Nelle scorse settimane si è già scritto che è difficile vedere determinati moduli senza dribbling.
Se si dovesse fare una inchiesta o chiedere ad un appassionato di calcio qual è l’azione più emozionante di una partita di calcio, oltre il gol, la risposta vincente dovrebbe essere la stessa: il dribbling, l’unico momento in cui il calcio attuale fa la differenza e si avvicina al calcio del passato.
Sono lontani, qualcuno dirà che si gioca ad altre velocità con troppo tatticismo, i tempi di Causio, Sala, Bruno Conti, Donadon, Meroni, Nappi e compagnia. Tutti giocatori che con finte e controfinte, oltre costruire carriere scintillanti, hanno fatto conseguire risultati ai club e alla nazionale.
Il dribbling, fondamentale del calcio e delle vittorie, nel campionato italiano è il meno usato. Per niente chi sta vincendo da lungo tempo è la Juventus con Cuadrado, Bernardeschi, Dybala, Douglas Costa e CR7.
Manca il dribbling nel campionato italiano perché tutto è basato sull’agonismo, sulla forza fisica, certamente importanti ma non paragonabili ad un tunnel ben fatto che apre spazi e squadre avversarie.
Tutto ciò dovrebbe far pensare di dover cambiare il percorso di crescita dei giovani calciatori che privilegia fisicità e tattica rispetto alla tecnica pura. Le partite in TV, non solo quelle delle competizioni europee, non allargano gli orizzonti per capire che si vince oltre che con la corsa anche con la tecnic , con la prestanza fisica ma con qualcuno in squadra che faccia delle finte e butti giù i catenacci.
Ultimamente le Coppe Europee sono state dominate dalle spagnole e dalle squadre inglesi essendo le squadre che utilizzano di più il dribbling. Il CIES, il centro studi sul calcio di Nyon, ha stilato una classifica del dribbling in Europa e solamente due italiani risultano tra i primi 50: Chiesa della Fiorentina e Lazzari della Spal. Bernardeschi poco considerato non avendo giocato con continuità come Politano. In più ci sono altri cinque militanti in Serie A non italiani in questa classifica: Papu Gomez, Ansaldi, Cancelo, Dybala e Cristiano Ronaldo.
Al calcio italiano, dunque, manca fantasia e guardando le partite spesso ci si annoia. Ad infervorare e riempire gli stadi sono sempre stati i giocatori di fantasia, quelli capaci di mettere con il sedere per terra l’avversario con un dribbling o una finta.
Oltre non fare le riforme, il calcio italiano non sforna più talenti come Baggio, Zola, Totti, Del Piero, personaggi che puntavano l’avversario lasciandolo sempre sul posto. Serve un cambio di mentalità da parte di tutte le componenti, troppo fossilizzate sul tatticismo.
Guai a fare una rabona, ma con qualche dribbling in più si potrebbe veramente dire di giocare con il 4-3-3 o il 4-2-3-1, ovvero sia i moduli più gettonati che fanno risultato in Europa. Il Totem del risultato nel campionato italiano incomincia a stufare: vedere sempre 9 calciatori dietro o avanti la linea del pallone non diverte più.
Dopo l’eliminazione da parte della Svezia, i tifosi si divertono di più a vedere le partite del calcio femminile che fra qualche anno potrebbe portare via il palcoscenico a quello maschile.