Siamo arrivati alla seconda sosta per gli impegni della nazionale di calcio e alle tante panchine all’ultima spiaggia e saltate dopo 7 giornate di campionato, tutto condito dalle ultime 48 ore di discorsi, scoop, pappagallate sul pretesto. Bisogna chiedersi – non si è capito – se esiste sempre il ruolo dell’allenatore. Per tale motivo non copio e incollo ma riassumo quello che si scrive sui libri a Coverciano e si insegna ai tecnici futuri sul ruolo dell’ allenatore. Scrivendo questo pezzo mi sono rifatto anche a quanto imparato dal maestro Franco Ferrari, che non finirò mai di ringraziare alzando gli occhi al cielo, parlando e scrivendo di calcio.
Il ruolo dell’allenatore nel calcio moderno non è più nitido solo per il mantenimento e lo sviluppo della condizione fisica. Basta seguire gli allenamenti e si vedono i tecnici non attivi in queste funzioni: quasi tutto è nelle mani dei collaboratori tecnici e preparatori. Il compito dell’allenatore è diventato più complicato,complesso e delicato rispetto al passato perché deve saper dare motivazioni al gruppo, avere la responsabilità finale del lato fisico, dell’atteggiamento mentale per la prestazione individuale e di gruppo e della potestà decisionale sulla scelta della formazione. Un momento non facile e non da poco, perché incide sulle potenziali ripercussioni sugli equilibri dello spogliatoio e della società, dove per necessità si vorrebbero far giocare le plusvalenze più importanti del progetto calcistico causa rientro finanziario.
In passato le formazioni, oltre avere i numeri dall’uno all’undici, era difficile non assemblare quella titolare dalla prima partita. L’allenatore negli ultimi anni è stato molto importante per lo sviluppo e il miglioramento del gioco dal punto di vista tecnico-tattico fornendo le regole del gioco comuni a 25 persone cercando di mettere in condizione tutta la rosa di parlare la stessa lingua calcistica sul terreno di gioco. Far capire ai calciatori che tutti devono capire le stesse cose nello stesso momento, non solo in allenamento, affinché dopo in partita si agisca in modo autonomo e logico, coerente con quello imparato e coordinato con i compagni facile sulla carta, è difficile da capire nel giudicare una partita.
In allenamento si preparano regole di gioco costituite da una varietà di movimenti prestabiliti, fissi, che in partita devono far assimilare ai giocatori conoscenze di cause e effetti delle loro decisioni. Nel calcio moderno ci sono tanti movimenti collettivi ragionati e preparati, ma sono le soluzioni libere e autonome, sempre coerenti e frutto di quello preparato dal tecnico a fare spesso la differenza. L’intensità, lo spazio cercato e creato, la direzione della corsa devono diventare indicazioni utili per i compagni con il pallone o senza. La differenza in una partita la fanno i calciatori che si muovono e agiscono in base alla propria abilità tecnica senza però lasciare da parte la capacità di interpretazione e comprensione della situazione di gioco insegnata in allenamento.
Il lavoro di un allenatore per tutti gli spettatori sul campo e davanti alla televisione lo si vede di più in fase di possesso della squadra. L’allenatore deve dare soluzioni alternative e possibili al possessore di pallone e in particolare a coloro che dovranno giocare senza pallone in zone di campo utili e raggiungibili con uno o più passaggi. Tutto deve avvenire senza dimenticarsi da parte dei protagonisti la fase di non possesso e quella difensiva: chiamasi equilibrio. Si parla di tattica, ma l’allenatore bravo è colui che sa intervenire con il suo staff sui pregi e difetti dei singoli perché a decidere le gare tante volte sono le prove individuali.
Quando sento o leggo la frase “ultima spiaggia” o il licenziamento dopo poche giornate di campionato per gli allenatori mi chiedo se vengono giudicati solo per i risultati, che alla lunga sono importanti, oppure tramite il lavoro svolto durante la preparazione e quello settimanale, che se fatto bene potrebbe anche portare vantaggi economici insegnando calcio a giovani arrivati in prima squadra che alla fine potrebbero vedere innalzato il costo del loro cartellino. L’allenatore paga per tutti, anche se il protagonista ultimo della decisione in campo è sempre e comunque il calciatore. Nel calcio attuale lo stress dell’allenatore deve essere una forza, non un ostacolo.