Con Cesare Prandelli il campionato italiano è nuovamente tutto italiano in panchina, mentre nelle squadre del campionato di Serie A e nelle Coppe imperversano i calciatori stranieri, anche senza risultati. La Federazione Italiana Giuoco Calcio continua a dormire sulle riforme e difficilmente la nazionale di Roberto Mancini troverà lo sbocco del gol tanto agognato nelle prossime gare di qualificazione agli Europei.
Il Genoa a Prandelli e il tecnico di Orzinuovi già dal suo arrivo è salito sul barcone rossoblu; dal primo momento ha capito che avrebbe dovuto barcheggiare nell’affrontare una specifica situazione e in questa prima settimana di lavoro ha cercato di issare le vele per sfruttare al massimo il vento e cercare di prendere velocità attraverso un gioco poco differente, in un ambiente che non vive mai con il “tempo di maccaia”, cioè tranquillo.
Per raccontare Prandelli non voglio e non bisogna scorrazzare fra la retorica del “bel calcio che era”, quello con la Fiorentina dal 2005 al 2010 o quello con la prima avventura Nazionale, quando vinse la medaglia d’argento nel 2012 agli Europei e quella di bronzo alla Confederations Cup in Brasile del 2013.
Prandelli si è tolto dalle spalle il brutto momento, arrivato nel campionato Mondiale del 2014 e il passato per lui rappresenta solo un insieme di memorie. Il suo ritorno al calcio nel campionato italiano è come e deve essere uguale a quello del Professor Scoglio, che al suo ritorno a Pegli gridava: “Non faccio poesia, verticalizzo”.
Visto il genoa con l’Imperia ieri pomeriggio. Prandelli avrà fatto allenamenti spiegando: difendere e attaccare, difendersi per attaccare. Ripetendo, come avranno fatto i suoi predecessori, che il calcio sia nella prestazione individuale sia in quella collettiva, nelle due fasi di gioco deve essere considerato sotto l’ottica dei fattori principali: tempo e spazio. Tempo e spazio gli allenatori lo possono insegnare, ma le sensazioni spazio-tempo devono essere dei calciatori in quelle particolari situazioni di gioco.
“Il calcio non è scienza”, i calciatori non sono computer e al sistema di gioco Prandelli non attribuirà un valore tecnico esagerato. È importante che i calciatori del Genoa prossimamente siano distribuiti bene sul terreno di gioco e che corrispondano alle loro caratteristiche tecnico-tattiche.
La zona di Prandelli sarà “sporca”, un misto di marcatura a uomo e a zona e tutto il campo dovrà essere diviso (teoricamente) in vari segmenti dove tizio non deve passare il pallone a caio ma deve giocare il pallone in una zona dove deve esserci quasi obbligatoriamente caio: semplicemente giocare senza pallone. A Prandelli piace giocare con i rombi, sia nella fase difensiva che in quella nel cuore del gioco. Si sono visti con l’Imperia quello difensivo, prima con Sandro e dopo con Veloso, così come quello d’attacco con lo spostamento in fase di possesso prima di Bessa e dopo di Medeiros.
Le forze delle sue squadre le ha costruite tutte sul centrocampo e in base alle caratteristiche dei suoi centrocampisti costruisce lo schema della squadra. A centrocampo preferisce giocatori di qualità, nel passato rinunciava anche a mediani di rottura e contenimento: unica scelta differente fu De Rossi.
Il centrocampo rotante, di cui Prandelli ha parlato anche al termine della gara con la SPAL se l’incontro si fosse giocato in parità numerica, è un marchio di fabbrica che gli ha dato risultati anche in Nazionale, tenendo conto che i centrocampisti erano Pirlo, Marchisio e Montolivo nel pieno della forma e giovani. Sul mercato calcistico attualmente sarebbe difficile da reperire un trio cosi omogeneo di qualità, con l’aggiunta di De Rossi. Non visto nell’amichevole contro i rivieraschi del Ponente. L’abilità di quei calciatori era scambiarsi posizione più e più volte all’interno della stessa partita e non dare punti di riferimento agli avversari, costringendoli a giocare in orizzontale con una manovra lenta e prevedibile. La primaria idea dei centrocampisti in fase di non possesso: fare densità intorno a colui che portava il pallone, oppure allargarsi nel contrapporsi per non dare spazio ai terzini avversari sulle corsie laterali, con le diagonali difensive all’ordine della gara. Bravi Bessa e Hilijemark nell’amichevole.
Altra caratteristica del gioco “prandelliano” sono un terzino che spinge e l’altro aspetta in difesa. Di tutto questo movimento di centrocampisti e difensori, chi ne dovrà trarre vantaggio sarà davanti il campione, il singolo che si esalterà quando gli schemi andranno a buon fine, muovendosi in verticale, nello spazio e smarcandosi nello spazio luce.
Perciò, per ottenere tutto ciò, Prandelli avrà bisogno di tempo e al Genoa adesso manca. Quando tutti saranno in grado di attaccare con schemi e compattezza, con un pressing offensivo continuo più alla Klopp che alla Sacchi, i risultati da 3 punti potrebbero e dovrebbero arrivare, se non si metterà nessuno nel mezzo. La forza di Prandelli è non essere “talebano” di un solo modulo, e se giocherà con 3 o 4 difensori è un falso problema. Importante imparare e giocare con la pratica – non la teoria – dei due rombi in difesa e a centrocampo, in grado di sviluppare 4 4 2, 4 3 3, 4 3 1 2 ed anche 4 2 3 1 .
Copio e incollo altro concetto di Franco Ferrari in una lezione sulla tattica di Coverciano: “La richiesta di una tecnica precisa in rapidità di esecuzione, abbinata a ripetute velocità di spostamento, inserito in azione di gioco (con e senza pallone), con una rapida e variegata capacità di decisione tattica: questo rappresenta il calciatore ideale per ogni allenatore” .
Operazione che Prandelli sta cercando di far assimilare, anche con i dovuti errori di transizione come contro l’Imperia. Detto ciò, contano poco i numeri dei moduli senza una distribuzione dei calciatori sul terreno di gioco in base alle loro caratteristiche. Il modo di muoversi compatti, stabilendo i rapporti tra i singoli calciatori in relazione se il gioco si svolga in fase di possesso o di non possesso: questo sì che avrà la sua importanza sull’esito finale di una partita.