Cosa potrebbe mai legare il Paris Saint Germain, acquisito da un fondo d’investimenti qatariota (QSi) nel 2011, agli spagnoli del Malaga e ai semi sconosciuti bianconeri del KAS Eupen, formazione belga? Probabilmente la risposta non sarebbero né i soldi, né tantomeno la cifra tecnica, quanto piuttosto la famiglia Al Thani. È di recente diffusione giornalistica la notizia di un libro, “The Away Game; The Epic Search for Soccer’s Next Superstars” scritto da Sebastian Abbott, che partito dagli Stati Uniti, sta destando particolare interesse: un po’ perché al Mondiale russo seguirà, nel 2022, quello in Qatar; un po’ perché la mano degli arabi e dei loro denari sul mondo del pallone sta vivendo da qualche mese, complice un folle calciomercato, una parentesi revisionista.
Ed ecco che allora il sipario si apre sul mondo di Football Dreams, progetto che ha coinvolto centinaia di osservatori di tutto il mondo e che ha trovato finanziamenti da parte di Jassim bin Hamad al-Thani, che a molti non dirà molto ma che in realtà è il promotore della Aspire Academy, un vero e proprio centro di produzione di talenti – o per lo meno questo era l’obiettivo – fondato in Qatar nel 2004 per importare calciatori dall’Africa e renderli futuri fenomeni del calcio internazionale. Anche in vista della Coppa del Mondo.
Presumibilmente la data di partenza del progetto Football Dreams, a lungo tenuto sotto silenzio e da costruirsi intorno alla già attiva Academy, è a cavallo fra 2010 e 2011, quando la FIFA dà comunicazione che il Qatar ospiterà dodici anni più tardi il Mondiale. Ecco che parte allora il progetto che, attraverso il lavoro di setaccio di centinaia di osservatori, ha un obiettivo molto chiaro: selezionare lungo tutto il continente africano giovani prospetti che non superino i tredici anni d’età e che rispecchino buone capacità tecniche e margini di miglioramento. Il passaggio successivo è trapiantarli da casa e coinvolgerli all’interno della Aspire Academy in Qatar.
Qualche successo il progetto lo coglierà negli anni immediatamente successivi al 2010: qualche vittoria sui pari età provenienti da Real Madrid o Barcellona così come sulle giovanili delle formazioni brasiliane, che per tradizione sfornano almeno un paio di talenti ogni anno. E ancora, nel 2014, la vittoria del Qatar nel campionato contro le nazionali giovanili Under 19 della Asian Football Confederations, celebrata con parole chiare dallo stesso Jassim bin Hamad al-Thani: mantenere il gruppo vincente per il più lungo periodo possibile perché possa diventare nucleo per una competitiva nazionale di calcio. L’obiettivo, ancora una volta, è il Mondiale del 2022 giocato in casa.
Impressiona guardare le carriere di alcuni dei giocatori che vinsero quel trofeo: Ahmed Al Saadi ripercorre quasi le stesse orme di Almoez Ali, crescendo nella Aspire Academy ma andando a farsi le ossa in Europa nei club, neppure troppo di blasone, che controlla la famiglia Al Thani. Per non parlare di Akram Afif, vecchia conoscenza del calcio spagnolo fra Sporting Gijòn e Villareal, ora in prestito all’Al Sadd, o di Ahmed Doozandeh, eletto migliore giocatore di quel giovane Qatar. Anche lui passerà da Belgio e Spagna prima di tornare a casa.
Un lungo filo che collega club lontano dai riflettori che, se non acquisiti dalla famiglia qatariota come accaduto per KAS Eupen, Malaga o Cultural Leonesa, formazione di terza divisione spagnola, decidono di aprire partnership con la Aspire Academy, come accaduto recentemente al Leeds dell’ex proprietario Cellino.
Come si è interrotto il progetto Football Dreams? Attraverso l’intervento della FIFA, che avviando alcune indagini sull’accademia calcistica qatariota ha scoperto che molti dei ragazzi non erano poi così ragazzi: l’età dunque ha tradito un progetto che allargava un sempre maggior numero di tentacoli in giro per l’Europa e che sotto traccia continua a lavorare, ma sempre con scarsi risultati: giocatori continuano a girarne, ad esempio Assim Omer Madibo passato dall’Auxerre al LASK Linz (altro club affiliato alla Aspire Academy, ndr) prima di arriva, guarda caso, al KAS Eupen. Ma sono carriere “fotocopia” di qualcosa che già non aveva funzionato. Se il reale obiettivo era quello di trovare il nuovo Messi ingaggiando nel progetto anche quel Josep Colomer che da scout del Barcellona scoprì la Pulce, non lo si è centrato. Vero che i soldi “movono il sole e l’altre stelle”, parafrasando Dante, ma forse più di qualcosa non ha funzionato: perché il calcio resta prima un talento innato, passione inspiegabile, che non un talento drogato in fasce dal denaro.
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