È arrivato il momento che il Commissario della Federazione Gioco Calcio metta mano al caos della serie C Italiana. Nel 2015 il caso Parma, perché era in Serie A, fece scalpore ma nella stagione in corso il calcio ha perso città come Modena, Vicenza e Arezzo. Tre città orfane del calcio con tifoserie che passeranno le domeniche a seguire altri sport. È il meno perché ci sono fornitori o collaboratori (massaggiatori, magazzinieri, dipendenti) che recuperano briciole dal crac.
Tante sono le sceneggiature nel campionato di Serie C e questo anche se il sistema è in crisi ad inizio stagione perché ci sono iscrizioni al limite e a seguire stipendi che saltano, punti di penalizzazione, scioperi, per finire con libri in tribunale. La regolarità dei campionati non interessa a nessuno.
Il Modena, escluso dal campionato e radiato già a novembre, oppure il Vicenza fallito a gennaio e con data di scadenza il 30 giugno quando terminerà l’esercizio provvisorio disposto dal Tribunale, o ancora l’Arezzo che dopo lo sciopero dei calciatori contro il Livorno giovedì 15 ha avuto l’udienza pre-fallimentare alla ricerca dell’esercizio provvisorio per cercare di arrivare fino alla fine del campionato, sono tutte situazioni che devono preoccupare il Commissario Fabbricini e il Presidente Malagò. Mentre in Lega Serie A sembra che sia scoppiata la pace con l’arrivo del Presidente Miccichè, nella riunione di Lega Prof C con Fabbricini per discutere di riforme è arrivata una fumata nera, anzi nulla, col Presidente Gravina non contento del risultato elettorale che vuole continuare a dettare i suoi programmi. Il giorno 29 marzo non sarà un giovedì Santo per Fabbricini che convocherà tutte le componenti della FIGC per iniziare a mettere mano alle riforme, auspicate da tutti ma solamente a voce.
In federazione calcio sanno benissimo quello che succede in serie C: un uomo come Lotito si sta muovendo per cercare di entrare nella cordata di imprenditori locali per cercare di salvare il Modena. Che la Serie C sia stata sempre un casino, non nel senso di una casa piccola, non è mai stata una novità, ma in questa stagione si è giunti al limite dell’eccesso per cui tutto viene riportato sugli organi di stampa – non quelli locali – con poche righe che lasciano il tempo che trovano.
In serie C negli ultimi 15 anni sono più di 140 le società fallite o che hanno appeso al chiodo l’iscrizione della società. Un livello improponibile, anche se nel campionato 2009/2010 le società sono scese da 132 a 98.
In Inghilterra, dove la Premier League non conta nulla con la Lega che governa i tre campionati professionistici che giocano la Football League Championship, League One, League Two (equivalenti alla B, C, D italiane), la composizione è da 72 squadre divise in tre campionati da 24 squadre. Ciascuno dei tre campionati, nel medesimo lasso di tempo italiano, ha visto entrare in amministrazione controllata una ventina di club e nella stagione in corso neanche una squadra ha avuto bisogno di quella procedura.
In Italia si parla sempre di Premier League e dei suoi guadagni faraonici con i diritti TV. Gli sceicchi, i petrolieri russi, i cinesi e gli americani non danno nulla ai campionati inferiori ma la Lega della Premier partecipa a Coppe e manifestazioni che vedono coinvolte le piccole società o città. Ad esempio, la FA Cup (la Coppa d’Inghilterra) porta quattrini e sponsor se il Manchester, il Liverpool, l’Arsenal e compagnia vanno a giocare, non con le riserve, in altre piccole città e l’incasso di una gara a favore delle stesse salva una stagione.
In Italia invece la Coppa Italia con un solo sponsor serve solo ai grandi club nella parte finale della competizione. La Serie B si salva grazie a Sky e la sua sponsorizzazione, in C una volta grazie alla classe dirigente cittadina. E quando si ritira sono dolori.
Il professionismo in Italia viene decantato ma solo la serie A viene gratificata da stipendi privilegiati. In serie C giocano quasi tutti al regime minimo contrattuale di 26.088 euro lordi che chi ha più di 24 anni, e 19.825 lordi per chi è al primo contratto.
Meglio ripetere che tocca alla FIGC e al CONI mettere le mani nella marmellata della serie C, riformando i campionati. Potrebbe non bastare riformare la Coppa Italia non solo con il sorteggio dove giocare.
In Italia non si gioca più nelle parrocchie p per la strada le gare da tre calci d’angolo un rigore. Se sparisce la serie C potrebbe non essere vantaggioso né per la B né per la A. Gli allarmi sono suonati da tempo: Fabbricini e Malagò, non fate come i politici che si sono dimenticati dei problemi del Paese e da quando hanno perso le elezioni piangono lacrime di coccodrillo. La FIGC, con il Commissariamento, deve leggere l’allarme non solo delle società ma anche quello che gira nel mondo dei giovani. Cronache milanesi raccontano che la “mala” speculerebbe sui calciatori baby, che famiglie paghino fior di euro per vedere i figli in campo. Commissari FIGC e Coni avete l’occasione e l’opportunità prima che scada il mandato provvisorio per salvare non solo la serie C.
Le idee del Presidente Micciché, che poi sono quelle di Malagò e del CONI per uscire dal tunnel e rilanciare il campionato italiano sulla carta, appaiono giuste. La principale è quella di sfruttare tutte le risorse che il pallone offre, non limitandosi solamente al bancomat dei diritti TV.
Miccichè dovrà essere bravo ad andare per la sua strada: in tal senso sarà stato preparato da Malagò, pronto a gestire un’assemblea di lega turbolenta, con falchi e colombe, riformisti e no.
Prossimamente arriverà l’amministratore delegato; a seguire la prova del nove – non solo del neo presidente ma di tutti i Presidenti delle società di A – per le nomine degli altri consiglieri di Lega, uno indipendente e due Federali.