Già in un altro pezzo, parlando della Nazionale Italiana di calcio affidata al commissario tecnico Roberto Mancini, era stata paragonata ad una sigaretta: squadra senza filtro, perché a centrocampo c’erano maggiordomi con i tacchetti non collegati con il play o presunto tale. Dopo la partita contro l’Ucraina si può continuare ad usare il paragone con il tabacco per tutti quelli che continuano a pensare di passare la Nationals League dopo le parole di Mancini pre-gara di martedì scorso. Per adesso, con quello che passa il convento, è una Nazionale semplice anche per merito dell’avversario, non una Nazionale (da) esportazione.
Contro gli ucraini l’Italia è andata meglio rispetto alle precedenti gare, come sempre è successo durante gli scorsi autunni, dove le gambe hanno sempre rullato di più nascondendo i patemi sul piano del gioco. Nessuno può nascondere il fatto che mercoledì sera gli Azzurri abbiano creato gioco, tirando, raccogliendo poco. Tutto è successo fino al gol di Federico Bernardeschi con regalo del portiere. Dopodiché l’Ucraina è uscita dal guscio per pareggiare, con Chiellini e compagni diventati asmatici nel gestire il pallone, neanche i cambi hanno portato ossigeno.
Anche Donnarumma non è stato perfetto sul gol preso, le sufficienze prese il giorno dopo non faranno cambiare idea sul suo utilizzo. Adesso per tutti coloro che quando gioca la Nazionale sostengono che si debba vincere non rendendosi conto delle difficoltà, Mancini deve vincere anche domenica in Polonia e po a Milano contro il Portogallo. Anche a Mancini piacerebbe, consapevole che la retrocessione nella Lega B della UEFA Nations League sarebbe un altro guaio non solo mediatico perché si complicherebbe il girone di qualificazione ad EURO 2020, unico obiettivo del CT dopo aver scandagliato il calcio italiano non solo in loco ma anche all’estero e capito che più di questo ora non c’è.
Mancini in FIGC è stato l’unico serio dopo il suo insediamento. Aveva detto che non avrebbe rotto i palloni con stage e altro ai colleghi allenatori e che avrebbe fatto tesoro di quello che avrebbero fatto sui campi di calcio. Unica cosa recepita e copiata è il tridente di Ancelotti con Lorenzo Insigne falso nove. Insigne non è Messi del Barcellona ai tempi di Guardiola, dove il centravanti non era la “pulce” ma lo spazio utilizzato dai compagni dentro l’area di rigore, operazione non successa al Ferraris.
Costruire dal quasi niente è difficile. Mancini prova tutti e si discutono le sue convocazioni, senza calcolare che a casa non sono rimasti dei fenomeni. Nella partita del Ponte Morandi non si è capito perché Criscito abbia fatto il Rivera del 2018, giocando solo 8 minuti grazie ai 4 di recupero, considerato che Biraghi non si era coperto di gloria. È dura: coraggio, il percorso è in salita, la speranza che il nuovo Presidente eletto il 22 ottobre prossimo faccia qualche scelta in favore degli Azzurri.