Dopo esserci fatti raccontare Stefano Sturaro dal suo stesso scopritore ai tempi dei Carlin’s Boys, Michele Sbravati, responsabile del settore giovanile del Genoa, si è concesso ai nostri microfoni e alle nostre telecamere per la rubrica “VIG – Very Important Genoani”, raccontando come nasca il suo senso di appartenenza ai colori rossoblu.

“Perché sono genoano? Una domanda che a volte sorprende gli stessi Genoani. Ho avuto il privilegio da ragazzino di essere stato scelto dallo storico talent scout della presidenza Fossati, Amilcare Pallotti. Una figura storica per il Genoa e il suo settore giovanile, che aveva all’epoca come allenatori Maselli, Rosina o Perotti. Entrare a far parte di questa famiglia ti coinvolge, ti trasmette una sensazione non tanto di tifo, ma di appartenenza. Un senso che cerchiamo di trasmettere anche ai ragazzi. Ti accorgi dell’importanza di questo senso di appartenenza quando non ci sei più”.

“Io non sono ligure, ma lombardo di nascita. Mia mamma era interista, mio padre juventino. Ma l’inserimento a 14 anni nel settore giovanile ha prodotto questo affetto verso i colori rossoblu, negli anni consolidato come senso di appartenenza”.

“Cosa significa partire dal settore giovanile e arrivare a giocare in prima squadra? Per me si è trattato di una botta di fortuna. Ero un buon giocatore, mi hanno sempre fatto fare il capitano e i compagni mi hanno sempre riconosciuto come un giocatore di riferimento. Più per gli atteggiamenti morali che non per le qualità tecniche. Ho fatto una carriera normale, con tanta Serie B e Serie C, magari con qualche infortunio grave che mi ha un po’ nociuto. Se non mi fossi fatto male, però, avrei fatto poco più di quello che poi ho effettivamente fatto”.

“Col Genoa debuttai al “Cibali” di Catania, in un 4-1 con doppietta di Fiorini e gol di Simonetta e Bosetti. C’erano anche Chiappino, Picasso, Rotella, Eranio. Era un’infornata di giocatori bravi che avevano, per fortuna, degli insegnanti molto bravi come Perotti, Maselli, Rosina, Mainetto. Salvo qualcuno come Simonetta, Somma o Sgrò, eravamo tutti di Genova”.

“Il ricordo che mi lega al Genoa? Mi ricordo il vecchio “Ferraris”. Facemmo l’esordio a Catania e poi, la giornata dopo, fummo confermati in casa contro l’Arezzo. Sotto la pioggia, una partita di Serie B. Era l’anno di Tarcisio Burgnich. L’impatto con Marassi fu clamoroso. Quando vincemmo la Columbus Cup nel 1985 davanti a 45mila spettatori giocammo contro la Sampdoria di Boskov e, in finale, contro il primo Milan di Berlusconi, affidato a Liedholm. Mi ricordo che parlando con Testoni e Trevisan per darci indicazioni, a cinque metri di distanza non ci sentivamo“. 


Genoa, Michele Sbravati racconta Sturaro – VIDEO