Non è stato un bel derby. Solamente le tifoserie si sono meritate di giocare il 116° derby della Lanterna con coreografie, cori, sfottò su lenzuoli, tric-trac prima, durante e dopo la gara.
La vetrina a luci rosse per la sua battuta da “sexy shop” tocca invece al Presidente Ferrero: “la porta è come una donna.“. La vetrina dell’aplomb disinvolto, sicuro, è poi di Ballardini in conferenza stampa: “non mi trovo a mio agio sulla poltroncina griffata doria, faccio la conferenza in piedi“.
In campo la vetrina è per l’arbitro Massa di Imperia, completo nel cosiddetto F.E.A.T.: fisico, estetico, atletico e tattico. Deciso nella conoscenza del Regolamento. Ottimo sul piano disciplinare con richiamo e ammonizioni; con ascendenza il temperamento, la fermezza, l’autorevolezza. Peccato che esistano ancora i moviolisti che giudicano in modo differente senza avere le immagini del VAR. Sul campo non erano rigori sia su Rigoni che Praet: la tv e il VAR ancora non possono giudicare l’intensità delle spinte.
Quasi nulla sul campo per la 116° stracittadina genovese. Nessuna occasione da gol importante, il possesso pallone bluerchiato ha cozzato contro con una fase difensiva genoana al 100%.
L’equilibrio tattico sottilissimo della gara per tutti i 90′ di gioco non può far pensare ad una vittoria ai punti della Doria senza tiri, pali e pochi dribbling riusciti solo a Praet. D’accordo con la sua strategia, Giampaolo ha avuto il controllo del gioco, del possesso pallone ma Ballardini con la sua tattica solida e guardinga non ha fatto venire i brividi di gioia e di paura ai 32mila e rotti che hanno riempito il “Ferraris”. Tutto era annunciato da lungo tempo, considerato il modo di giocare di entrambi gli allenatori in questo campionato.
Meraviglia che Giampaolo, confermando il suo “integralismo” nei confronti del modulo preferito non abbia cercato contromosse per abbattere il muro genoano; meraviglia che Ballardini in particolare nel secondo tempo, non facendo neanche le tre sostituzioni usuali, abbia provato a disturbare con le ripartenze la difesa doriana molto larga approfittando delle corsie laterali.
Balla è soddisfatto come i genoani della Nord che hanno continuato a cantare anche a fine gara, non solo per il punto aggiunto alla classifica ma per non aver permessoalla Samp di vincere il suo quarto derby consecutivo, per di più non permettendo a Ferrero e compagnia di compiere un deciso passo in avanti nella corsa all’Europa League.
Il Genoa reso indistruttibile dal Ballardini non è spettacolare, non propone nessuna ricetta rivoluzionaria e non cerca di accattivarsi facili simpatie strizzando l’occhio a mode imperanti. Il Ballardismo, uno stato d’animo più che una filosofia di gioco, è consapevolezza dei limiti della rosa a disposizione in fase avanzata.
Adesso Ballardini deve e può rimediare, anzi lo deve fare nel suo interesse per rinnovare il contratto con Preziosi più che con il Genoa. Dopo aver trovato il dilemma di come difendersi, deve cercare quello come attaccare.
Lo sa fare bene ricordandosi quello che ha fatto con i 52 punti conquistati con Palacio, Floro Flores, Milanetto, Rossi, Kucka e Rafinha – quello del Bayern a quei tempi sconosciuto – spostandolo alle spalle dei due attaccanti. È vero, erano altri personaggi ma anche loro sono stati rimessi a camminare sui piedi in una squadra che si trovava sulle nuvole.
Ballardini se non vorrà sentirsi dire alla fine del campionato che è solo in grado di salvare le squadre sa cosa fare, anche mettendo in campo il suo amato 3-1-3-3. Se dopo Rossi, Taarabt, Medeiros e compagnia saranno solo figurine della Panini, potrà dire che le colpe non erano solamente le sue.
A mali estremi, estremi rimedi per Ballardini ma anche per Giampaolo se vorranno entrambi raggiungere gli obiettivi. Per il primo difficile a 35 punti dire salvezza, per il secondo Europa. Per entrambi occorre cambiare strategie.
Genoa, il derby esalta raddoppi e corsa: ed è l’11esima gara stagionale senza subire gol