Dopo venti giornate di campionato, 19 del girone di andata e la prima di quello di ritorno, si è capito che i cambi in panchina non hanno rianimato le squadre. Non andiamo in ordine di esonero, ma il minimo comune denominatore per tutti è quasi identico: pochi risultati e pochi vantaggi.
Alla Sampdoria via Di Francesco dopo 7 giornate con 1 vittoria e 6 sconfitte. Subentrano Ranieri e il suo pragmatismo: 4 vittorie, 4 pareggi e 5 sconfitte nell’arco di 13 gare, aumenta la media punti ma la classifica dice 16° posto. Dal 4-3-3 o dal 3-4-1-2 di mister Di Francesco, Ranieri è passato al 4-4-2 e dopo 7 giornate, per paragonarlo con chi l’aveva preceduto, ha fatto 9 punti.
Il Milan ha licenziato Giampaolo dopo 7 giornate con 3 vittorie e 4 sconfitte. Il subentrante Pioli ha confezionato 5 vittorie (comprese le ultime due con Ibrahimovic) e nelle 7 gare alla pari di Giampaolo ha fatto solamente 10 punti, uno in più.
A Napoli il licenziamento di Ancelotti è stato il più clamoroso congedato dopo una qualificazione agli ottavi in Champions League. Ancelotti licenziato dopo 15 giornate con 5 vittorie, 6 pareggi e 4 sconfitte. Gattuso che lo ha sostituito in 5 gare ha fatto una sola vittoria e 4 sconfitte. Il pallone sotto il Vesuvio è in fuorigioco per altri motivi.
A Udine licenziato Tudor dopo 10 giornate (3 vittorie, 1 pareggio e 6 sconfitte). Qui vi è stato un cambio più efficace ed efficiente con Gotti, uno che doveva essere provvisorio e che continua a prendere lo stipendio da secondo allenatore con 4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte (16 punti in 10 giornate)
A Brescia il Presidente Cellino ha fatto marcia avanti e indietro licenziando Corini contro il parere della squadra dopo 10 giornate con 2 vittorie, 1 pareggio e 7 sconfitte. Subentratogli il Mundial Grosso, altro licenziamento dopo 3 giornate e tre sconfitte. Rientrato Corini nelle ultime 7 gare ha messo in classifica 2 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte. La classifica non è cambiata: con Grosso era scivolata all’ultimo posto, con il “Genio” Corini è alla 18° posizione, come l’aveva lasciata.
Chi ha resistito di più sulla panchina bollente dallo scorso anno è stato Montella a Firenze con 17 giornate e 4 vittorie, 5 pareggi e 8 sconfitte. Visti i risultati, Iachini ha rigenerato la Fiorentina: in tre gare nessuna sconfitta, 2 vittorie e un pareggio e Firenze gongola sicura del Rinascimento.
Il Genoa per ultimo perché di allenatori ne ha cambiati tre. Andreazzoli esonerato dopo 8 giornate (1 vittoria, 2 pareggi, 5 sconfitte) aveva una media punti di 0,6. Thiago Motta esonerato dopo 9 giornate (1 vittoria, 3 pareggi e5 sconfitte) ne aveva una da 0,6. Nicola in tre gare ha fatto una vittoria e due sconfitte.
A questo punto se Preziosi licenziasse un allenatore alla settimana, aspettando di giocare nel Tempio, sarebbe primo in classifica o lì vicino considerato che i tre allenatori hanno vinto la prima partita quando si sono seduti sulla panca del Grifo al Ferraris, mentre dopo… Eccetto l’Udinese salvata da Gotti, la Fiorentina di Iachini nelle ultime 3 gare sarà ancora da monitorare. La carriera di Mister Cappellino è costellata di questi exploit.
Per tutti gli altri avvicendamenti è cambiato il Direttore di orchestra, ma non i suonatori e la musica ha continuato a stonare. La dimostrazione è che se nel calcio non si hanno le idee chiare nelle società è spesso più deleterio. I presidenti non hanno ancora capito che non sono gli allenatori a far fare la differenza, ma i giocatori di qualità che spostano gli equilibri in qualsiasi contesto tattico.
La prova evidente è il Milan: arrivato Ibra, la musica è cambiata dentro lo spogliatoio con cambio di mentalità più che di gioco. E il Diavolo, quando va sotto, non va più in depressione.
Ritornando al Grifone, visti i continui cambi non solo di panchine, ma anche di dirigenti sportivi, il modello gestionale non appare buono. Voglio ripetere che le colpe, precisando senza fare il Perry Mason per qualche “pisquano” che legge e dà la su interpretazione, non sono del solo Preziosi (anche se è lui che decide) ma anche di chi lo consiglia male, che però rimane sempre al coperto.
Nei tre cambi di allenatori al Genoa la squadra non si è mai ammutinata, per lo meno a parole, contro l’allenatore. I licenziamenti sono avvenuti per i risultati senza che nessuno in società se ne chiedesse il perché. Gli allenatori che sono passati al Genoa sotto la gestione Preziosi sono stati tanti, ma gli unici a lasciare delle “vedove” sono stati Gasperini e Ballardini.
Ballardini ultimamente ha rinunciato a tanti euro per lui e i suoi collaboratori, ha parlato anche con Preziosi ed è stato chiaro. Non poteva tornare dopo il licenziamento dello scorso anno senza giusta causa. Dopo le parole sul suo operato che hanno seguito l’esonero, avrebbe messo anche una pietra sopra per il bene de Genoa, ma si sarebbe sentito non legittimato e poco compreso dentro lo spogliatoio. E del resto avrebbe rischiato di essere delegittimato dallo spogliatoio, agli occhi dei giocatori, se fosse stato definito un’altra volta “scarso”…
Che il Genoa non riesca a fare risultati con i tre cambi dell’allenatore è altra avventura, quasi da record. I calciatori non parlano, ma potrebbero anche obiettare che è difficile cambiare tre modi di allenarsi, di giocare e di rapportarsi con tre tecnici che hanno le loro idee e i loro principi calcistici.
Il cambio (o la scelta) del Direttore sportivo o dell’allenatore, nel calcio come nelle aziende, seppur in altri ruoli, sono sempre momenti delicati. Al Genoa non se ne è tenuto conto considerato che il cambio Capozucca/Marroccu – e quello dei tre allenatori – non ha generato profondi cambiamenti non essendoci tempo per l’assestamento.
Cambiare e modificare un organigramma societario a livello sportivo impatta sulla vita lavorativa di tutti nell’azienda. E nel calcio tutto è misurato con la produttività dei risultati.
La teoria sul Genoa che continua ad essere un circolo vizioso nonostante gli avvicendamenti dietro le scrivanie sportive e sulle panchine, tutte le altre funzionano, è che la squadra continua a fare male, anche a causa delle confusione all’internodelle relazioni societarie.
Il cambio di allenatore, non motivato solo dai risultati, può servire – eccome se può servire – dopo aver ascoltato i pareri dei leader dello spogliatoio che poi dovranno prendersi le proprie responsabilità sul terreno di gioco. Per farlo serve però una società più presente, altrimenti il cambio di manager e allenatore potrebbero avere un effetto destabilizzante, ma in negativo. L’allontanamento di un tecnico con il rito del “capro espiatorio” non ha alcun impatto sulla performance della squadra.
Fra l’altro i primi due esoneri rossoblu non sono stati fatti per placare la piazza o la pressione dei media, perché in molti non avevano mai avuto modo di manifestare che le colpe fossero solo dell’allenatore e i brutti risultati mancanti colpa di quello sbagliato, ma condiviso da tanti, arrivato la scorsa estate. Ho scritto tutto ciò perché credo che si debba credere ancora nella salvezza del Genoa.
Adesso è il momento da parte di Preziosi di dare la vera sterzata a questo campionato. C’è il tempo per rimediare, ripetendo quello scritto in precedenza: non saranno gli allenatori, anche se bravi preparati, a fare la differenza. Sarà il calcio mercato ingaggiando giocatori di qualità pronti a spostare gli equilibri in qualsiasi numero di modulo tattico.