L’allenamento mattutino sotto gli occhi del presidente Preziosi, poi un pomeriggio intero passato nel cuore di Genova, tra Palazzo Tursi e il complesso dei Rolli, che da oggi sono visitabili in una tre giorni che renderà visibili al pubblico anche gli angoli più nascosti di Genova. Si è delineata così la giornata del tecnico rossoblu, Cesare Prandelli, che ha svolto un’ora e mezza di visita ai Palazzi di via Garibaldi, in particolare tra Palazzo Rosso, Palazzo Lomellino, Palazzo Bianco e Palazzo Tursi (e, per precisa richiesta di Prandelli, anche la Sala degli Specchi all’interno della Camera di Commercio, ndr). Al suo fianco anche il vice presidente rossoblu, Antonio Blondet, e Antonio Bettanini, membro del Consiglio di Reggenza della Fondazione Genoa. A guidare il tecnico rossoblu nel suo percorso è stata Barbara Grosso, nuovo assessore alle politiche culturali di Genova, assistita da una relatore esperto nel settore.
Al termine della visita, l’attuale tecnico del Genoa ha voluto parlare di questa esperienza culturale e spiegarne l’importanza per capire la storia e la mentalità di un’intera città.
“Un giro interessante, e questo perché non si può vivere senza memoria e senza conoscere la propria storia. In questi giro ci sono molti particolari che assomigliano alla nostra vita quotidiana. Se vogliamo rapportarlo ad una squadra di calcio, ai tanti giocatori che arrivano dall’estero devi fare conoscere la tua storia, la tua cultura, il tuo modo di vivere ed essere. La tua appartenenza. In questo giro si scopre la propria appartenenza. Se può essere un’idea quella di prendere i nuovi arrivati a inizio stagione e far scoprire loro Genova? In realtà avrei anche tante altre idee: l’importante che arrivino buoni e interessanti da un punto di vista sportivo. Poi culturalmente qualcosa si può fare, questo è certo”.
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Il tecnico rossoblu commenta anche le parole di Furino intorno alla nuova maglia della Juventus e le nuove idee di marketing e risponde a chi glielo chiede, anche in merito alla maglia celebrativa verde del Genoa che gli era stata consegnata ad inizio giro, che “la storia mia e di Furino è una storia contemporanea, ma qui si parla di una storia che ha permesso ad una città di farsi conoscere nel mondo. Non è uguale il paragone. Vedendo quella maglia e quel colore, la sensazione è stata positiva. Furino è un nostalgico: quando giocavamo noi la maglia aveva sì e no una scritta, forse neppure quella. Ma il calcio va avanti, non puoi tornare indietro. Importante che rimanga sempre attaccata addosso”.
Infine, il tecnico rossoblu conclude sul calcio come veicolo culturale e prende un po’ le parti dei calciatori, che un luogo comune ormai diffuso considera poco affini alla cultura. “Non è così – spiega Prandelli – perché gli anni che ho passato a Firenze, i miei calciatori erano partecipi e collaboravano a queste iniziative. Devi infatti capire in che contesto vivi: devi capire la mentalità delle persone che ti ospitano. Noi siamo ospiti di questa città e dobbiamo quindi avere rispetto per il posto dove viviamo“.
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