La UEFA ha deciso di aprire un’indagine sul gesto del saluto militare effettuato da una serie di giocatori della Turchia al termine delle partite di qualificazione ad EURO 2020 contro Albania e Francia. Già molti ministri, non in ultimo quello dello sport italiano Vincenzo Spadafora, hanno chiesto a gran voce sanzioni esemplari nei confronti della nazionale turca, una su tutte lo spostamento del luogo in cui verrà disputata la finale di Champions League, ad oggi in programma ad Istanbul. A partire da oggi, gli ispettori della UEFA indagheranno sui gesti dei giocatori turchi, considerati “un comportamento di potenziale provocazione politica”, come riportato in prima istanza dall’ANSA. Il presidente dell’Unione, Aleksander Čeferin, di pari passo con le polemiche per il comportamento della nazionale turca, si trova impegnato a porre rimedio agli ultimi episodi di razzismo sottolineando l’impegno dell’organo di governo del calcio europeo nella lotta alla discriminazione. Di seguito riportiamo le sue dichiarazioni:
“Fino a non molto tempo fa, la famiglia del calcio pensava che la piaga del razzismo fosse un ricordo lontano. Gli ultimi due anni ci hanno insegnato che un pensiero del genere era quanto meno compiacente. L’ascesa del nazionalismo in tutto il continente ha alimentato comportamenti inaccettabili e qualcuno ha pensato bene che lo stadio fosse il posto giusto per dar voce a queste orrende convinzioni. In qualità di organo di governo, so che non vinceremo mai un concorso di popolarità, ma alcune dichiarazioni sull’approccio della UEFA nella lotta al razzismo sono state decisamente fuori luogo. La UEFA, in collaborazione con la rete FARE (Football Against Racism Europe), ha istituito un protocollo a tre fasi per identificare e contrastare le condotte razziste durante le partite”.
E ancora: “Le sanzioni imposte ai club e alle federazioni quando si verificano episodi di razzimo nelle partite organizzate dalla UEFA sono tra le più dure nel mondo dello sport. La sanzione minima è la chiusura parziale dello stadio, che costa centinaia di migliaia di euro in profitti alla squadra di casa e ne stigmatizza i tifosi. La UEFA è l’unico organo calcistico a squalificare un giocatore per 10 partite per condotta razzista: si tratta della punizione più severa in questo sport. Credetemi, la UEFA si impegna a fare tutto quello che può per eliminare questo problema dal calcio. Non possiamo permetterci di accontentarci e dobbiamo lottare sempre per rafforzare la nostra determinazione. In un contesto più ampio, tutta la famiglia del calcio – dagli amministratori ai giocatori, dagli allenatori ai tifosi – deve lavorare con i governi e le ONG per fare guerra ai razzisti e marginalizzare le loro idee ripugnanti. Da sole, le federazioni non possono risolvere il problema. I governi devono fare di più in questa area. Solo lavorando insieme nel nome della decenza e dell’onore faremo progressi.”
Queste, invece, le parole pronunciate dal vice-presidente UEFA, Michele Uva, nella giornata di ieri: “Il momento politico non è dei migliori e anche se c’è una separazione netta fra gli aspetti politici e quelli sportivi, il calcio non può fare finta di nulla rispetto a quello che sta succedendo”. Federazioni, giocatori e allenatori sono sottoposti a regole precise e una violazione di queste regole comporta delle indagini suppletive ed eventualmente delle sanzioni. Lo sport, e soprattutto il calcio che ha una esposizione mediatica mondiale, non può permettersi segni distintivi di natura politica. Certi gesti sono assolutamente da biasimare”.
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