Quarantena, solo tanta riflessione su quello che sta succedendo. Dopo quattordici giorni di fermo casalingo, da qualche giorno stop a tutte le trasmissioni in cui si parla di Virus.
Intanto gli ospiti o fanno show o la buttano in politica e il vagheggiare degli esperti che parlano in prevalenza di Virus del passato, consapevoli solo del numero delle persone infettate e morte, incomincia a lasciare il tempo che trova e ogni volta che qualcuno fa una previsione su quando arriverà il picco, i morti aumentano non capendo se saranno i poveri deceduti a far allentare la presa.
Ti svegli come tutti quanti sul water e hai il primo contatto con il Virus accendendo il cellulare. La prima osservazione? Ci mancava il Covid-19 per aumentare le fake-news.
Non si può accendere l’Iphone senza essere sommerso da messaggi e filmati che fanno capire quanto vale il tempo senza fare nulla: oltre le “stronzate”, si consigliano notizie terrorizzanti sulla malattia, si rifilano consigli infallibili per non farsi infettare. Addirittura mi è arrivato dalla Calabria una settimana fa un SMS che mi invitava a mangiare un peperoncino al giorno per levare il Coronavirus d’intorno. Confrontando a ieri il numero dei contagiati in quella terra rispetto al Nord potrebbe essere una soluzione da proporre agli scienziati che studiano il Virus…
Mi ritengo fortunato a non avere Face-book e altri mezzi social, altrimenti avrei infranto il muro del pianto della quarantena. Sono e siamo tornati a militare (quando si faceva) quando contavi i giorni che mancavano alla fine della naja. Il problema che in caserma si potevano contare, con il Covid-19 l’operazione è difficile.
Visto che facevano rivedere spesso la partita della Nazionale del 2006 di Berlino e altre “amarcord” per tirare su il morale, mi hanno invogliato nel rivedere e cercare di rileggere le partite del Vecchio Balordo da quando è arrivato Nicola, non essendo tante (9).
Dopo le prime 17 partite del girone di andata , delle quali è difficile dare una spiegazione a quello visto sul terreno di gioco dopo il promettente inizio di stagione, Nicola già dalla prima gara ha dimostrato di essere la Befana del Genoa.
Non solo per il risultato vincente contro il Sassuolo, che ha subito dato speranza in un periodo nel quale si pensava già di giocare in B la prossima stagione, dando fiducia non solo ai calciatori ma anche a coloro che pensavano che la squadra, pur avendo mezzi limitati (in pochi speravano nel calciomercato invernale), potesse ancora lottare per qualcosa di più grande che l’ultimo posto in classifica.
Le idee di Nicola sono state subito chiarissime, i principi saldissimi, il carattere fortissimo da trasmettere e cercare di fare tutto al massimo personificando l’intensità quotidiana non solo al calcio, ma anche alla vita.
Il colpo numero uno di Nicola è stato quello di far capire e credere di essere un costruttore di speranze, senza contare le stelle, convinto di poter “girare” la frittata.
In tutte le partite riviste c’è sempre stato l’avversario che puntava al dominio del pallone e dall’altra il Grifone che mirava al controllo degli spazi. Da una parte c’era chi attaccava cercando velocità e tecnica non sempre sublime; dall’altra c’era il Genoa di Nicola che non si barricava solamente in difesa, ma provava – come e quando poteva – a colpire in contropiede, che non è una parolaccia.
Nicola e il Genoa non hanno mai lanciato una specie di Opa sulle gare, non essendo mai passato loro per la testa di volere affermare una superiorità sull’avversario. Non hanno mai mollato, hanno sempre cercato di oscillare negli spazi dando l’impressione di essere non inferiori sfiancandosi fino all’ultimo secondo per trasformare il tutto nel risultato finale.
Altra forza di Nicola nelle ultime vincenti, anche quella persa con la Lazio, è che non ha mai permesso che si insinuassero dubbi sull’idea di gioco né sul valore dei calciatori che schierava, continuando con lo stesso modulo, lo stesso atteggiamento e consentendo agli ultimi arrivati quel minimo di ambientamento che è necessario per tutti.
Da non dimenticare, per non passare dalle stalle alle stelle, che nelle nove gare di Nicola sulla panchina del Grifone c’è stato solamente un errore evidente dei difensori e della fase difensiva: al primo minuto con la Lazio mentre chi l’aveva preceduto al timone è stato anche vittima di almeno 10/12 errori grossolani che poco avevano da spartire con la tattica e che magari non avrebbero portato vittorie, ma pareggi sì.
Gli innesti di Masiello, che ha fatto capire tutte le lacrime versate dai tifosi dell’Atalanta il giorno del debutto a Bergamo, e quello di Soumaoro, ma anche di Behrami e Sturaro, tutti assenti nel girone di andata, hanno fatto la differenza rispetto al girone di andata.
La chicca di Nicola non mettendolo al centro dell’universo genoano è stata quella di ridare sicurezza a Schöne ancora non il “lanciere” spettato, più a suo agio nell’organizzare la squadra supportato da mediani che nel cuore del gioco cantano e portano la croce. Altra chicca di Didi, Radovanovic mezzala destra e non più player.
Il Genoa di Nicola pur giocando con una sola punta di ruolo, Sanabria, un giorno ci spiegherà come ha fatto a farlo tornare il giocatore del trascorso con carriera illuminata sul futuro. Oltre tirare in porta, il Genoa di Nicola ha realizzato 15 reti in 9 gare, quasi la metà di quelli realizzati fino alla sospensione del campionato: 31.
Probabilmente anche Sanabria è stato aiutato rispetto al passato da tanti calciatori che arrivano, si propongono nell’area di rigore avversaria per le caratteristiche dei centrocampisti pronti a cercare la riconquista del pallone in fase avanzata e pronti a vedere la porta avversaria.
Altra considerazione sulle gare riviste rispetto al passato è questa: appare che il giocatore genoano ragiona immediatamente se è in fase di attacco o di difesa.
La terza fase di gioco fuori dal possesso e non dal possesso è meno evidente. Partita dopo partita si sono visti miglioramenti dei momenti di transizione da una fase ad un’altra. Quando non possono contrattaccare subito appaiono più utili, i movimenti e i gesti tecnici alla ricerca di ricomporre il puzzle e invece di utilizzare subito la profondità agendo in ampiezza o anche all’indietro.
Nelle gare del girone di andata, specialmente nell’ultimo troncone, il passaggio all’indietro era stucchevole non perché cercava la mossa di prendere di rimessa l’avversario, ma dava l’impressione di uno scarica barile di responsabilità con il passaggio di non più di 5 metri, per di più sempre in orizzontale.
Peccato per questa lunga sosta e la mancanza di allenamenti perché il Genoa sarebbe migliorato ancor di più imparando la capacità di gestire il pallone quando i ritmi si abbassano e il possesso pallone finalizzato a recuperare energie e far correre di più gli avversari.
Non sappiamo se alla fine del campionato verrà coniato lo pseudonimo a Didi, come per altri allenatori, di “Nicolismo”. Una definizione che si specchia bene con il Cholismo, dopo essersi accorti a livello nazionale che il Vecchio Balordo non gioca solamente dietro la linea del pallone.
Importante sarà sempre salvarsi , alla ripresa, quando ci sarà, ma sarà altro campionato. E dopo lo capiscano il Joker e gli altri dirigenti: con il “Nicolismo” grifonato si potrebbe rifondare il Genoa.