L’ex allenatore del Genoa, Luigi De Canio, è intervenuto ai nostri microfoni per spiegarci la sua idea in merito alla serie di rinvii per l’allarme coronavirus che hanno interessato il campionato di Serie A. E lo ha fatto, soprattutto, dal punto di vista di un allenatore che deve tenere la sua squadra sul pezzo, talvolta in attesa di sapere avversario da affrontare o possibili date dei recuperi delle partite.
Come gestisce un allenatore una situazione come quella attuale, con tanti rinvii e tanti impegni in chiave scudetto, corsa europea e lotta salvezza?
“Non è un problema grandissimo perché le motivazioni che hanno portato a una situazione di questo genere sono motivazioni forti, di carattere nazionale ed internazionale. I calciatori giocano a calcio, ma sono anche uomini e vivono nella società. Di quelle che sono le problematiche della società se ne fanno carico e le comprendono. Nel momento in cui si incorre in situazioni del genere, le motivazioni restano importanti. Non credo che un allenatore abbia particolari difficoltà a tenere alta la concentrazione di una squadra che deve raggiungere un obiettivo”.
La gestione è stata però caotica, con rinvii a poche ore dal fischio iniziale o squadre ch arrivano in una città e tornano indietro. Psicologicamente questo meccanismo di nove partite rinviate può incidere?
“Non incide affatto. Ad esempio, una partita come Lecce-Atalanta accresce le motivazioni di una squadra interessata alla salvezza, che vede una diretta concorrente aver perduto un’opportunità. E c’è maggiore speranza di fare un risultato positivo, che possa avvicinare la squadra che precede in classifica. In tal senso, chi non ha giocato può non avere un contraccolpo negativo, ma il contrario”.
Alla data del 20 agosto ci aveva pronosticato un campionato “avvincente” e particolarmente equilibrato, soprattutto nella lotta salvezza. Come la vede questa corsa per rimanere in Serie A? Coinvolge più squadre del previsto?
“L’unica cosa che non mi aspettavo era questa discesa verticale del Torino, che a mio avviso potrebbe non essere finita qui. Una squadra che potrebbe trarre giovamento da una situazione de genere potrebbe essere proprio quella granata, che da troppo tempo ha preso una china spaventosa verso il basso, quasi inarrestabile. Internamente alla squadra sono accadute delle cose che hanno minato delle certezze e la squadra oggi è in forte difficoltà. Al di là dei valori tecnici, quando si cade in questa maniera sotto l’aspetto psicologico diventa durissima risalire. Perché magari c’è la convinzione che la lotta salvezza non riguardi la propria squadra perché tanto i valori ci sono, ma si continuano ad avere risultati negativi. Non essendo mentalmente preparati, si corrono grandi rischi. Prevedo che sino alla fine sarà una lotta avvincente e possono non essere esclusi colpi di scena. Lo stesso discorso glielo posso fare anche per la corsa scudetto”.
E in testa, infatti, c’è la Lazio a dodici turni dal termine. Era difficile da pronosticare dopo l’ottavo posto dell’anno scorso, ma dimostra che dare continuità ad un progetto tecnico poi dà risultati?
“La differenza nel calcio la fanno i grandissimi campioni, ma poiché di grandissimi campioni ve ne sono pochi, i calciatori nelle squadre più o meno di equivalgono. L’esempio della Lazio è eclatante: valeva un ottavo posto, ora è prima in classifica. Sono migliorate tante condizioni che facevano parte dell’idea di squadra come continuità di gioco, allenamento, lavoro assieme. Sono tutte componenti che vanno ad arricchire la forza di una squadra fino a renderla competitiva anche per i massimi livelli”.