Jorge Sampaoli, due braccia piene di tatuaggi mascherati dalla quella tuta un po’ “sarriana”, tipica di ogni allenatore dell’Argentina che si rispetti. Prima dell’hombrecito ci sono passati Sergio Batista, Alejandro Sabella, El Tata Martino e Bauza (e prima che quest’ultimo fallisse anche l’avventura con l’Arabia Saudita).
Lasciato a casa lo strapotere di Icardi e della nuova stella nerazzurra Lautaro Martinez, insieme al , soltanto la gioventù di Tagliafico e Lo Celso sono state premiate di fronte alla carovana di over 30 chiamati al canto del cigno nella loro ultima grande occasione per alzare al cielo un trofeo. La certezza in mediana è Javier Mascherano, dalla Cina con amore. Altro dubbio fondato: l’Argentina è davvero “più di Messi che di Sampaoli”, come dichiarato dallo stesso commissario tecnico dell’albiceleste in tempi non sospetti? Nelle ultime ore i sospetti sono tanti proprio su Sampaoli, dopo che una denuncia per molestie sessuali ha fatto e sta facendo tremare tutta l’AFA.
PORTIERI – Caballero (Chelsea), F.Armani (River Plate), N.Guzmán (Tigres UANL)
DIFENSORI – Mercado (Siviglia), Ansaldi (Torino), Otamendi (Manchester City), Fazio (Roma), Rojo (Manchester United), Tagliafico (Ajax), Acuña (Sporting)
CENTROCAMPISTI – Mascherano (Hebei China Fortune), E.Salvio (Benfica), Biglia (Milan), Lo Celso (PSG), Banega (Siviglia), E.Perez (River Plate), Maximiliano Meza (Independiente), Di María (PSG), Pavón (Boca Juniors)
ATTACCANTI – Messi (Barcelona), Dybala (Juventus), Agüero (Manchester City), Higuaín (Juventus)
COME SI SCHIERA – “Chissà com’è fatta l’Argentina” si sono chiesti per generazioni e generazioni alcuni fra i più importanti cantautori italiani. “Come giocherà l’Argentina?” è invece la domanda che si pongono addetti ai lavori da tutto il mondo. Una sola amichevole preparatoria, complici gli annullamenti delle gare contro Nicaragua ed Israele, non possono valere da cartina di tornasole per una squadra che ha anche perso il trequartista Lanzini per la rottura del legamento crociato. Al suo posto è sbarcato Enzo Perez, accolto in lacrime dalla madre del talento del West Ham. Passaggio di testimone? Probabile, come quello che tutti si aspettano fra la Pulga è la Joya, per ora limitatisi a sguardi e strette di mano. Che non è poco, ma non è abbastanza. No hay banda? Si viaggia tutti nella stessa direzione?
Correva il settembre del 2017, Icardi ci provava ma il Venezuela strappava un pareggio inguaiando la nazionale dei campioni, proprio mentre il Brasile di Tite superava ogni record. Da quel giorno sono cambiate tante cose, come del resto anche dalla finale di quattro anni fa. Al “caso Messi” ha fatto spazio la “bufera su Sampaoli”, la grinta di Maurito non è bastata ma la brigata biancoceleste è salita lo stesso sul treno verso l’Otkrytiye Arena di Mosca. Sampaoli si trova in mano la solita Argentina, un manifesto dell’asincronismo fra qualità lasciata a casa e fantasmi da scacciare. La sostanza di quel Perez a sostituire la classe di Lanzini, il tentativo di dare uno spartito inedito in mano alla solita orchestra albiceleste fatta di campioni con il vizio dell’assolo, sarà “polvere che vola ad un respiro”?
Da Salvio e Acuña esterni d’attacco a Salvio e Acuna terzini nel giro di pochi mesi. Da Icardi, Pastore, Papu e Perotti alla lista dei 23 convocati per il Mondiale in Russia. Da Ejzenstein, Pudovkin e Alexandrov a Messi, Dybala ed Higuaìn. La mancata corrispondenza fra suono ed immagine, fra quel che osserviamo e la cruda realtà, come quella fra giocatori e ruoli preconcetti, potrebbe rivelarsi decisiva nella patria dell’asincronismo.