Non sono passati neanche tre mesi da quando il 24 agosto Nicchi alla presentazione disse: “È il nostro Rinascimento. Siamo vicini alla perfezione. Gli arbitri hanno lavorato tanto, sono preparati per questa stagione contrassegnata da tecnologia e nuove regole”. Non è vero! Dopo 12 giornate di campionato è stato preso alla lettera, ma alla rovescia, il mantra di Rizzoli “nulla sarà come prima” al raduno arbitrale di Sportilia 2019, visti gli errori (non solo dentro le aree) con l’aiuto della Video Assistenza ma su tutto il prato verde, con falli e cartellini utilizzati “ad minchiam” come direbbe il professor Scoglio. Decisioni che nulla hanno da spartire con le nefaste iniziative dell’Ifab che hanno deciso risultati. Questo è il problema da risolvere prima di quello del VAR.

Il V-Day arbitrale di ieri, l’abbreviazione alla Grillo mettetela, voi non ha tolto il VAR da sotto accusa. Rizzoli si è trincerato dietro al fatto che non si conoscono le regole e si polemizza a tempo. Per l’ennesima volta ha ribadito che il VAR non nasce  per eliminare errori, ma per restituire credibilità allo sport più amato. Come? Facendo più errori che nulla hanno da vedere con il VAR. Rizzoli in questo momento deve svolgere il ruolo del  pensatore più influente nei tempi moderni del Regolamento del gioco del calcio, attaccandosi agli specchi. Sta subendo quello che è successo quando era all’apice con il fischietto in bocca, non occupandosene pur capendo e conoscendo che non c’erano arbitri pronti a sostituirlo eccetto 2/4 internazionali di vecchia scuola. Più lo ascolto, più considero illimitata la profondità dei suoi pensieri sul regolamento del gioco del calcio, dimenticandosi troppo spesso del materiale che a disposizione. Il metodo induttivo di Rizzoli – spiegare le nuove regole con una sola idea: portare dentro tutto il calcio italiano per cercare di stabilire una legge universale partendo dai singoli casi particolari – non crea successi o vantaggi, ma solo dubbi. Il suo metodo è invece deduttivo, cioè conoscitore di un processo nuovo dal generale al particolare, teorico e lascia nelle menti di chi lo ascolta che non ci saranno vie di scampo con VAR e senza VAR e che valeva la pena di non essere capito. Quello che è stato detto per risolvere il caso ieri è stato l’apice della complessità teorica, che da domenica anzi sabato dovrà trasformarsi in pratica con la ripresa del campionato. Operazione difficile, che sarà difficile anche per Rizzoli. Non per la tecnologia ma per la classe arbitrale non pronta e non preparata a disposizione come ha rimarcato con coraggio Ancelotti nello scontro verbale con il designatore. Nuovi arbitri con poco curriculum di gavetta, arrivati in serie A per strade non tutte conosciute, tutti con l’aria del filugello, l’animale più furbo perché appena nato mangia la foglia.

Delle 13 nuove norme volute dall’Ifab all’inizio della stagione, 12 sono state digerite dai direttori di gara. Una, il fallo di mano, no! La difficoltà mia, e temo anche degli arbitri e vostra, che le spiegazioni di Rizzoli anche in tv non siano state recepite da nessuno. Collina da arbitro di Bisanzio il fallo di mano lo spiegava intorno all’anno 2010: “Se il braccio è largo per effetto della dinamica del movimento del calciatore che cerca di giocare e contrastare l’avversario, non c’è fallo. Bisogna poi considerare la velocità del tiro, la distanza e la dinamica dell’azione”. Tutto ciò allontanava la vecchia tesi secondo cui la discriminazione tra un mani volontario o involontario si riassumeva facilmente: se il pallone andava verso il braccio non c’era dolo, in caso contrario si e dunque penalty. Troppo semplice, difficilmente si sarebbe assistito a 12 giornate di campionato come le ultime, giocate con le disparità viste.

Rizzoli sul fallo di mano prospettato dall’Ifab lo scorso giugno assicurava che c’era meno grigio: “Se il pallone colpisce il braccio largo o in posizione innaturale, cioè sopra l’altezza delle spalle o in movimenti che aumentano il volume del corpo sarà sempre fallo calcio di rigore,  non sarà neanche più considerata attenuante la distanza  ravvicinata o qualsivoglia tocco dell’avversario. Resta la volontarietà per falli di  mano o di braccia vicine al corpo. Involontario chi maldestramente si rinvia il pallone sul braccio o sulla mano”. Altro che meno grigio, è diventato tutto più nero anche con l’aiuto del VAR. L’importante è che gli arbitri ed altri abbiano capito che la volontarietà esiste sempre nella Regola 12 su falli e scorrettezze. Non bisogna sfuggire dal punto: a forza di complicare le regole, di aumentare il campo interpretativo, la vita degli arbitri è peggiorata moltissimo. Giustificata dai buoni introiti. La differenza tra quello detto da Collina e quello detto da Rizzoli dovrebbe farla il VAR. Ci stupisce che la classe arbitrale in 12 gare non abbia più lasciato più spazio alla tecnologia, andando a rivedere le immagini di tante massime punizioni concesse o reclamate. D’accordo, a nessuno piace fare la figura del Ponzio Pilato, ma  i direttori di gara dovrebbero capire che non potranno essere a lungo le vittime sacrificali del VAR, troppo ambita dai vertici arbitrali.  Per restare in campo genoano, considerare il fallo di Lerager a Napoli in barriera perché il braccio era orizzontale davanti alla faccia e non in verticale è  da rappresentazione fantascientifica calcistica.

Si continuerà a discutere, a parlarne e a fare chiassate, ma sono persuaso che in tutto ciò ci sia un disegno dall’alto. Non solo dell’Ifab e dell’UEFA ma anche di molti addetti ai lavori italiani. Uno show ulteriore  alle gare ai gol, di cui si sono avvantaggiati alcuni ex arbitri a gettone, a spesa di giornali e televisioni, ma anche altri cartacei teleguidati dalle moviole post-partita giudicate solo dai paralleli e meridiani geografici. Tutto è un delitto con un regolamento del gioco calcio chiaro, comprensibile e solo da applicare, affossato dall’Ifab con decreti non capiti senza la volontà di correggerli al volo, senza aspettare la fine dei campionati. Tutto ciò sta succedendo solo nel calcio arbitrale italiano di Nicchi, sconfessato dalle tante gare degli altri campionati europei che vengono proposte in tv ogni settimana dove c’è il VAR ma soprattutto arbitri che decidono sul campo applicando la Regola 18, quella del buon senso sparita tra la classe arbitrale italiana. E quando non c’è la sicurezza di aver visto giusto, non attraverso le cuffie ma con gli occhi, vanno sempre a schiarirsi le idee e sincerarsi di quello che è successo limitando le polemiche e salvaguardando i risultati.

Il cioccolatino finale nella riunione di ieri a Roma tra arbitri e società è stato quello, con modalità che saranno definite gli arbitri, per cui verranno date spiegazioni via web sul proprio sito (sperando che non lascino spazio ai commenti) sulle decisioni prese riguardo gli episodi difficili almeno una volta alla settimana, diffondendo anche gli audio tra regia al VAR ed arbitro in campo. Operazione che non porterà punti in classifica, alimentando ancor più rabbia a posteriori nei confronti delle decisioni dei direttori di gara. Se devono parlare, parlino a fine gara come promesso ogni anno da Nicchi, e non dopo il consulto con i vertici. Anche il Presidente della FIGC ha promesso che presto sarà pronto il VOR a Coverciano: la stanza dei bottoni unica, che azionerà tutti i VAR su tutti i campi. Campa cavallo che il VAR sbaglia! Tutto sarà pronto verso a fine campionato, per poter partecipare alla torta dell’Europeo e sarà testato nei play-off e play-out della Serie B.

La nostra proposta di due anni fa è sempre la stessa: nella sale VAR non possono starci arbitri in attività. Meglio ex direttori fuori dai giochi e tecnici informatici, che la domenica successiva non rischiano di essere sul campo ad arbitrare lo stesso club. Tutto potrebbe dare più sicurezza a chi dirige e alle loro carriere dal giudizio di altri colleghi.


AIA e FIGC incontrano dirigenti, allenatori e giocatori. Consegnato il nuovo Regolamento