Con tutta la rabbia, con tutto l’amore. Lo senti quel suono di un piano? Un piano americano, quello della libreria newyorkese in cui il genovese Paolo Kessisoglu ha composto una canzone per la nostra città. Canzone scritta di getto, arrivata nelle librerie e sulle piattaforme con un monito ben preciso: “Ora basta parlare”. Il piano del progetto sociale portato a Genova con “C’è da fare”, brano messo in musica grazie alla collaborazione di 25 artisti italiani uniti e solidali, si stringe con un doppio nodo al mondo dello sport. Il perché ce lo ha spiegato lo stesso attore, comico, conduttore e cantautore (non da oggi) genovese.
Il sogno? Poter costruire un centro sportivo a pochi passi dal luogo in cui è avvenuto il crollo – ricorda in una nota stampa Occupy Albaro, l’associazione che gestirà i proventi – e laddove diedero i primi calci al pallone anche quelle che poi sarebbero diventate le due squadre principe nel capoluogo ligure. In una città così emotivamente legata al calcio, anche Genoa e Sampdoria diventano un modo come un altro per unire. Movimento popolare che si unisce al mondo della musica. Tutte le donazioni ricevute, è bene ricordarlo, saranno comunque destinate ad un’iniziative di assistenza socio-sanitaria nella zona della Valpolcevera. In grassetto le nostre domande a Paolo Kessisoglu, in corsivo le risposte:
C’è da fare. Non ti chiedo cosa, non ti chiedo quanto ma ti chiedo: perché?
«C’è da fare perché bisogna rimboccarsi le maniche, soprattutto in questo momento. Ognuno lo deve fare a suo modo, il mio è stato quello di buttare qualche nota sul pianoforte e scrivere questa canzone. Ho trovato 25 cantanti che fanno parte della storia della canzone italiana, cantanti volenterosi, entusiasti. Gli altri facciano la loro parte: la canzone è uscita, e “C’è da fare” può diventare anche qualcosa di più oltre alla canzone».
Dai cantanti ai calciatori, nei giorni scorsi sei stato ospite del Genoa. Ti chiedo che emozione sia stata – sappiamo che una parte dei cimeli presenti al Museo del Genoa sono stati donati da tuo padre – e quanto il tuo progetto sociale si leghi al mondo del calcio
«Certo, si lega moltissimo allo sport. Sono stato al Genoa ma mi piace ricordare che anche la Sampdoria ovviamente ha dato la propria disponibilità. È solo un fatto di mettersi d’accordo su come e su quando, andremo anche da loro. L’immagine dei due tifosi che sorreggono il ponte non è stata solamente un’invenzione creativa ma ha anche un fondamento nella realtà, perché mai come in questo momento Genova è unita e lo sono anche le sue tifoserie. E questo è un grande orgoglio. Il calcio c’entra anche nell’ambito pratico, perché se i proventi saranno molti – parlo anche per voce di Occupy Albaro – Uno dei progetti più ambiziosi che abbiamo è quello di realizzare proprio sotto il ponte un centro sportivo, laddove alla fine dell’800 sembra che Genoa e Sampdoria abbiano tirato i primi calci al pallone. Sarebbe davvero una bella cosa».
Il mondo dello sport così come quello della musica, in una città emotivamente legata a squadre e cantautori come Genova, è uno dei pochi modi rimasti per fare qualcosa ed unire qualcuno?
“La musica e lo sport, il calcio soprattutto, a Genova hanno molte cose in comune. C’è una relazione grandissima fra le due cose: passione, spirito di sacrificio, creatività e fantasia. Sono due mondi che parlano un linguaggio simile e si ritrovano a centrocampo insieme. Abbiamo avuto grandi calciatori e cantautori, speriamo che questi due mondi continuino ad influenzarsi e a lavorare insieme”.