Don Gianni, parroco della Chiesa di San Bartolomeo di Staglieno, era volato fra il 1997 e il 2001 a Derby, sopra Manchester, a trovare Stefano Eranio (“ero salito a impartire un po’ di catechismo alle sue figlie dal momento che là c’è la chiesa anglicana”). In quei viaggi si rese conto che in Inghilterra il suo Genoa era conosciuto. Le radici, del resto, sono sempre radici.
Don Gianni lo sa bene, essendo cresciuto a “pane, fede e Genoa“, come tutta la sua famiglia. Una famiglia dove i calci d’angolo si chiamavano rigorosamente “corner”, in onore delle origini inglesi del Genoa. E si chiamavano così anche se si giocava tra fratelli, con quei palloni fatti di stracci cuciti assieme per miracolo.
Tra ricordi di gol storici, sensazioni positive sul futuro e racconti di “peccato originale” fatti ai genitori dei nuovi battezzati, Don Gianni ci ha raccontato la sua genoanità, come vive le partite dal settore dei Distinti dello stadio “Ferraris”, a fianco dei Figgi dö Zena. E di come dovrà cercare di calmarsi e gridare un po’ meno appena tornerà al suo posto.
DOVE NASCE LA FEDE GENOANA – “La mia genoanità nasce dal fatto che mio padre mi ha nutrito a pane, fede e Genoa. Non esiste altro: è un retaggio di famiglia. Mio padre diceva, quando giocavamo a pallone, che il calcio d’angolo andava chiamato “corner”, all’inglese. Perché il Genoa era nato da fondatori inglesi e doveva esserci proprio questa venerazione nei confronti delle radici del Genoa. Tanto per fare capire cosa intendo, con una battuta: quando io devo spiegare ai genitori che vengono da me per battezzare i propri figli cosa sia il “peccato originale”, dico che il peccato originale è essere genoani. E ci si capisce subito“.
LA PARTITA VISSUTA AL FERRARIS – “Mi devo un po’ calmare quando vado nei Distinti: manco da qualche partita, ma adesso mi rifarò sotto. Quando le partite non stanno andando a buon fine – ormai l’80% delle volte – mi trasferisco sulla ringhiera lato Nord e a quel punto, spostandomi rimediamo sempre. Quando torno a casa sull’autobus, peraltro, mi capita di gridare. Ricordo negli ultimi anni alcune partite perse dal Genoa ma giocando bene, ad esempio quelle con la Juventus. Sull’autobus gridavo dicendo che avevo visto giocare bene il Genoa e che ne ero contento. Magari perché si era perso per contingenze o arbitri. Ma quando ci sono questa voglia, questo cuore, sento che c’è nei nostri giocatori qualcosa che gli altri non sentono e non mettono in campo. Perché la Gradinata Nord, diciamocelo, non ce l’ha nessuno“.
IL PRESENTE – “Mi sembra che il nostro presidente ci tenga molto quest’anno, che ci sia la voglia di fare emergere quello che il pubblico si aspetta. Avrà le sue plusvalenze, ma perlomeno percepisco la volontà di farci soffrire di meno. Mi aspettavo di più a livello generale. Per “livello generale” intendo semplicemente il fatto che non mi riesco ancora a ricordare i nomi di tutti i calciatori: sono tutti nuovi e stranieri. Ma devo anche dire che 8/9 sono italiani. E fra questi c’è Mimmo Criscito: vorrei un giorno incontrarlo perché è come se fosse sempre rimasto con noi. In queste settimane ha segnato Piatek, ma due passaggi gliel’ha fatti lui perché segnasse. Sto attento a tutto”.
BALLARDINI – “Lo sento, per così dire, una persona “feriale”, come fosse un operaio. Una persona umile. Magari al microfono può avere qualche difficoltà, ma ha un’onestà e una capacità tali che si traducono nei risultati. L’anno scorso ci ha tirato fuori da una brutta situazione. Certo, ha fatto una difesa folle, ma per concentrarsi di più sull’attacco in questa stagione dove infatti abbiamo 5/6 attaccanti. Posso dire di essere molto fiducioso”.
PONTE MORANDI – “Penso che lo spirito di attaccamento che le società di Genoa e Sampdoria, coi loro tifosi e giocatori, hanno mostrato per Genova a proposito della tragedia di Ponte Morandi sia stato grandioso. Penso che nel futuro aiuterà come fosse adrenalina. Spero soprattutto il Genoa, ma anche la Sampdoria. Ci deve fare piacere sapere di vivere in una città come Genova che ha valori belli e positivi anche nello sport”.