E’ il secondo minuto di Roma–Atalanta: Under, sulla corsia destra, finta per rientrare sul mancino e crossa al centro dell’area. Ti aspetti Džeko e invece arriva Javier Pastore che, spalle alla porta, accarezza la palla con il tacco e la spedisce in rete con il benevolo aiuto del palo interno. Un gol meraviglioso, la pennellata di uno di quegli intermittenti artisti del pallone che fanno innamorare i tifosi, non meno di quanto facciano ammattire i propri allenatori.
Eusebio Di Francesco nel post-partita: “Pastore? La scorsa settimana ha sbagliato tutti i palloni e non poteva giocare. Gli ho chiesto più qualità e oggi l’ha messa in campo. Dopo il gol è sparito. Quando viene tra le linee diventa un giocatore importante. Io non sono fissato nel 4-3-3, io cerco di mettere i miei giocatori nella condizione migliore”
Nella partita di lunedì sera c’è tutto El Flaco: lampi di classe cristallina, equivoci tattici, inspiegabili pause. Nato a Córdoba il 20 giugno 1989, dopo un secondo posto nel torneo di clausura 2009 con la maglia dell’Huracán approda in Italia, nel Palermo di Zamparini.
Walter Sabatini, all’epoca Direttore Sportivo del Palermo, disse di lui: «Pastore arrivò in ritiro in montagna, direttamente dall’aeroporto. Il presidente Zamparini mi chiese di farlo giocare cinque minuti. Pastore, anche se stanco, fece una giocata straordinaria: stop e tunnel. Io dovevo andare in bagno, mi diressi nello spogliatoio, trovai Zamparini che piangeva dall’emozione davanti al bel gesto di Pastore. Si complimentò anche con me, l’unica volta»
Trequartista moderno, molto agile nonostante i suoi 187 centimetri, capace di grandi accelerazioni dopo il primo controllo per poi servire assist precisi sul taglio dei compagni, Pastore disputa con i rosanero due stagioni in crescendo: nella seconda mette a segno ben 13 reti e trascina i siciliani alla finale di Coppa Italia, persa contro l’Inter.
Arriva così la chiamata del Paris Saint Germain, che sborsa 43 milioni di euro facendo dell’argentino l’acquisto – all’epoca – più caro nella storia della Ligue 1. L’impatto con il campionato francese, concluso al secondo posto alle spalle del Montpellier, è scintillante: 13 gol in 33 presenze. Ma già dalla stagione successiva, il rendimento cala: 4 reti nel 2012-2013, una soltanto l’anno seguente, quello dell’approdo di Laurent Blanc sulla panchina dei parigini. Proprio con Blanc, fautore di un 4-3-3 che non prevede il trequartista, Pastore vede diminuire notevolmente il minutaggio a disposizione: nel 2015-2016 le sue presenze in campionato sono solo 16, anche a causa di alcune noie fisiche. Con l’arrivo di Unai Emery la musica non cambia: El Flaco, nonostante il suo talento immenso – e 5 titoli di campione di Francia in bacheca – è ormai ai margini del progetto tecnico.
Ora la chiamata della Roma, che ha investito 20 milioni più 4 di bonus: pur in un contesto che non sembra fatto su misura per lui, Di Francesco è infatti estremamente legato al 4-3-3, Pastore è indubbiamente uno dei giocatori dotati di maggior qualità dell’intera Serie A. Potrà ancora illuminare la scena come ai tempi di Palermo?