“17 anni sono passati, eroi come te non saranno dimenticati. Ciao Capitano“. Recitava così domenica scorsa l’unico striscione esposto in Gradinata Nord. Con qualche giorno d’anticipo, ricordava la dipartita di Gianluca Signorini, storico capitano del Genoa a partire da un Ancona-Genoa del 25 settembre 1988.
Dopo quella gara sarebbero seguite otto stagioni da condottiero rossoblu in campo, prima di chiudere la carriera al Pisa, squadra della propria città. Prelevato dalla Roma del Barone Liedholm, che lo scopre a Parma in una sfida contro i ducali allenati da Arrigo Sacchi, fa il salto decisivo in Serie A nella stagione del terzo posto del 1987/88. Poi la cavalcata in rossoblu col ritorno nel massimo campionato e la prima volta in Coppa UEFA.
A portarlo via e inserirlo, col ritiro della maglia numero 6, nella hall of fame della storia genoana la data del 6 novembre 2002, all’apice di una malattia subdola e silenziosa come la SLA (sclerosi laterale amiotrofica). Combattuta fino all’ultimo come la più grande delle battaglie sportive.
Non fu però la malattia ad impedirgli di lasciarsi andare in lacrime al “Ferraris” ancora una volta, in quella che sarebbe stata la sua ultima uscita pubblica di fronte al popolo rossoblu. Ricordiamo con le parole del Professore Franco Scoglio e con un video d’archivio Vidigraph la storia, gli aneddoti e l’ultimo saluto del popolo genoano al suo capitano, Gianluca Signorini.
IL PENSIERO DI FRANCO SCOGLIO SUL CAPITANO GIANLUCA SIGNORINI
“Gianluca, nel tempo, diventerà leggenda. Crescerà nel tempo come una figura straordinaria, anche se nel tempo tutti noi diventiamo piccoli e sconosciuti: di Gianluca invece resterà un ricordo sempre crescente. Io, da piccolo, il capitano me lo ricordo come una figura invincibile. Come nei film western. E Signorini era un invincibile. Il capitano è colui che quando si vince, nello spogliatoio, deve esaltarsi. Ma un secondo dopo essere ponderato e pensare subito alla battaglia che ci sarà. Ogni partita è una battaglia, un intero campionato è una guerra: l’ho sempre detto ai miei giocatori. Prima di entrare in campo siete tutti belli, ma non sapete mai come ne uscirete. Perché sul campo può cogliervi anche la morte. In questo senso, il capitano deve calmare, stemperare le emozioni e fagocitare le malinconie di una sconfitta. Gianluca è tutto questo. Un grande nel saper vincere, uno splendido uomo nell’accettare la sconfitta“.
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