Simone Braglia, Tomas Skuhravy, Pato Aguilera e Vincenzo Torrente. Condensate in un’ora e mezza di incontro presso il Museo del Genoa, si sono riascoltate le voci, coi loro ricordi e le loro sensazioni, degli eroi di Anfield. Quelli che per la prima volta espugnarono uno stadio ancora oggi quasi invincibile. A sfatare quel tabù fu il Genoa di Osvaldo Bagnoli nei quarti di finale di Coppa UEFA. Anche il tecnico veronese, uno “psicologo” come lo definirà Skhuravy, era atteso in collegamento telefonico, ma un impegno dell’ultim’ora lo avrebbe reso irreperibile. A farne le veci Vincenzo Torrente, che al Genoa ha dedicato anima e corpo con le sue 412 presenze. E che dopo tanti anni è voluto tornare a Liverpool.

È stata una grande emozione. Fu una gara storica per il calcio italiano e per il Genoa. Dopo venticinque anni sono voluto tornare ad Anfield ed è stato straordinario: fu una partita emozionante e bella. Emozionante come la prima in Europa ad Oviedo, partita che non meritavamo di perdere, o la rete di Tomas Skhuravy al Ferraris. Non l’avevamo mai sentito tremare così. Noi giovani siamo cresciuti grazie ad esempi di fenomeni come Skuhravy, Branco, Signorini e Aguilera. Scoglio aveva fatto un gran lavoro, poi Bagnoli con la sua praticità, col suo calcio concreto, ci ha permesso di migliorare ancora“.

 

Bagnoli e tanti altri ricordi sono dunque rivissuti attraverso le parole di Skuhravy, Torrente e Braglia. Due nostalgici di un calcio che non c’è più, che sta sfociando troppo nel business, sin dalle leve minori, che perde poco a poco il concetto di attaccamento alla maglia perché sono i bilanci a farla da padroni e diventa meno importante puntare sui propri giovani. Il primo incontro delle “Genoa Stories”, moderato dai giornalisti Gessi Adamoli e Fausto Perrone, è partito da qualcosa che certe emozioni vecchio stile, assaporate lentamente, le ha invece regalate. Pura adrenalina rossoblu. Si tratta della storica vittoria di Anfield. Un video con le reti della Coppa UEFA avrebbe riassunto le emozioni di una stagione che, ancora oggi, non è stata ripetibile in alcun modo. “In quegli anni non avevamo paura di nessuno – è stata la spiegazione di Skuhravy e Braglia – e avevamo dentro rabbia, voglia di vincere anche in allenamento: se fosse arrivato con noi Cristiano Ronaldo, sarebbe durato dieci minuti”.

QUANTI ANEDDOTI ROSSOBLU – Sono stati diversi aneddoti a fare ritornare alla luce i ricordi. Il primo fu perché Landini fosse stato rinominato “Spartàco” dal Professor Scoglio, dopo aver girato Barcellona nel tentativo di comprare Gary Lineker ed essersene tornati indietro solamente col ricordo nitido dei cartelloni che facevano pubblicità al torero Spartàco, all’epoca uno degli uomini più amati della Catalogna. L’ultimo legato alla scelta di prendere uno tra Pusceddu e Branco, quando Bagnoli ricercava un piede sinistro di valore per giocarsela con tutti. “Il suo arrivo fu decisivo” sarà la chiosa dell’avvocato D’Angelo.

In mezzo il misterioso articolo di giornale legato a Boskov che, da ex allenatore dello Sporting Gijòn, fu intervistato dalla “Voz de Las Asturias” e svelò al Real Oviedo che il Genoa era battibile, con Signorini e Braglia come “punti deboli”. Ma si sbagliò e propiziò il boato più forte che la storia del Ferraris ricordi nella magnifica, storica notte di Genoa-Real Oviedo. Con cross di Ruotolo e colpo di testa di Skhuravy. Era il 3 novembre 1991.


SKUHRAVY FIRMÒ IN PIENA NOTTE – “Nell’estate 1990, in Repubblica Ceca non ci era ancora permesso di uscire – spiega Skuhravy – ma durante il ritiro del Mondiale di Italia ’90, eravamo in albergo a Bari e lì parlai con la mia Federazione dicendo che volevo andare a Genova e firmare il contratto. Mi dissero che non avrei potuto prima di 25/30 anni. Allora decisi di rimanere in Italia, in una guerra politica col mio paese, finché la Federazione non avesse dato via libera. Il via libera arrivò dopo mezzanotte, intorno all’una, e così firmammo il contratto.

La sera successiva alla firma, in gran segreto, arriverà la tripletta contro il Costa Rica: tre reti, tutte di testa, che gli varranno l’appellativo di “Rambo” nonché l’assalto di altre società europee come Bayern Monaco e Torino. Ma l’allora presidente Spinelli tiene duro e si regala l’attaccante ceco facendogli firmare un contratto ancora più abbordabile.

L’inizio in rossoblu non sarebbe stato facile, ma tecnico e società avrebbero accordato fiducia a Skhuravy, che in Carlos Aguilera trovò un partner d’attacco ideale. Qualcuno sui giornali definiva Skhuravy “mobilia”, ma dovette presto smentirsi. Perché tutti sappiamo oggi come proseguì e terminò, nel 1996, l’avventura di Skhuravy al Genoa: 70 gol in 185 presenze tra Serie A e Serie B. La capriola come segno distintivo di ogni sua rete. Un coro a lui dedicato per invitarlo a segnare e segnare ancora.


BRAGLIA PORTIERE “ANACRONISTICO” – Simone Braglia, a differenza di Skhuravy, era invece arrivato al Genoa nell’estate precedente, quella del 1989. Era arrivato grazie all’intermediazione di Alfio Lamanna, che con Braglia condivideva lo stesso stabilimento balneare a Celle Ligure. Scoglio, allenatore che cambiava pochissimo la formazione, gli preferì inizialmente Gregori, quello che lui spesso definiva il “portiere vero”. Poi, dopo la trasferta di Lecce, Braglia – a detta di Scoglio un portiere “anacronistico” – entrò in gioco e non perse più il posto. “Feci un bell’anno, a parte qualche incertezza in un Genoa-Atalanta finito 2-2. Credo che fossimo stati la seconda o terza migliore difesa del campionato“.

Simone Braglia, che nelle proprie riflessioni non si tira mai indietro con quel coraggio che contraddistingue i portieri che devono mangiare la terra, individuerà nei suoi tre anni al Grifone (77 presenze totali) le figure fondamentali che, ancor più della presidenza Spinelli, garantirono al Genoa una programmazione vincente: Alfio Lamanna, per oltre vent’anni presidente del collegio sindacale del Genoa, e gli avvocati D’Angelo e Carbone. Furono loro, assieme a Bagnoli, a dargli la tranquillità e l’umanità necessarie per affrontare ogni partita con la giusta concentrazione e attenzione. Con picchi di altissimo livello come quelli registrati ad Anfield.


PATO E SKHURAVY, CHE FEELING – A Liverpool fu doppietta di Pato Aguilera. E fu balletto sotto il settore ospiti, con tanto di applausi al triplice fischio estesi anche ai giornalisti italiani pronti a cenare, a tarda sera, nei pub della città natale dei Beatles. “Quella partita fu bellissima – commenta in diretta telefonica da Montevideo l’ex attaccante rossoblu – e quel balletto lo feci per la gioia che provavo dentro. Facemmo la storia e quello ci è rimasto nel cuore.  Ma c’è Tomas lì? Voglio dirgli che gli voglio bene. Che tutto il mondo vuole bene a Tòmas“.

Poi incalza la stretta attualità, che nell’incontro di ieri sera al Museo del Genoa è stata tutto tranne che marginale. “Ho visto un paio di partite del Genoa quest’anno: e sai che oggi avrebbe bisogno di te? Manca un capocannoniere: non vuoi giocare ancora col Genoa?“. Con la testa giocherei – risponde Skuhravy – ma è il corpo che non reagisce. Stiamo invecchiando, lo sai bene. Quello che so è che non mi piace tanto il tiki-taka di oggi. Le palle davanti ti devono arrivare: dietro mica hai Bortolazzi ed Eranio. Oggi sono in pochi a giocare in verticale“. “Il Genoa gioca bene, arriva in porta, ma non fa gol – conclude Aguilera prima dei saluti al popolo rossoblu e l’augurio di “non soffrire come abbiamo sofferto lo scorso anno“. Perché a Genova Tomas e Pato, nonostante tutto, hanno lasciato cuore e bei ricordi.

I PROSSIMI APPUNTAMENTI – Il ciclo di incontri delle “Genoa Stories” proseguirà con “Il Genoa operaio di Fossati” alla presenza di Onofri, Martina, Briaschi e Testoni nelle vesti di narratori. Già in cantiere sono poi “I ragazzi di Sandokan” con Turone, Maselli, Garbarini e Manera e uno speciale sul professor Scoglio.


Liguria, allerta rossa per tutta la giornata di sabato 23 novembre su Genova, Savona e Imperia