abituati.
Per capire meglio a cosa si andrà incontro, il primo passo è il voto del 14 febbraio prossimo, poi lo saranno il via libera dell’Antitrust e le notizie dal Governo cinese. Intanto i tifosi stanno col fiato sospeso e restano nel mezzo: a quanti hanno consolidato negli anni l’abitudine a sostenere i loro beniamini da casa, che conto verrà presentato?