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Decreto Scuola, 18 maggio 2020 sarà data chiave. Gli scenari per studenti e docenti

CONTE FIRMA DECRETO: “400 MILIARDI ALLE IMPRESE”. VARATO PIANO SCUOLA

Come stiamo facendo da inizio emergenza, unendo la cronaca sportiva a quella legata all’emergenza coronavirus, in virtù del fatto che moltissimi nostri lettori sono studenti, ci è sembrato corretto approfondire quanto accaduto ieri con l’annuncio del nuovo Decreto Scuola per “traghettare” l’anno scolastico 2019/2020 verso quello successivo. Nella giornata di ieri il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera e le misure contenute nel decreto sono state annunciate dal Presidente Conte e dal Ministero dell’Istruzione in conferenza stampa (clicca QUI per ascoltare e leggere). Che misure contiene? Intanto è bene chiarire che il decreto si divide in due possibili scenari.


SI TORNA A SCUOLA ENTRO MAGGIO – La prima ipotesi, per l’appunto, tiene conto di una possibile ripresa “in presenza”, ovvero sia con gli alunni in classe e il docente in cattedra, entro il 18 maggio 2020. A quella data mancherebbe all’incirca un mese di scuola e si ritiene che le tempistiche, considerato il lavoro didattico svolto a distanza, darebbero la possibilità di rendere quanto più simili agli anni precedenti le prove d’esame e le valutazioni finali. L’esame di maturità articolato in tre prove (tema, materie di indirizzo e colloqui finale), l’Esame di terza media non ridotto al semplice testo scritto.

In questo scenario, gli studenti sarebbero ugualmente ammessi all’anno successivo? Le prove di recupero procrastinate a settembre per avviare al meglio l’anno scolastico successivo? Su questi due punti ha risposto lo stesso Ministero ieri sera in conferenza“Questo decreto ci permetterà di terminare quest’anno scolastico traghettandoci verso il prossimo anno – ha chiarito la Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina. “La didattica a distanza non è più da considerare opzionale, perché ci sta permettendo di concludere l’anno. Renderla obbligatoria significa dare dignità al lavoro fatto in queste settimane. Il decreto in questione, poi, ha trasformato gli esami di stato e quelli di maturità affinché nessuno fosse lasciato indietro. Le opzioni sono due, secondo i reali apprendimenti degli studenti. Non si può parlare del “sei politico”: la valutazione dello studente non è un freddo voto numerico, ma deve guardare a crescita e maturazione dello studente sulla base dei cinque anni. Se ci saranno apprendimenti da recuperare, gli studenti lo faranno a settembre dell’anno scolastico successivo”.


NON SI TORNA A SCUOLA ENTRO MAGGIO – Il secondo scenario considera l’ipotesi ben più negativa di rivedersi direttamente nell’anno 2020/2021 e non tornare prima a scuola prima dell’1° settembre 2020 (e neppure con la certezza che l’emergenza sanitaria possa garantire fin da subito un lavoro in classe). Se a maggio le scuole rimanessero chiuse, scenario del tutto plausibile, che cosa accadrebbe?

Accadrebbe che la valutazione degli alunni, tutti promossi all’anno successivo, avverrebbe in via telematica, in virtù di quanto fatto nei primi mesi di scuola e, da febbraio in avanti, con la didattica online. Vi sarebbe poi la sostituzione dell’esame di Stato di terza media con un valutazione finale da parte del Consiglio di classe, con un semplice elaborato scritto del candidato, e il mantenimento della sola prova orale per l’Esame di Maturità. Prova che avverrebbe in via telematica con modalità ancora da definire, mentre avverrebbe “in presenza” per i candidati esterni, i cosiddetti privatisti. In ogni caso, e in via del tutto straordinaria, “vi potrà essere la previsione di un solo colloquio, sostitutivo di tutte le prove in esame”.

Il Decreto, che introdurrà anche l’assunzione di 4500 docenti che abbiano vinto un concorso o che siano presenti nelle graduatorie ad esaurimento, prova a dare qualche appiglio sicuro a studenti e docenti. Ma lo scenario, nella sua globalità, resta parecchio complesso, soprattutto se si considera la difficoltà di disporre ovunque delle tecnologie adatte per svolgere attività a distanza. Per così dire, una didattica agile. Gli alunni avranno la certezza di essere tutti promossi, indipendentemente dal voto conseguito nel primo quadrimestre e dalla necessità di recuperare in estate il cosiddetto “debito”, ma la loro valutazione finale sarà comunque sulla base dei voti conseguiti durante la didattica online.

Ai docenti, invece, l’onere di assicurare comunque la didattica a distanza che diventerà “obbligatoria”. Da quanto si legge, “il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione. Le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi dei dirigenti scolastici nonché del personale scolastico […] possono svolgersi nelle modalità del lavoro agile anche attraverso apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici per contenere ogni diffusione del contagio”. L’estensione dello smart working, dunque, sembra potersi ampliare – come già in essere – al cosiddetto personale ATA, dalle segreterie ai bidelli passando per i dirigenti scolastici.

Nella relazione illustrativa del decreto si legge poi che per l’ammissione agli Esami di Stato di terza media non verrà richiesta la frequenza di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 62/2017. Nello specifico, il citato decreto spiegava che “ai fini della validità dell’anno scolastico, per la valutazione finale delle alunne e degli alunni è richiesta la frequenza di almeno tre quarti del monte ore annuale”. Analoghe decisioni varranno per l’ammissione all’Esame di Maturità, che va a ripescare nuovamente nel decreto 62/2017. Non varranno più le prerogative minime che facevano capo all’articolo 13 di quel decreto, ovvero la frequenza di almeno tre quarti del monte ore annuale; la partecipazione, durante l’ultimo anno di corso, alle prove INVALSI; lo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro; la votazione non inferiore ai sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline.


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