La salvezza è arrivata, obiettivo non facile e centrato con anticipo. Adesso dopo le parole di Preziosi di venerdì scorso inizieranno i sogni: il primo si chiama Amin Younes, calciatore esterno sinistro dell’Ajax.
Il sogno, per quanto riguarda il Genoa, è il teatro dei poveri e di tutti: l’unico nel quale si entra senza biglietto e con la certezza di una sorpresa, sebbene sia antico quanto l’uomo. In tal senso, la notizia di Younes è arrivata ieri da Napoli dove lo hanno corteggiato lo scorso calciomercato ufficiale. L’esterno tedesco ma di origini libanesi, se arriverà, è il profilo giusto per spiegare quanto disse venerdì scorso Preziosi: ”annuncerò la prossima settimana qualcuno che potrà rinverdire i fasti di Perotti e Iago Falque”. Il tedesco-libanese che gioca nell’Ajax è in grado di poterlo fare.
Al di là del mercato, meno male che è finito il campionato. Il Genoa perde al Ferraris con il Torino, perde la quarta partita consecutiva dopo la salvezza matematica, mai successo nella gestione Ballardini in questa stagione (e se non ricordo male neanche in quelle precedenti).
Perde contro un Torino che ha fatto poco per vincere, ha fatto solo due azioni in profondità che hanno messo in braghe di tela la difesa rossoblu. Le azioni individuali e collettive in fase di non possesso del pallone che avevano salvato il Vecchio Balordo con qualche giornata di anticipo hanno latitato.
La salvezza senza il Ministro della difesa Spolli e Zukanovic, con il solo Biraschi in campo, è stato difficile amalgamarla in queste ultime 4 giornate di campionato. D’accordo, è tornato Izzo ma lo scugnizzo con il Toro nuovamente Ko, qualche kg in più nel suo gioco esplosivo e la voglia di strafare non lo hanno salvato dall’infortunio.
I meccanismi difensivi di presa di posizione, controllo e marcamento dell’avversario, copertura, diagonale difensiva si sono arrugginiti e Perin, pur non dovendo fare miracoli nelle ultime tre gare giocate (a Benevento c’era Lamanna), ha dovuto chinarsi 8 volte a raccogliere il pallone nella rete.
Le prime apparizioni di Ballardini fecero intravedere anche sprazzi di manovra, il tempo da buon giudice della Corte Suprema del calcio in queste ultime 4 gare ha saputo stabilire esattamente l’opposto, confermando che la salvezza del Vecchio Balordo è un miracolo targato Ballardini.
La sincronia tattica del Genoa abile a creare una particolare densità costringendo l’avversario a sfruttare l’ampiezza del campo dopo la salvezza matematica si è vista raramente.
Nella ultime 4 gare il Grifone non è volato in difesa, ha continuato a soffrire a centrocampo a livello di regia; alla fine del campionato rimarrà il dubbio se la sofferenza nel cuore del gioco sia stata il riflesso negativo del reparto offensivo, poco supportato e chiaramente isolato, contrariamente all’idea propositiva di Ballardini.
Idea propositiva che nelle ultime tre gare Ballardini aveva utilizzato nei secondi tempi e che invece contro il Torino ha cercato di utilizzare subito, provando a sfruttare il dinamismo di Pereira e Laxalt sulle corsie laterali per cercare il fraseggio corto con i tre attaccanti Medeiros, Lapadula e Bessa. La leggerezza nel secondo tempo è andata in riserva. Medeiros a marcare la bandierina del calcio d’angolo non serve.
30’ di buon gioco nel primo tempo con pressing alto, ripartenze e predominio delle corsie laterali. Tutto riusciva bene ma in tante occasioni veniva fuori la scarsa e quasi cronica lucidità in zona offensiva senza gli smarcamenti negli spazi, non solo di Lapadula. Come in alle altre gare, pur giocando in attacco, non sono state sfruttate occasioni da tutto l’organico poco propenso a tirare da fuori area. Solamente due calci di punizioni dal limite, raramente visti.
Ballardini contro il Torino ha provato a fare un “pesto alla genovese senza aglio” nella fase difensiva e il sapore come nella culinaria non è stato buono.
Quando è entrato Pandev, che è nella top della lista gerarchica del tecnico non solo per la generosità con cui si abbassa a ricevere il pallone, ma anche per i movimenti in profondità, ha messo in apprensione la difesa del Torino, realizzando un gol e sbagliando una palombella che avrebbe fruttato un pareggio che avrebbe colorato la festa del Ferraris, con musica, figli, moglie, fidanzate in campo.
Pepito Rossi anche lui lascia dubbi in queste ultime 4 gare. Egli è la flagrante dimostrazione che senza scatto e senza potenza atletica un giocatore anche assai tecnico non può mai essere completo. La speranza per Lui che con una buona preparazione con il Genoa o con un’altra squadra possa recuperare al massimo.
Andando a dormire bisogna pensare che la fortuna di questo Genoa va rintracciata non solo nella densità in zone nevralgiche del campo, ma anche nella capacità di saper soffrire in determinate occasioni. Tutto ciò dopo i 41 punti conquistati si è visto poco, e qualcuno non ha sfruttato le sue chance per un futuro in rossoblu.
Non male Illuzzi di Molfetta. Gara non difficile. Buono l’aspetto Feat (Fisico, Estetico, Atletico e Tattico) ma pure quello tecnico e disciplinare.
Mattia Perin, anche per Lui ultima uscita tra lacrime e festa. Emozioni forti al Ferraris non solo per il Tarzan rossoblu. Mattia Perin non ha indugiato la presa del suo futuro. Se lo merita per quello che ha subito, due rotture di crociato e la rottura di una spalla, senza mai perdere il suo talento.
Si è rifugiato nel salotto di casa sua, il Ferraris, iniziando a giocare con l’amore della sua famiglia portando in campo la sua piccola Vittoria. Per Perin non è un addio alla Totti o alla Buffon. Tutti i genoani sperano che sia un altro arrivederci alla Criscito: il passaggio di testimone e di fascia da capitano tra i due può darsi che sia uno dei più bei regali per i 125 anni del Vecchio Balordo.