Importante fare gol. Le parole di Mancini dopo la gara di Parma. Contano poco i risultati con Finlandia e Liechtenstein, ma conta come sono arrivati e perché sono arrivati. 

Sono arrivati perché Mancini ha puntato sui giovani e sulla qualità, rinunciando a scomodi personaggi che avevano fatto affondare Ventura nel momento del bisogno. Non solo Ventura, ma anche altri commissari tecnici che lo avevano preceduto dopo averli illusi nella gare di qualificazione verso i mondiali del passato.

In dieci mesi sulla panchina azzurra, il Mancio ha rinverdito il calcio italiano, ha mandato un messaggio agli allenatori del campionato italiano che tengono giovani talenti a crescere in panchina, anche se davanti non hanno CR7 o altri fenomeni.

Il ponte verso l’Europeo del 2020 è stato gettato dal CT, che oltre ad aver coraggio dimostra anche di avere occhio nel recepire la qualità di quelli convocati. Diciotto esordienti in neppure un anno dal suo insediamento è un record o quasi.

Mancini ha scommesso su giovanotti di belle speranze. Kean, Barella, Sensi, Chiesa, Piccini, che bene o male giocano nei club, ma anche su qualcuno che, una volta convocato lo scorso settembre, non aveva un minuto di gioco in Serie A come Zaniolo, dopo quella convocazione diventato pressoché un leader nella Roma.

Mancini, oltre a fiutare i giovani, doveva mescere il cocktail con gli anziani. E anche qui non ha sbagliato le scelte e il mix è apparso giusto, malgrado nel mixer abbiano fatto fatica non tanto i “nonni”, ma gli “zii”. Quelli che anche in campionato fanno accendere la luce ad intermittenza come Belotti, Immobile, Bernardeschi, che in Nazionale si perdono.

Chi gioca, chi si impegna con il club e ha la testa a posto viene convocato. Quagliarella e Pavoletti ne sono la prova. Discorso differente per Verratti e Jorginho, che sono titolari fissi nei club di prima fascia pur non essendo leader. Peccato che non abbiano capito che potrebbero esserlo anche con la maglia azzurra. Mancini sceglierà fra uno dei due.

La speranze, in attesa di altri impegni che mettano in palio punti più probanti, è che i boys di Mancini siano in grado di rinverdire i Cabrini, i Tardelli, i Collovati, i Bergomi e compagnia che hanno portato a casa un Mondiale inaspettato.

I ragazzi di Mancini, rispetto ai Mondiali appena citati, hanno delle analogie. I primi arrivavano da un’altra debacle del calcio italiano e approfittarono della riapertura delle frontiere nel 1980 per studiare i campioni arrivati dall’estero. I secondi li stanno imitando e imparando durante gli allenamenti dai vari CR7 e altri giocatori di qualità che danno del “tu” al pallone, anche se non sono maestri.

I vecchi mondiali spagnoli e i giovani attuali hanno una prerogativa: trovano sempre il colpo vincente anche in partite non godibili come le ultime due giocate. Mancini è stato bravo a liberare il talento, adesso dovrà essere ancora più bravo a fare capire che il tatticismo delle squadre di club non fa fiorire i giovani e il loro talento. Riportato l’entusiasmo attraverso il gioco, mostrando qualcosa di diverso (anche se c’è ancora molto da fare), ora la sfida di Mancini è regala una nuova speranza.

Il nuovo corso respira un’aria già vista ai tempi di Prandelli. Basta poco a fare girare la bussola e i mulini a vento del calcio italiano. Perciò Mancio, convoca il tecnico del Genoa e fatti spiegare che quando la musica azzurra stona, tutti si nascondono dietro il pallone e la colpa è solo del direttore d’orchestra.

Questa ondata di simpatia azzurra deve continuare!