Intervista a cura di Alessio e Lorenzo Semino
Dopo un anno e mezzo da direttore generale del Genoa, Giorgio Perinetti ha fatto gli scatoloni e ha lasciato Villa Rostan immersa nei lavori di ristrutturazione dei terreni di gioco (clicca QUI per saperne di più). Tutto il Genoa è in fermento, in rimescolamento, e lascia il proprio ufficio oggi un direttore che ha vissuto una salvezza conquistata in corsa con mister Ballardini e tutti gli stravolgimenti dell’anno passato, tra esoneri e salvezze dipese più dai risultati degli altri che da quelli del Genoa. Questo pomeriggio lo abbiamo incontrato all’Hotel Mediterranee di Pegli per fargli qualche domanda.
Direttore, oggi è il suo ultimo giorno a Villa Rostan…
“Chiudiamo questa avventura, questa esperienza. Ovviamente c’è un po’ di rammarico per non essere riusciti a dare quel che si voleva, non ci sono riuscito e mi dispiace per non aver portato a termine completamente quello che volevo fare nell’interesse della proprietà e della società, che ha pensato a cambiamenti nel management. Credo che il mio passo indietro sia condiviso totalmente con la proprietà e utile per consentire più velocemente la ripartenza del Genoa del domani, verso prospettive mi auguro migliori rispetto alle ultime esperienze”.
Un anno e mezzo a Genova e l’idea comune, specialmente via social, è che se ne andrà dopo aver fatto da parafulmine al presidente Preziosi, specialmente per le molte dichiarazioni rilasciate in materia di calciomercato. Cosa risponde?
“Penso di aver trovato una situazione abbastanza delicata al mio arrivo e di aver contribuito a rasserenare l’ambiente. Il mio arrivo è coinciso con la vittoria a Cagliari di Juric, che poi si è deciso di cambiare. Con l’arrivo di Ballardini si è fatta credo una buona stagione, perché ci si è salvati a quattro giornate dalla fine dopo una stagione difficile. Nel secondo anno c’erano più ambizioni, più voglia di non ripetere un’annata difficile come quella appena trascorsa ma paradossalmente è stato più difficile e la salvezza è arrivata all’ultima giornata. Non si tratta solamente di fare da parafulmine: un dirigente deve interpretare nel migliore dei modi gli input societari e cercare di portarli avanti nel migliore dei modi. Nel primo anno credo di esserci riuscito, nel secondo meno.
Credo che poi tutto giri intorno alle mie dichiarazioni sull’incedibilità di Piatek, discorso di cui si potrebbe parlare per mesi e tutti rimarrebbero della propria opinione. Prima di tutto un dirigente non può mai ammettere pubblicamente una cessione, perché è contrario ai princìpi di una trattativa. La verità è che non c’era l’input di cedere Piatek, poi è arrivato il ciclone Higuain a travolgere tutto: il Milan ha puntato decisamente su di lui, Piatek ha puntato decisamente sul Milan e quindi la cessione è diventata pressoché inevitabile. Questo è difficile da spiegare e difficile da capire, ma le cose sono andate così. Dispiace per ciò che ha generato tutto questo, ma non c’erano alternative”.
Sappiamo che c’è la vicenda del cappello che per mesi lei ha portato per motivi di salute e che vorrebbe in qualche modo chiarirla prima di andarsene
“A parte il fatto che io ho un cappello che porto scaramanticamente in panchina tutte le volte che ci vado, ormai da tempo. In questo caso c’erano dei problemi molto delicati di salute che non devo spiegare a nessuno. Sono stato deriso e oggetto di scherno, ma posso solo dire che il giorno dopo un’operazione molto delicata, operazione che richiedeva di portare un cappello a protezione, il giorno dopo ero già in sede a lavorare. Credo che la mia professionalità in questo sia stata indiscutibile, nel senso che pur avendo affrontato un’operazione delicata il giorno dopo ero già al lavoro. E il cappello ne era solo una conseguenza”.
Da Bari e Venezia, intanto, la notizia del suo addio al Genoa ha scatenato nostalgia: tutti la rivorrebbero
“Io ho sempre avuto buoni rapporti con la tifoseria, ed uno dei motivi per cui sono arrivato qui era anche per conoscere da vicino questo ambiente: la tifoseria genoana, il clima Genoa. Purtroppo non sono riuscito ad inserirmi nel tessuto connettivo della città o in questa parte sportiva della città ed è un grande rammarico. Da altre parti ho sempre lasciato per fortuna un buon ricordo e quindi spero che in futuro ci possa essere possibilità di lavorare ancora in un ambiente che possa apprezzarmi. Non vorrei lasciare il calcio; devo lasciare il Genoa ed è giusto, opportuno che lo lasci, ma vorrei ripropormi presto in un altro contesto”.
Mentre lei lascia il Genoa, a Roma Totti si dimette perché tagliato fuori da ogni decisione dirigenziale
“Lui è stato molto chiaro, ha detto che se gli avessero fatto condividere le scelte sarebbe restato anche se le sue opinioni non fossero mai state ascoltate. Il fatto di non essere mai stato seduto al tavolo non gli ha concesso di proseguire l’esperienza: in questo è stato coerente. È un peccato, mi auguro che abbia tutte le possibilità di riproporsi in una futura Roma o nel mondo del calcio. Farà esperienza e per lui sarà utile formarsi anche in un altro contesto: avremo un Totti più completo dopo questa vicenda.”
Quali errori non deve ripetere il Genoa quest’anno per non andare incontro alla disastrosa stagione dell’anno scorso?
“Non si tratta di errori. O meglio: sì, ne sono stati commessi tanti, ma il problema del Genoa è quello di ricreare quasi annualmente una base tecnica e quindi essere esposto spesso alla possibilità di non avere un amalgama definito e non poter contare su un gruppo base. Però al Genoa sono arrivati tanti giocatori bravi, è arrivato anche qualche giovane bravissimo e qualcuno che abbiamo fatto giocare rimarrà. C’è una buona base per ripartire, con il recupero dei giocatori infortunati, e credo che inserendo i tasselli giusti con anche un allenatore che stimo come Andreazzoli e l’esperienza di Capozucca, il Genoa possa fare un buon lavoro”.
Ballardini è stato sull’orlo di essere richiamato?
“Ballardini aveva fatto bene l’anno prima, è stato confermato per questo. Partito abbastanza bene, poi ci sono state incomprensioni anche sulle aspettative dello sviluppo del gioco. Si è tentata una carta diversa con Juric, che notoriamente è un allenatore molto propositivo a livello tecnico, però le cose non sono andate bene. Poi nei vari step in cui si è pensato di cambiare allenatore Ballardini poteva esser preso in considerazione o è stato preso in considerazione, ma sono state prese scelte diverse. Nel momento in cui dopo la sconfitta contro il Parma era stato esonerato, sarebbe stato forse abbastanza paradossale farlo tornare un’altra volta. Forse avrebbe fatto anche meglio di altri, ma nel calcio non si sa mai quale sia la scelta giusta”.
In una recente intervista, il presidente Preziosi ha detto: “Alcune decisioni è evidente che non sono state prese collegialmente, dal ritorno di Juric alla vendita di Piatek”. Ci spiega meglio che significa
“Non è vero, perché delle cose abbiamo sempre parlato tutti e lo staff dirigenziale ha avuto modo di dire la sua. Poi credo che nel calcio come in qualsiasi azienda che si rispetti ci sia una persona – che è il proprietario – a dover dire l’ultima parola. Tutti abbiamo avuto l’opportunità di parlare, a volte essendo piu ascoltati e a volte meno, ma questo rientra nelle dinamiche di una società”.
Gli arrivi di Juric e Prandelli sono stati davvero condivisi?
“Ripeto, quando si parla di un cambio si parla dell’opportunità o meno di un cambio e di quale potrebbe essere la persona che venga a sostituire. All’ultimo ci deve essere una persona che decida per tutti, altrimenti sarebbe il caos assoluto: non si possono fare le elezioni per decidere un allenatore. Si deve prendere una decisione, se ne discute, ma credo di essere onesto nel dire che Preziosi passa sempre per padre padrone, ma poi tutti noi abbiamo potuto e dovuto dire la nostra in tante situazioni. Non si può lasciare solo al presidente la paternità di ogni scelta ed è chiaro che alla fine sia la proprietà a dover dire la propria in maniera definitiva. Credo che tutte le scelte siano state condivise”.
Che Genoa lascia il Direttore Perinetti? E che futuro vede per il Grifone
“Il Genoa con la paura che si è preso all’ultima giornata ha preso consapevolezza dei rischi che si corrono in Serie A se la programmazione non è attenta, se i rischi che si prendono in sede di costruzione della squadra, magari cambiando tanto, sono troppo alti. Da questo si può ripartire con una maggiore attenzione e una voglia che sicuramente Preziosi ha, perché è un combattente, di fare una squadra più forte e migliore di quella fatta negli ultimi due anni. Capozucca ha sicuramente capacità e conosce perfettamente l’ambiente, poi non so se ci saranno altri ingressi in società ma credo che la volontà del presidente nel non patire più la paura degli ultimi minuti di Fiorentina-Genoa ed Inter-Empoli sia anche volontà ferrea di fare una squadra che possa stare lontana dalle zone di pericolo”.
Lasci un messaggio e un saluto ai Genoani
“Genova è una città che mi ha ospitato e in cui sono stato molto bene. Saluto i miei concittadini Pegliesi per avermi ospitato. Ringrazio per quel che ho ricevuto, mi scuso per quel che non sono riuscito a dare“.