È difficile fare calcio in Italia, non solo sul campo e sulle panchine, ma anche dietro le scrivanie: il licenziamento o le dimissioni di Monchi dalla Roma ne sono la prova.
Il nuovo direttore sportivo della Roma quando era arrivato nella capitale era considerato una icona del calcio internazionale dopo le stagioni e le competizioni di Europa League vinte con il Siviglia, gli introiti fatti per la squadra andalusa con vendite miliardarie e acquisti sconosciuti, talenti da rifinire e buttare sul mercato. Arrivato a Trigoria, Monchi era considerato un referente globale del calcio, motivo di studio non solo per altre società ma anche per l’Università.
Monchi in Spagna si caratterizzava per essere un direttore sportivo con un particolare occhio clinico al talento. La Serie A però ha dimostrato che non è un palcoscenico, in particolare alcune piazze, per poter fare il suo calcio. Il calcio italiano non può essere prevedibile: è solo strategia tattica .
La Serie A si mangia calciatori, allenatori e dirigenti stritolati dalla tattica e, di conseguenza, dai risultati. In Spagna è il possesso pallone che fa emergere i talenti. I talenti in Serie A hanno meno tempo a disposizione per pensare e devono essere più efficienti nell’uno o due tocchi, perciò il dribbling, l’arma in più in altri paesi, non viene mai messo a disposizione del gioco. Non è una questione di qualità visto che nel campionato italiano non scarseggiano i talenti e quando non ci sono vengono prelevati all’estero, ma molti si bruciano per non essere preparati dal punto di vista mentale avendo il tempo per inserirsi minimo. Ai primi errori vengono subito francobollati da bidoni, l’esigenza è altissima tra le dirigenze e le tifoserie vivendo solo nell’ansia del risultato.
Monchi appena arrivò a Roma capì che nella Capitale per aprirsi una strada doveva appoggiarsi a qualcuno che da poco aveva finito di emozionare non solo il popolo giallorosso ma tutta l’Italia: quel Totti fresco di addio al calcio giocato.
Volle il “pupone” subito al suo fianco. Totti fu entusiasta, trovò conforto nelle linee guida del ds andaluso propenso e attento al rispetto delle regole del calcio, non scritte ma sacre dentro e fuori dallo spogliatoio. Totti disse subito: “vorrei rubare i suoi trucchi del mestiere“.
Dopo i primi mesi alla Roma, Monchi si accorse subito che il suo modello del Siviglia FC non poteva essere riproducibile sotto il Cupolone date le situazioni e l’ambiente. Il materiale umano era difficile da assemblare, dentro e fuori dal campo, e occorreva del tempo per permettere che il suo cambiamento potesse essere digerito e avere un’evoluzione. Capì subito che lo spogliatoio della squadra era difficile da amministrare e doveva battersi contro gli ego dei talenti con molta abilità.
La sua gestione sportiva vincente si basava su l “saper trasformare una idea geniale in un modello imprenditoriale vantaggioso“. E capì subito che era difficile con i giallorossi.
Alla Roma l’unico obiettivo era vincere, arrivare in zona Champions e del futuro da costruire interessava poco alla proprietà. Importante anche per gli americani fare plusvalenze corpose e incassare euro sonanti dall’Uefa. Monchi era stato preso per fare solo plusvalenze, a sua insaputa. Le vendite di Salah e Alisson ne sono la prova. In quel caso il ds doveva trovare i talenti per sostituirli: operazione non facile. La Roma con Momo e Alisson avrebbe potuto insidiare il campionato italiano e l’Europa? Questa domanda a Roma è stata il muro del pianto contro la proprietà dall’inizio della stagione e non ha dato il tempo a Monchi e ai calciatori arrivati di crescere.
Il divorzio di Monchi dalla Roma è stato messo in piazza non solo dalle Radio giallorosse. Sentenziosa una frase di Monchi al momento del distacco: “sono stato un principiante dovevo prendere più informazioni. Sono andato via perché l’idea della proprietà era diversa dalla mia”. Monchi difendeva il tecnico Di Francesco, ma il consulente del presidente Pallotta non era l’andaluso bensì Franco Baldini che ha orientato e orientava i giudizi da Londra.
Pallotta accusa Monchi di non aver avuto un piano B, i tifosi di aver venduto Salah, eseguito perché ce n’era bisogno per il bilancio (accade in tante altre società del campionato italiano). Monchi è accusato di aver fatto arrivare a Trigoria Pastore, Schick, Nzonzi, Cristante, Kluivert per circa 150 milioni di euro che non hanno reso nulla o poco. Pallotta nelle sue dichiarazioni post Monchi ha detto che lo aveva ingaggiato a peso d’oro perché gli doveva portare allenatori, preparatori, staff medico, addetti allo scouting e organizzazione tutto di primo livello. Pallotta aveva preso Monchi per un mago visti i risultati al Siviglia, dove però imperava, comandava e faceva tutto da solo con il suo staff.
A Roma doveva vedersela con la corte esterna degli ex dentro e fuori dal campo e alle Idi di marzo ha rivissuto la storia di Cesare (non ucciso o accoltellato) da Bruto e Cassio, contrari ad ogni forma di potere nelle mani e nella mente di uno solo con la Lupa giallorossa di mezzo.
Pallotta ha licenziato Monchi solo per una ragione: non avere avuto pazienza ad aspettare il suo lavoro, perché la Roma è uscita dalla Champions e probabilmente non ci entrerà alla fine di questo campionato, un colpo importante al suo portafoglio che dovrà immettere dollari freschi.
Monchi ha capito che in Italia è difficile fare calcio senza tempo a disposizione e si sarà ricordato dei consigli di Antonio Conte quando si insediò a Trigoria: “nel calcio italiano non c’è nulla di scritto. C’è tutto quello che si dice, tante parole, ma poi bisogna fare i fatti sul campo”.
Monchi ha capito che nel calcio italiano non si possono sfruttare le avversità come stimolo di crescita e gli italiani sono specialisti pronti a spingersi ai limiti del regolamento per portare a casa una partita. Difficile rimboccarsi le maniche nel calcio italiano, meglio far saltare panchine, direttori sportivi e mai capire perché anche i talenti non riescono a sfondare, sempre e solo colpa del risultato .
La Juventus ha passato il turno di Champions e tutti hanno ringraziato CR7. Se non fosse successo altro che Idi di Marzo: sarebbe stato uno tsunami, per di più dopo il siluramento di Marotta.
Monchi ha capito ed è andato via subito. Quando si piazzerà in altra società facendo risultati ci saranno rimpianti: ricordi vestiti a lutto, già visti troppe volte nel calcio italiano.