Abbiamo partecipato con piacere, personalmente e con la redazione di Buoncalcioatutti, alla chiamata alle armi di ieri sera da parte dell’Ordine dei giornalisti di Genova – e non solo genovese – per protestare contro gli attacchi alla stampa delle ultime ore da esponenti della politica. Il raduno di più persone, anche senza internet, si poteva fare prima per ridare dignità alla categoria dei giornalisti cercando di guarirla dall’interno.
Troppe sciocchezze giornalistiche sono contenute nel boccale che porta scritto sopra “libertà”. Non è libertà nutrirsi di fake news e divulgarle senza verificarle. Non è libertà copiare e incollare senza neanche citare le fonti. Non è liberta copiare e incollare e firmare articoli.
Si adopera la parola “libertà” come aroma per fare ingoiare la nuova medicina o purga proveniente dal Web. Adesso è giunto il momento di insegnare, da parte dei più vecchi e anziani, cosa vuol dire la parola giornalismo e come deve essere chi la propaganda, il giornalista.
Oscar Wilde si chiedeva quale fosse la differenza tra giornalismo e letteratura dandosi anche una risposta: “il giornalismo è illeggibile – a quei tempi, figurarsi adesso – mentre la letteratura non si legge“.
Sui giornali e sul web, attraverso i siti specializzati e no oltre ai blog personali, tutti cercano un titolo che esprima direttamente o per allusione la tendenza del giornale o del sito. La maggior parte da casa senza lavorare di “bottega” come accadeva decenni fa. Senza un contatto giornaliero e un confronto con la notizia, con la sua verifica incrociata. Salvo poi non trovare o trovare con difficoltà, nell’articolo, qualcosa che possa essere vicino ad un’inchiesta. Per tale motivo i giornali per qualcuno sono la ferrovia delle bugie, in particolare per quelli che cercano un titolo e rimangono delusi se poi diventano le trattorie dei cervelli e degli animi che non hanno una cucina propria.
È giunto il momento che la categoria, per continuare a crescere giovani che non debbano pagarsi di tasca propria l’accesso all’Ordine nel lungo percorso biennale richiesto, al posto degli eventi formativi, fatti in qualsiasi tipo di ordine e categoria professionale, passi ad una scuola di giornalismo. Una scuola non solo fatta a pagamento, ma pure con crediti obbligatori.
I giovani sfruttati dagli editori difficilmente, dopo il lavoro di apprendistato, si specializzano in materie che dovrebbero riempire i giornali: politica, cronaca, attualità, sport. Ormai, in particolare nelle redazioni delle televisioni, non si formano specialisti in un campo di informazione. Sono tutti tuttologi, cultori di tutte le materie con interviste a tutto campo.
Per rimanere nel campo che conosco meglio, ci sono tanti giovani che, pur non avendo mai giocato al pallone o frequentato una società sportiva dilettantistica o calcistica, scrivono di calcio giudicando il lavoro di professionisti. Professionisti che sbaglieranno come sbaglieranno questi giovani senza nessun in grado di correggerli. Seguire l’onda della contestazione è più facile che raccontare quello che di buono accade durante un allenamento oppure una partita di calcio. Fare le pagelle è diventato altro sport del calcio: non si fa mai un’analisi completa di quello che è accaduto in 90’ di gioco.
Le conferenze stampa tra giornalisti con la telecamera e le domande sono ormai composte da giovanotti con il dito sul iPhone per dare la notizia per primi. Le domande hanno sempre un unico comune denominatore: capire qual è la formazione (guai non darla giusta) e quali sono gli infortunati, qual è il pensiero sugli avversari – per di più sempre positivo da parte del tecnico per tirare acqua al proprio mulino – oppure andare fuori tema a nome e per nome dello scoop e prendersi dei “rimbrotti” dai tecnici e dirigenti. Questo è all’ordine del giorno. Preparandosi e non improvvisando, però, si potrebbero mettere i tecnici nell’ordine di idee di capire che tutto non va bene prima della gara, con la conseguenza di naufragare post gara.
È giunto il momento che chi vuole parlare di calcio legga almeno un libro di tecnica e tattica nel quale si parla anche di analisi di una gara di calcio. Ed è giunto il momento in tutte le Tribune Stampa e alle conferenze stampa che ci siano i giornalisti che devono lavorare, non gli amici degli amici, bambini, mogli e amanti. Persone che almeno abbiano il tesserino dell’Ordine. Meglio precisare: questo accade in tutte le Tribune stampa dei campi italiani dove adolescenti con il solo personal computer in mano diventano giornalisti. In realtà, però, si dovrebbero accreditare solamente le testate giornalistiche registrate in Tribunale. E l’iter per farlo, tra l’altro, non è né economico né particolarmente facile da intraprendere. Forse proprio qui, nella facilità di aprire un sito e inventarsene la registrazione in Tribunale comprovata dagli atti, sta la comodità che affossa la libertà di cui si parlava all’inizio.
Tutto può divenire ancora bello, utile e normale se si decide di dividere quelli che lavorano da quelli che sono spettatori non paganti, con il tesserino oppure senza. Perché le Tribune stampa ormai sono desolatamente vuote.
Una scuola di giornalismo per le nuove leve non mandate allo sbaraglio potrebbe far ritornare il giornalismo in tutti i campi di discussione e cronaca della vita ad essere il quinto potere di una volta che faceva tremare, cambiare e trasformare. Con le inchieste senza scoop e fake news.