Fa male la sconfitta dell’Italia con la Francia, ma non fa un piega: il divario tra le due squadre è apparso evidente. Loro puntano a vincere il Mondiale, noi lo guarderemo in TV. Dispiace aver perso perché i francesi, questi simpaticoni, ci hanno gratificato della più totale indifferenza, prendendoci anzi in giro per la mancata partecipazione al prossimo mondiale.
La partita. Già alla vigilia si sapeva del divario tra le due squadre, Mancini dopo i primi 30 minuti al “ballo” dei francesi – come quello delle debuttanti – può trarre qualcosa di positivo per quello accaduto nella seconda parte della gara. Tecnicamente i bleus sono più forti nei singoli e nel gioco, l’Italia può provare a crescere se sarà aiutata. E non solo in campo.
Bene ha fatto L’Italia e non Mancini, ancora nel limbo dei ct: accettare questa gara difficile per capire e riconfermare non solo da parte dei tecnici ma anche dei federali dietro le scrivanie o sulle poltrone perché siamo usciti dal Mondiale russo e cosa accadrà nel prossimo futuro sui campi verdi. Senza le riforme annunciate e mai viste non si potrà mai fare risultati con qualsiasi allenatore.
La differenza tra i “galletti” e gli azzurri è che loro giocano con una squadra dove quasi tutti, nelle loro squadre di appartenenza, si giocano Champions e scudetti mentre Mancini per scovare i giovani deve navigare dentro squadre come Crotone e Sassuolo che si sono giocate la serie B fino all’ultimo.
Ogni volta che il trio Mbappè, Dembelè, Griezmann andava in profondità si vedevano difficoltà nella difesa di Bonucci e compagni. Si levavano grida di aiuto nei confronti del centrocampo dove nella fase difensiva erano assenti diagonali, controllo e mantenimento della posizione nel cuore del gioco. Uno sport come il calcio per tutti è fondato sui numeri tattici però per essere efficace deve basarsi sulla maestria di un vasto repertorio di movimenti che si devono adattare continuamente a molteplici e mutevoli situazioni di gioco, una tecnica valida in assoluto per tutti.
Lo avevamo annunciato e scritto nel pezzo che ha preceduto la gara: Mancini deve trovare il play maker. O si sveglia Verratti, mai in nazionale all’altezza delle prestazioni con i parigini del Psg, oppure continuando a puntare sul palleggio di Jorginho l’Italia non può crescere. Mancini ha dato le chiavi del centrocampo al napoletano-brasiliano confidando nelle sue vecchie doti di palleggio quando giocava ma come Ventura non ha cavato un ragno nel buco del centrocampo azzurro. Mandragora e Pellegrini possono crescere, il play invece bisogna subito cercarlo già dal prossimo settembre o cambiare strategia tattica. Ormai è evidente che la differenza a livello di esperienza potrebbe esporre gli azzurri a rischi concreti contro qualsiasi altra selezione europea e mondiale.
Le basi della rinascita azzurra Mancini le ha buttate. Davanti con Chiesa e Balotelli si può lavorare per un buon futuro, anche se Mancini come tanti altri italiani capirà – anzi l’avrà già capito – che per giocare con il 4-3-3 bisogna avere gli attori giusti non solo nel trio davanti. La positività azzurra contro la Francia è che non è mancato il nostro orgoglio, così scioccamente offeso dagli avversari.
Certe partite, come quella di lunedì prossimo a Torino, a rischio di perderle in modo anche netto, serviranno a Mancini per ricostruire e capire su chi puntare nel prossimo settembre quando incominceranno a contare anche i risultati.
La lezione delle sconfitte quasi programmate bisogna ripetere che non dovrà essere solamente per il tecnico ma per tutti quelli che nelle stanze dei bottoni di FIGC e Lega devono fare le riforme, ormai urgenti non solo per far ripartire la Nazionale di calcio.