È difficile scrivere in questo momento di calcio. La Guerra, come annunciata dal Premier Conte negli ultimi non più comunicati, ma bollettini di belligeranza contro un male oscuro, non è più per la quasi totalità degli italiani una epidemia artificiale, ma un’epidemia concreta.
Fra l’altro questi comunicati, assieme con quelli dei Presidenti di Regione del Nord, danno l’impressione di essere fatti a orologeria tra chi li emette prima. Importante che non siano fatti in base ai sondaggi sui voti che continuano a non fermarsi mai e abbiano lo scopo, alla fine di tutto, di avere dei vantaggi sulla salute degli italiani.
In questi giorni di chiusura in casa, stufo di vedere film, sto rileggendo un libro che mi aveva colpito tanti anni fa: “Ma lo sai che non è vero?“. Un testo che potrebbe essere attuale in questo momento. Il “se” è la regina delle ipotesi in ogni articolo di giornale, in ogni tiggì e talk show sul coronavirus.
Quando qualcuno apre bocca non si fa più la fatica di alzarsi e andare a prendere il volume dell’enciclopedia per documentarsi, basta fare un click sul telefonino sempre a portata di mano. Facendo questo viaggio nel mondo di biologia, virologia, malattie infettive, alla ricerca di credenze e luoghi comuni, i pareri discordi lasciano cattive impressioni con perplessità e preoccupazione.
Tante affermazioni di scienziati e di professori in primo piano contro la battaglia del Covid-19, cambiando canale facendo zapping quando c’è la pubblicità (raddoppiata grazie al virus) danno l’impressione di essere mezze verità, scoperte che circolano da più di un mese con pochi risultati su questo invisibile nemico che sta mettendo KO il mondo come un terza guerra mondiale. Diceva Albert Einstein: “non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta sì. Con bastoni e pietre“.
Dopo ogni trasmissione sul coronavirus sembra di rivedere film sui virus. Quello che ricordo è “Virus Letale” con Dustin Hoffman che aveva scoperto qualcosa di più mortale dell’Ebola che si trasmetteva dall’animale all’uomo e poi tra persone per via area. Per sconfiggere il Virus e salvare la distruzione militare di una cittadina USA in cui mieteva vittime, il protagonista aveva dovuto rintracciare la scimmietta portatrice sana della malattia per favorire lo sviluppo di una cura. Speriamo che la caccia al Pipistrello cinese, l’untore dei primi giorni, possa mettere Ko il Coronavirus?
Sul calcio e nel calcio nulla è cambiato. Mentre in tutta Italia, e non solo, si lotta e si ha paura per il coronavirus, i presidenti delle società di calcio hanno combattuto la scorsa settimana per la ripresa degli allenamenti, in vista del ritorno del campionato, peraltro ancora senza nessuna data e sicurezza di poterlo fare.
Convinto Lotito, il penultimo dei “mohicani” sulla ripresa dopo la fine della prima parte di stop il 23 di marzo, non dalla Lega, dalla Figc, dai Medici Sportivi o dall’associazione calciatori, ma dal Covid-19 che ha colpito il sindaco di Formello.
L’ultimo degli irriducibili con l’ultima istigazione arriva da ADL: non è un nome di un virus, ma del Presidente del Napoli, che pensando di essere in un Cinepanettone, sempre con voglia di provocazione già vista molto spesso contro la Confindustria e il Governo del calcio di cui non riconosce l’autorità pur facendone parte, ha convocato la squadra al lavoro mercoledì prossimo a Castelvolturno: un bluff, “a da passa a nuttata“, impedire ai calciatori di prendere aerei privati e scappare ai propri domicili. Strategicamente l’operazione potrebbe essere ponderata per poter ridurre e sospendere gli ingaggi.
Altro argomento di cui hanno discusso la scorsa settimana la riduzione degli ingaggi, partendo dalle società italiane e coinvolgendo altri club europei senza avere il parere dei calciatori. Oppure il parere vago di Tommasi, Presidente dell’AIC (Associazione Italiana Calciatori), il quale conta poco rispetto a quello di procuratori, agenti, manager che per adesso sono stati su qualsiasi argomento sul Covid-19 come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.
I calciatori senza il parere dei loro “angeli” da contratto parlano tra di loro, non facendo comunicazioni goliardiche con Instagram. I loro obiettivi per adesso sono quelli di essere pronti a fare le proprie parti rinunciando a qualche percentuale di stipendio non a favore delle società, ma delle strutture che stanno combattendo l’epidemia. Nessuna voglia di rinunciare alle ferie e nessuna concessione ad iniziare gli allenamenti nei prossimi giorni.
Anche i calciatori hanno paura del coronavirus anche se quando vengono infettati (a ieri se ne contano 15 in Serie A) scherzano con il virus, dichiarando via social di stare bene e di non avere sintomi, senza aver capito o immaginato che sono gli asintomatici ad aver contributo all’aumento della pandemia in tutto il mondo.
Domani le società di calcio presenteranno alla FIGC il piano di aiuto al Governo che non sarà solo la stima dei danni causato dallo stop, incalcolabile ad oggi, ma altre misure in ballo da anni: infrastrutture con rifacimento degli stadi, diritti televisivi, costo del lavoro pronto ad alleggerire i costi dell’inattività, deroghe temporali sui contributi e nuovi capitali con defiscalizzazione per favorire l’ingresso di investitori esteri. L’ambasciatore di tutto ciò sarà il Presidente della FIGC Gravina. Il primo pensiero dell’uomo della strada o tifoso in questo preoccupante momento è solo uno: per fare ciò servono soldi da portare via alla crisi da coronavirus ed è difficile immaginare dove si possano prendere.
Il calcio italiano e quello europeo sono con l’acqua alla gola perché gli introiti dei diritti TV sono già stati incassati al 75% e adesso puntano, come già scritto, ad una sorta di paracadute per i mancati introiti TV, previsti sotto la soglia delle 304 partite su 380. Finora ne sono state giocate 257. Chi farà la parte del Leone sarà la UEFA aprendo la sua borsa, elargendo euro per non rimetterci il guadagno non giocando le Coppe, cifra di cinque miliardi di euro.
Il futuro del calcio, non solo italiano, è direttamente legato all’andamento della pandemia e qualche Presidente nell’ultimo weekend, dopo le campane silenziose della UEFA pronta a tirare fuori quattrini, ha incominciato a fare i conti economici se non sarebbe meglio sospendere tutto definitivamente considerato che risparmiando gli stipendi dal primo marzo al 30 giugno sarebbe più conveniente che non incassare la rata finale dei diritti TV.
Si piange miseria con 700 milioni di buco se non riparte la serie A, tuttavia continua ad imperversare il calciomercato, neanche sotto traccia sperando che i prezzi calino e gli scenari incerti possano consentire colpi anche di spessore.
La FIGC, Il Ministero dello Sport, La Lega di Serie A fantasticano di iniziare a giocare ai primi di maggio con la speranza che non si siano dimenticati, come quando fecero giocare Atalanta-Valencia o permisero la trasferta dei tifosi bergamaschi a Lecce (a porte aperte il 19 febbraio scorso), che oggi per molti sono la causa delle “peste” che ha colpito la Lombardia e messo in crisi il Salento.
Se si giocherà ai primi di maggio a porte chiuse la Lega chiederà l’aiuto al Governo per risarcire Sky e DAZN, che dovrà chiedere a sua volta euro a Rai e Mediaset per far vedere le partite in chiaro. Sarebbe deleterio riempire case, circoli, club, bar perché l’Italia, se sarà fuori dal Covid-19, sarà comunque ancora in convalescenza.
Se ritornerà, il calcio lo farà al momento giusto, quando sarà risolta questa pandemia mondiale. Se riprenderà, il mondo del pallone dovrà capire di non vivere in un mondo a parte.
Domani altra giornata di conferenze in Lega e FIGC. Anche la UEFA in riunione non farà parole e presenterà i calendari delle fasi finali di Champions e Europa League da giocarsi nel prossimo giugno.