Nella giornata che ha visto il Presidente del Consiglio essere sottoposto a tampone (risultato negativo, ndr) visto che un membro della sua scorta è risultato positivo al coronavirus, il premier Giuseppe Conte è tornato a comunicare al Paese attraverso una diretta Facebook andata in onda a reti unificate. Nuove strette all’orizzonte per contrastare l’emergenza coronavirus (clicca QUI per gli aggiornamenti sul numero dei contagi): l’annuncio ha di fatto specificato che resteranno aperti quattro ambiti: logistica e trasporti, farmaceutica e sanità, filiera agroalimentare e comparto energetico. Gli altri settori non essenziali saranno chiusi fino al prossimo 3 aprile (il termine del 15 aprile dovrebbe riguardare i soli provvedimenti adottati nella regione Lombardia). Le misure entreranno in vigore da lunedì 23 marzo.
“Fin dall’inizio ho scelto la linea di trasparenza e condivisione. Ho scelto di non minimizzare e di non nascondere la realtà che è sotto i nostri occhi. Ho scelto di rendervi partecipi della sfida che siamo chiamati ad affrontare: è la crisi più difficile per il Paese dal secondo Dopoguerra. In questi giorni durissimi le notizie ci lasceranno per sempre un segno impresso nella nostra memoria, anche quando tutto sarà finito. La morte di tanti concittadini è un dolore che ogni giorno si rinnova: questi decessi per noi, per i valori con cui siamo cresciuti e che ancora oggi condividiamo, non sono semplici numeri. Quelle che piangiamo sono persone, storie di famiglie che perdono gli affetti più cari. Le misure sin qui adottate necessitano di tempo perché possano spiegare i loro effetti. Dobbiamo avere pazienza, responsabilità e fiducia.
Restare a casa e rinunciare a radicate abitudini è difficile, ma non abbiamo alternative e in questo momento dobbiamo resistere. Solo così riusciremo a tutelare noi stessi e le persone che amiamo. Il nostro sacrificio di restare a casa è peraltro minimo se paragonato al sacrifico che stanno compiendo altri concittadini negli ospedali e nei luoghi cruciali per la vita del Paese. Penso in particolare a medici e infermieri, ma anche a forze dell’ordine e forze armate, a donne e uomini della Protezione Civile, autotrasportatori, farmacisti e commessi degli alimentari, operatori dell’informazione. Donne e uomini che non stanno andando semplicemente a lavorare, ma quotidianamente compiono un atto d’amore e generosità per l’Italia intera.
Oggi compiamo un altro passo: la decisione assunta dal Governo è quella di chiudere nell’intero territorio nazionale ogni attività produttiva non strettamente necessaria, cruciale, indispensabile a garantirci beni e servizi essenziali. Abbiamo lavorato tutto il pomeriggio con sindacati e associazioni di categoria per stilare una lista dettagliata dei servizi più necessari e di pubblica utilità per il funzionamento dello stato in questa fase di emergenza. Continueranno a restare aperti i supermercati, tutti gli alimentari che forniscono generi di prima necessità: non abbiamo previsto restrizioni sui giorni di apertura dei supermercati. Invito tutti alla calma: non c’è ragione di creare code e fare una corsa agli acquisti. Resteranno aperte anche farmacie, parafarmacie, servizi postali, assicurativi, bancari, finanziari e assicureremo i trasporti e tutte le attività connesse, accessorie e funzionali a quelle essenziali.
Al di fuori di queste attività, consentiremo soltanto lavoro in modalità smart-working e le attività produttive ritenute comunque rilevanti per la produzione nazionale. Rallentiamo il motore produttivo del Paese, ma non lo fermiamo. È una decisione non facile, ma che ci consente e predispone ad affrontare la fase più acuta del contagio. Si rende necessaria oggi per contenere quanto più possibile il contenimento dell’epidemia. L’emergenza sanitaria, come avevamo previsto, sta tramutando in piena emergenza economica. Ma a voi tutti dico: lo Stato c’è, lo Stato è qui. Il Governo interverrà con misure straordinarie che ci consentiranno di rialzare la testa e ripartire quanto prima. Mai come ora la nostra comunità deve stringersi forte come una catena a protezione del bene più importante: la vita. Se dovesse cedere anche un solo anello, questa barriera protettiva verrebbe meno esponendoci a pericoli più grandi. Per tutti. Queste rinunce, che oggi vi sembrano un passo indietro, ci permetteranno domani di prendere la rincorsa e tornare nelle nostre fabbriche, nei nostri uffici, nelle nostre piazze in compagnia di amici e parenti. Stiamo rinunciando alle nostre abitudini più care, ma lo facciamo perché amiamo l’Italia e non rinunciamo al coraggio e alla speranza per il futuro. Uniti ce la faremo“.
Coronavirus, aggiornamento 21 marzo: Italia, +723 vittime del coronavirus. In Liguria 152 decessi